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La svastica è spesso presente nelle iscrizioni calligrafiche dell'Islam. Le istruzioni sul carattere sacro delle didascalie si trovano nel Corano. La Sura 96, il primo brano rivelato del Corano dall'Arcangelo Gabriele al Profeta Muhammad (ﺹ) apre con questi cinque versetti (ayyat):
“Leggi, in nome del tuo Signore, che ha creato, ha creato l'uomo da un grumo di sangue! Leggi! Che il tuo Signore è il generosissimo, Colui che ha insegnato la scrittura, ha insegnato all'uomo ciò che non sapeva.” (Corano, 96: 1-5)
Di conseguenza, il rapporto tra il Corano come testo trasmesso oralmente (all'inizio da Gabriele a Muhammad (ﺹ), e poi da Muhammad (ﺹ) ai suoi compagni) e il qalam (una penna di canna secca), lo strumento principale del calligrafo, è fissato all'inizio della rivelazione. Tuttavia, la penna, che è qui il soggetto della discussione, è la Luce, la prima cosa che Dio ha creato; per mezzo di questa penna essa ha registrato nella Tavola Custodita (il prototipo celeste di tutte le Sacre Scritture, detta (al-Lawh-mahfuz) tutti gli atti delle creature fino all’Ultimo Giudizio.
Infatti, in un secondo frammento del Corano inviato a Muhammad (ﺹ) è detto:
“Nun. Pel calamo e quel che scrivono....” (Corano, Sura del calamo, 68 : 1)
Infatti, il grafema Nun* è composto dalla metà inferiore di un cerchio e dal punto che è al centro della circonferenza, inoltre il Nun simboleggia qui una ciotola per l'inchiostro che traccia gli archetipi della Tavola Custodita. D'altro canto, il Nun rappresenta il ruolo proprio dell'Alfa e dell'Omega nell’Atto Creativo, essendo la prima lettera della parola designante la “Realtà Primordiale” (al-Nur, Luce), e l’ultima lettera dell’attributo divino “il Clemente” (al-Rahman); perché solo attraverso l'infinita misericordia di Dio si compie la creazione (citazione di Kamal al-Din Kashifi, XV secolo).
*La Nun è la 25ma lettera dell'alfabeto arabo. Un certo numero di versetti inizia con una serie di lettere isolate da 1 a 5 (le cosiddette al-muqatta'at). Secondo la tradizione, un ulteriore contributo allo sviluppo della calligrafia fu apportato dal quarto e dall'ottavo Imam sciita, Zayn al-Abidin (ﻉ) e Ali al-Riza (ﻉ).
Il carattere sacro della calligrafia Islamica è confermato ulteriormente dalla tradizione musulmana. Si ritiene che il fondatore della calligrafia araba e della scrittura cufica sia il quarto Califfo dei musulmani sunniti, o il primo Imam degli sciiti, Ali ibn Abi Talib (ﻉ), tradizionalmente considerato il depositario e l'interprete delle conoscenze esoteriche. In base ad un noto hadith, l'Imam Ali (ﻉ), disse:
“L'intero Corano è contenuto nel capitolo di apertura (Surat Al-Fatiha), e il capitolo di apertura nella basmala, e la basmala nella lettera BA, e la ba nel punto diacritico [sotto la ba], ed io sono questo punto.” In questa cornice, il calligrafo è simile al Creatore, mentre la calligrafia assume i tratti dell'azione misterica riproducente la Creazione. La basmala è il nome della formula “Bismi Allahi ar-Rahmani ar-Rahim”, che rappresenta il primo versetto della prima Surah ( “L'aprente”), ed è l'appello incoativo all'Onnipotente: “Nel nome di Allah, il Misericordioso, il Compassionevole.”
La Ba è la seconda lettera dell'alfabeto arabo. Nella comprensione mistica è connessa al mondo creato. Essa simboleggia il punto di partenza iniziale del movimento creatore universale. Nel pensiero Islamico, la lettera è la più alta manifestazione del divino. Non sorprende, quindi, che i devoti musulmani abbiano considerato le citazioni calligrafiche del Corano dei talismani. Si credette che la contemplazione della scrittura calligrafica portasse la benedizione (baraka) anche agli analfabeti incapaci di leggere. Il lavoro di copista e di calligrafo del Corano era considerato un'occupazione caritatevole, un'azione eroica. Un principe Siriano del XIII secolo, Osama bin Munkyz, narra nelle sue “Memorie”, che suo padre, il sovrano regnante Sheyzara, eseguiva gli esercizi di devozione con alcuni elenchi del Corano.
