Secondo la Confederation of British Industry (CBI) i grossolani tagli che il governo conservatore britannico ha annunciato per i sussidi alle energie rinnovabili mandano un segnale preoccupante agli investitori. Il capo della CBI, John Cridland, spera che i ministri conservatori vogliano davvero affrontare il cambiamento climatico. Ma il governo, che si dice impegnato a combattere il global warming, ha tagliato i finanziamenti alle rinnovabili perché era stato superato il budget di 7,6 miliardi di sterline.
Il governo conservatore ha annunciato che presto annuncerà politiche alternative per le energie rinnovabili, ma l’opposizione e gli ambientalisti fanno notare che questo non potrà avvenire abbastanza rapidamente e Cridland ha fatto notare che «La green economy è un mercato emergente a parte, ricco di opportunità. Tuttavia, con il roll-back delle politiche rinnovabili e i messaggi contrastanti in materia di efficienza energetica, il governo rischia di inviare un segnale preoccupante alle imprese. Abbiamo bisogno che tutti i Paesi vadano nella stessa direzione al vertice sul clima di Parigi, per dare alle imprese la certezza e la fiducia di cui hanno bisogno per investire nella green economy sul lungo termine».
La critica più dura e pesante al governo Cameron viene dall’ex capo economista del Tesoro Lord Stern, autore di un notissimo rapporto su clima ed energia, che ha messo in guardia i conservatori inglesi: «Il test è in arrivo. Nei prossimi mesi, saranno messe in atto politiche che tengano conto del grande costo delle emissioni e dell’inquinamento atmosferico? Se queste politiche non ci fossero, sarebbe molto preoccupante… stiamo finanziando gli idrocarburi alla grande».
Le politiche fiscali del governo conservatore non sembrano certo incentivare le energie rinnovabili e la lotta al cambiamento climatico: per esempio, come sottolinea BBC News, è stata modificata la Vehicle Excise Duty (VED) «così una Porsche paga tanto quanto una Prius», quindi viene incentivato chi guida auto inquinanti. Il governo risponde di aver messo la Climate Change Levy, una carbon tax da 3,9 miliardi di sterline, ma riguarda anche la produzione di energia eolica e solare e il biogas, che non emettono carbonio netto. Lord Stern ha detto alla BBC News che «E’ “potty” mettere una carbon tax sulle rinnovabili».
Nel suo rapporto del 2006 Stern rese noto al mondo che la riduzione immediata delle emissioni di CO2 è di gran lunga più conveniente che pagare più tardi gli altissimi costi economici, ambientali e sociali del riscaldamento globale ed oggi aggiunge che 9 anni fa aveva sottovalutato i costi della combustione degli idrocarburi perché non aveva incluso i costi per la salute causati dall’inquinamento dell’aria da parte del traffico automobilistico e dell’’industria.
Un portavoce del Tesoro britannico ha ribattuto che «Il nostro sostegno ha già fatto scendere il costo delle energie rinnovabili in modo significativo, quanto i costi continuano a scendere diventa più facile per i componenti del settore delle energie rinnovabili sopravvivere senza sovvenzioni. Il calo per i produttori di rinnovabili del Regno Unito sarebbe piccolo rispetto ad altre forme di sostegno finanziario che hanno ricevuto dal governo. Difendere la decisione di imporre una carbon tax sull’energia verde è giusto per incentivare l’uso efficiente dell’energia rinnovabile, in quanto fornirà il 30% dell’energia elettrica del Regno Unito nel 2020».
Intanto, mentre taglia i contributi alle rinnovabili, il governo britannico annuncia finanziamenti per 2 miliardi di sterline per i cinesi che investiranno nella centrale nucleare di Hinkley Point. Lo ha confermato durante il suo viaggio in Cina il Cancelliere George Osborne, che ha sottolineato che l’accordo con i cinesi aprirebbe la strada ad un accordo definitivo sul progetto ritardato dalle perplessità del gigante nucleare francese EDF. Osborne ha aggiunto che questo consentirebbe «una maggiore collaborazione tra la Gran Bretagna e la Cina per la costruzione di centrali nucleari».
A quanto pare il reattore nucleare made in China potrebbe essere costruito a Bradwell-on-Sea, nell’Essex e la segretaria all’energia britannica, Ambra Rudd, ha confermato al Financial Times che Pechino è molto interessata a partecipare alla costruzione di nuove centrali nucleari in Gran Bretagna. Ance EDF ha accolto con soddisfazione la notizia dell’accordo nucleare sino-britannico, ma non ha detto se è disponibile a partecipare alla costruzione della nuova centrale nucleare che avrebbe dovuto essere pronta entro il 2023. EDF si era ritirata dall’affare per i costi troppo alti (24,5 miliardi di sterline per il solo impianto) così sono stati cercati nuovi partner finanziari per investire, in particolare in Cina. Cosa che si è rivelata molto difficile e, alla fine, il governo di Londra ha dovuto intervenire per garantire una parte del costo.
La nuova centrale sarà prima costruita in Gran Bretagna dopo 20 anni e dovrebbe restare in attività per circa 60 anni. Così parlando a Pechino in una conferenza stampa congiunta con il vice-premier comunista cinese Ma Kai, il conservatore iperliberista Osborne ha detto: «Vogliamo che il Regno Unito sia miglior partner della Cina in Occidente. Questo prestito apre la strada agli investimenti cinesi nel nucleare del Regno Unito, per aiutarci a fornire elettricità sicura, affidabile, a basso tenore di carbonio per i decenni a venire». Osborne ha anche annunciato la realizzazione di nuovo centro di ricerca comune per l’energia nucleare finanziato con 50 milioni di sterline.
Il problema è che le centrali nucleari sono molto costose da costruire e in Cina lo Stato può cavarsela con 6 – 10 miliardi di sterline solo grazie al lavoro a basso costo ed all’economia sotto controllo statale, che fornisce un enorme supporto normativo e finanziario al nucleare anche per le sue ricadute militari. Ma nel mercato libero dell’Occidente quei costi lievitano e nessuna impresa privata può più permettersi di costruire centrali nucleari, anche perché dovrebbe aspettare almeno 10 anni prima che il reattore entri in funzione. Per questo i governi finanziano il nucleare con sussidi di ogni tipo. Altro che energia economica e sicura… In realtà i cinesi sono allettati da un investimento garantito da un prestito preso direttamente dalle tasche dei contribuenti britannici e dal prezzo molto alto (89,50 per MW/h per 35 anni) al quale gli stessi contribuenti dovranno pagare l’energia prodotta dalla centrale nucleare di Hinkley, il tutto fatto passare per elettricità low carbon per combattere il cambiamento climatico, mentre si tagliano gli incentivi alle vere energie rinnovabili ad emissioni zero. Secondo il governo britannico, dal 2023 Hinkley fornirà fino al 7% del fabbisogno di energia elettrica della Gran Bretagna. Ma critici ed oppositori sono preoccupati anche perché il nuovo reattore dovrebbe utilizzare la contestatissima tecnologia EPR, che in Francia e Finlandia si è risolta in un disastro economico e costruttivo, con anni di ritardo per portare a termini i cantieri, continui incidenti, difetti strutturali ed enormi sforamenti del budget iniziale.
Lo stesso sindacato Unite, che ha accolto con favore l’impegno del governo a realizzare nuove centrali nucleari, ha detto che «Non si dovrebbe permettere alla Cina di costruire un impianto nel Regno Unito» e definisce «Non provata» la tecnologia nucleare che dovrebbe essere importata in Gran Bretagna. .
Secondo Doug Parr, chief scientist di Greenpeace UK, i 2 miliardi di sterline che Osborne ha concesso al nucleare made in China sono l’ultima tappa della svolta nuclearista dei conservatori britannici: «Invece di costringere due generazioni di consumatori del Regno Unito a pagare miliardi ad imprese straniere di proprietà statale, Osborne dovrebbe investire in un sistema energetico flessibile, intelligente, e veramente pulito che può alimentare la Gran Bretagna del XXI secolo, senza lasciare in eredità un mucchio di rifiuti radioattivi».
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