Lo schema grafico di cantillazione delle Ayyat (versetti Coranici) assunto dalle varie scritture cufiche ornamentali, per esempio, lo stile cufico angolare, suppone il movimento centripeto della visualizzazione «rotatoria»; ecco perché alcune di queste scritture convergono al centro in modo preciso formando una svastica rettangolare. * Con l'ausilio di croci uncinate cufiche si rispecchiavano i nomi Divini ed i nomi più rispettati dai musulmani, come quelli del Profeta Muhammad (ﺹ) e dell'Imam Ali (ﻉ). Partendo da un simbolo quadruplo i nomi si ripetevano in un numero di volte corrispondente, mentre nella calligrafia araba non è stata utilizzata solo la classica svastica, ma anche le croci uncinate inserite nel pentagono, nell'esagono, ecc...
* Alcuni dotti ritengono che la scrittura cufica angolare posteriore (XIII-XIV sec.) fu mutuata dalla calligrafia cinese. Va notato, tuttavia, che in Mesopotamia le svastiche apparvero in epoca Sasanide (nelle città di Ctesifonte e Kish).
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Un particolare stile di svastica include, a lato di Allah, i nomi di Dio che si riferiscono alla sua essenza (al-ism al-dhat). Questo nome, Huwa, è il pronome personale “Lui”, il sostituto della parola “Dio”, che può essere tradotto in italiano “Egli, Lui.”
Sembra che Huwa nell'ambiente sciita assuma lo status del nome più grande (al-ism al-a'zam). Esso appare in due punti del Corano nella formula “Allahu la 'ilaha; illa Huwa, al-Hayyu, al-Qayyumu” il cui significato è “Non v'è altro Dio che Lui, il vivente, che di sé vive” (Corano, Surah Baqarah, 2 :255, detto versetto del Trono; e Surat al-Imran, 3:2). Il nome Huwa si ritrova anche nella celebre formula monoteistica “Dì: Egli, Dio, è Uno” della Surat al-Ikhlas (Corano, 112: 1). Si credette che Dio potesse rispondere all'appello pronunciando il nome più grande o Segreto (vedere, ad esempio, il tafsir di Surabadi, interpretazione del versetto 2:102). L'estremista sciita Abu-l-Khattab (giustiziato nel 760) affermava che il nome segreto gli fu svelato dal sesto Imam Giafar as-Sadiq (ﻉ). Relativamente alla visione che Ibn ‘Arabi descrisse nelle “Rivelazioni Meccane”, il divino sé, il huwiya (la divina ipseità), gli appare simile a Huwa; mentre i discepoli di Ibn ‘Arabi interpretarono questo nome come la designazione assoluta dell'essenza non manifestata completamente di Dio. Secondo Alexander D. Knysh, il nome Huwa è usato da Ibn ‘Arabi quando descrive le fasi precoci della Creazione in relazione a Dio, che non è limitato dalle definizioni (l'artefice, il creatore, ecc...)
Nella forma di una svastica raccolta si raffigura la spada dell'Imam Ali (ﻉ), la “Zulfikar” a due lame. Alla sua sinistra, una basmala a forma di “chiocciola” è ravvolta a spirale.
Le decorazioni ornamentali dei manoscritti arabi del XII secolo (al-zakharifu al-arabyya, cioè, gli arabeschi) hanno sovente la forma della svastica tipo Shamsa (“Sole”). Il termine Coranico ripetuto più di una volta è la “luce” o la sua origine (4:174; 42:52). I “Soli” erano messi nei margini e tra le righe. Di solito, le svastiche disegnate erano dorate, perché da esse irradia la luce. La luce qui, naturalmente, era un'allegoria soprannaturale, la Presenza misteriosa ed impercettibile che fungeva da stella guida per il fedele proiettato verso Dio. Le svastiche “Solari” ornavano i portapenne in rame degli scrittoi delle cancellerie.
Fig 09. La svastica nell'Islam (proseguimento): 1) I rosoni Shamsa (“i Soli”) sulla parte interna del coperchio degli astucci contenenti i portapenne negli scrittoi delle cancellerie. Rame. Mosul; 2-5) Stemmi a forma di svastica sul capopagina del Corano di Marrakesh, 1599/1008 dell'Egira. Biblioteca di San Lorenzo dell'Escorial. 1340.
I medaglioni Solari erano intricati di riccioli, petali, ecc... La pulsazione ritmica “Solare” sul foglio del manoscritto suggerisce che la proclamazione del Corano permea tutti i piani dell'universo. Nel titolo del Corano maghribino 1729-30/1142 Egira (Biblioteca nazionale del Cairo), la rotazione della svastica non è tanto geometrica, ma a sfumature colorate. Le “ruote raggianti” partenti dal centro riversano un flusso costante sovrapponendosi l'una all'altra. Nel “fulcro” centrale è nitidamente disegnata una borchia simboleggiante la fonte della creazione. Una svastica a treppiedi che si forma da parallelepipedi inseriti uno nell’altro decora il manoscritto persiano “Takh-Name” (Il libro del Trono). Probabilmente, simboleggia le tre dimensioni spaziali.
A parte l'evidente utilizzo di croci uncinate, la calligrafia Islamica applicava le svastiche ai “nodi” e agli “intrecci” secondo il principio del movimento opposto centrifugo e centripeto della scrittura. La combinazione speciale tra le iscrizioni calligrafiche, gli ornamenti floreali ed i motivi geometrici fu interpretata tradizionalmente, in modo che la calligrafia, essendo direttamente collegata alla Parola di Dio, simboleggiasse il Principio della Creazione; mentre gli arabeschi geometrici e vegetali espressero, rispettivamente, l'immutabile (per l'uomo) ed il cangevole (vivo, materno) nei suoi aspetti. Così, la calligrafia, da un lato, dette inizio alle decorazioni ornamentali, mentre dall'altro, le integrò in un unico insieme nel testo.
La svastica si trova sugli oggetti quotidiani del medioevo musulmano. Sui piatti di giada persiani la croce uncinata ripete quattro volte il nome del Profeta Muhammad (ﺹ).
Gli elementi basilari di alcuni arabeschi includenti le svastiche, costituivano ampiamente il principio fondante dell'ornamento decorativo architettonico Islamico. Le diverse forme delle croci uncinate si ripetono nei mosaici impianellati della moschea di Cordoba (X secolo.); tutti rossi su sfondo bianco..
Fig. 10. La svastica nell'Islam (proseguimento): 1-2) Dettagli della decorazione architettonica della moschea cattedrale di Cordoba. X secolo.
Fig. 11. Madrasa Al-Mustansiriya. Baghdad. XIII secolo.: 1) Reticolo di svastiche sopra un passaggio verso un cortile interno. Fotografia di A.S. Turgieva: 2) Ingresso principale 3) Reticolo di svastiche all'entrata della cucina (facciata di nord-est).
Fig. 12. 1) Svastiche quadrangulari all'ingresso principale della madrasa al-Mirjaniya. Bagdad. 1357/ 758 Egira;
Fig. 5. 1) La madrasa Buyuk-Karatay di Konia, Turchia. Periodo Selgiuchide. XIII secolo; 2) Sotto forma di croci uncinate si ripetono “i nomi sublimi” di Dio: “il Saggio” e “il Dominatore.” La madrasa Chahar-Bagh in Isfahan, Iran, costruita nel periodo Safavide;
Sia le svastiche arabe sia le semplici svastiche possono essere viste sulle pareti dei capolavori architettonici di Baghdad (la madrasa Abbaside al- Mustansiriyah, XIII secolo.; la madrasa al-Mirjan della dinastia Jalayar, XIV sec.), di Isfahan (la madrasa Chahar-Bagh del periodo Safavide), di Konya (la madrasa Buyuk-Karatay, XIII sec.), di Samarcanda (la madrasa Tillya-Kari, XVII sec.)... e sulla nicchia del portale all'entrata principale della madrasa Shir Dor a Samarcanda (XVII secolo). Una svastica che ripete quattro volte il nome di Allah è posta al centro. Forme di differenti svastiche ornano i lati di ogni minareto. La svastica - Huwa (Egli, Dio) fa parte delle decorazioni ornamentali di alcune moschee di Damasco. Varie e complesse mattonature ornamentali hasiri * contengono delle svastiche puramente geometriche (le iscrizioni calligrafiche sulla facciata posteriore della madrasa al-Mustansiriyah). Sul più famoso monumento architettonico costruito nell'epoca Ilkanide (XIII secolo), il minareto Suq al-Ghazal a Baghdad, sono presenti le ultime svastiche Huwa.
* Da hasir “la stuoia di palma”; sono anche note col nome di hazarbaf (dal persiano: lettere, caratteri. “Mille intrecci”)
In questo caso, la croce uncinata forma il nome quadruplo dell'Imam Ali (ﻉ) eseguito secondo lo stile angolare cufico. Uno stile identico del nome di Ali (ﻉ) lo si ritrova sugli edifici eretti nella medesima epoca in Iran e in Turchia; in particolare, questa svastica decora il mausoleo del celebre sufi Bayazid Bastami, anche conosciuto come Abu Yazid Bistami o Tayfur Abu Yazid al-Bustami. La denominazione persiana di tale svastica è Chahar 'Ali (“i quattro Ali”), mentre in arabo è detta 'Aliyat (plurale del nome “Ali”). A Urfa, antistante alla “moschea di Abramo” (ﻉ), sul muro del palazzo è raffigurata una croce uncinata 'Aliyat. Un altro esempio rimarchevole d'iscrizioni angolari cufiche presenta il minareto Dhu’l-kifl eretto dagli Ilkanidi (XIV secolo) sulla presunta tomba del Profeta Dhu’l-kifl (ﻉ) (l'Ezechiele della Bibbia); questo modello triangolare contiene espliciti elementi di svastica. In un’altra variante sull'iscrizione si legge: “Per l'amore di Muhammad (ﺹ) e di Ali (ﻉ)”. Questa svastica è utilizzata dagli architetti sia nelle decorazioni interne della moschea sia del minareto.
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Tra le più importanti idee della cosmogonia Islamica vi è la creazione del mondo da un unico punto. La croce uncinata esprime secondo questo concetto, il processo creativo del movimento circolare; infatti, la famosa massima di Ibn al ‘Arabi dichiara che “In ogni ragione c’è una conseguenza della propria conseguenza” (confrontala con la descrizione dettagliata sulla Creazione riportata rispettivamente nei due trattati “La raffigurazione delle circonferenze” e “Le funi per chi si prepara a slanciarsi”).
Fig. 08. 1-2) Ornamento delle croci uncinate. Minareto Suq al-Ghazal. Bagdad. XIII secolo; 3-5) Reticoli ornamentali di svastiche nell’architettura islamica: Alhambra (3); Palazzo del Khan di Kokand (4); Croce uncinata sul muro del palazzo accanto alla “moschea di Abramo” (ﻉ) a Urfa (5); 6) Calligrafia raffigurante la spada dell’Imam Ali (ﻉ) “Zulfikar” a due lame. Alla sua sinistra, una basmala a forma di “chiocciola” è ravvolta a spirale.
Fig. 14. Svastiche grigliate nell’arte decorativa applicata nei paesi arabi : 1-2) Ornamento “egiziano”; 3) Ornamento “arabo”.
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Nell'arte plastica, la svastica trova il suo omologo nella famosa danza dei dervisci, di cui uno degli aspetti simbolizza la riproduzione misterica dell'Atto creatore universale. Volteggiando attorno al proprio asse personale, l'uomo si ricongiunge armoniosamente con i pianeti, gli atomi, le galassie e gli elettroni. Quando si avvita verso il centro riceve un punto immobile all’interno del cuore che riduce l’universo intero dentro il suo sé; quando si piroetta verso l’esterno ricrea nuovamente tutto l’universo. Il Sufi concepisce così l'unità di tutta l'esistenza.
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