Di Francesco Borgonovo per “Libero Quotidiano”
Non passa giorno senza che un' anima candida ci ricordi il dovere della solidarietà nei confronti degli immigrati in arrivo sulle nostre coste e in tutta Europa. Una solidarietà che dovrebbe concretizzarsi nell' accoglienza senza limiti, i cui costi - secondo alcune analisi - arrivano fino a tre miliardi l' anno.
Spesso però dimentichiamo che il nostro Paese, ma più in generale l' Ue e addirittura l' intero Occidente, esercita anche un altro tipo di «solidarietà ». È quella che si esprime attraverso gli aiuti umanitari, in particolare i cosiddetti «aiuti bilaterali», cioè quelli che passano dai nostri governi direttamente a quelli dei Paesi cosiddetti in via di sviluppo. Miliardi di dollari ogni anno, che dovrebbero servire a migliorare le condizioni di vita degli abitanti degli Stati più poveri del globo, ma che a quanto pare spendiamo inutilmente.
La maggioranza degli stranieri che giungono qui, infatti, appartengono alla categoria dei «migranti economici». Sono cioè persone che lasciano i loro Paesi in cerca di un tenore di vita migliore, di un lavoro più remunerativo, di una esistenza più soddisfacente rispetto a quella che sperimentano nei luoghi d' origine. Il problema è che da decine di anni l'Occidente tutto cerca di migliorare la situazione - per dire - dell' Africa e di certe zone dell'Asia proprio per garantire alle popolazioni una vita più decente.
Nel 2009, l' economista Dambisa Moyo, originaria dello Zambia, ha calcolato che «negli ultimi cinquant' anni sono stati trasferiti dai Paesi ricchi a quelli poveri oltre due trilioni di dollari in aiuti internazionali, e l' Africa ne è stata di gran lunga il maggiore beneficiario». Questa cifra, ovviamente, è ulteriormente aumentata negli ultimi anni. E gli Stati europei che ora affrontano l' Invasione hanno dato un notevole contributo.
A calcolare il flusso di denaro che, sottoforma di aiuti governativi (i cosiddetti Oda, ovvero Official developlment assistance), passa dal Primo al Terzo mondo è calcolata annualmente dall' Oecd, un' organismo sovranazionale fondato nel 1961 e composto da 34 Paesi, di cui anche l' Italia fa parte. I dati resi disponibili nel 2015 (e riferiti al 2014) danno la misura dell' impegno «umanitario». I cosiddetti «Paesi ricchi» hanno pagato ai «Paesi poveri» 135,2 miliardi di dollari americani.
L' anno precedente, la cifra era praticamente identica, ed era stata fra le più alte di tutti i tempi. Solo all' Africa sub-sahariana, da cui provengono tantissimi degli immigrati diretti verso l' Europa, sono arrivati 25 miliardi dollari (il 5% in meno rispetto al 2013). I maggiori donatori sono gli Stati Uniti, seguiti da Regno Unito, Germania e Francia.
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Finora abbiamo sciorinato numeri. Ma andiamo nel concreto. Di quanti soldi stiamo parlando e, soprattutto, dove finiscono? Lo spiega sempre l' Oecd, in uno studio più dettagliato che analizza i flussi per zone geografiche (è datato 2015, ma gli ultimi dati si riferiscono a due anni prima). Nel solo 2013, l' Italia ha donato all' Africa 137,9 milioni di euro. Al Ghana da cui proviene Kabobo, per esempio, abbiamo dato 14,6 milioni.
Alla Costa d' Avorio di Mamadou Kamara 0,6 milioni. Ai Paesi mediorientali, da cui arrivano numerosi altri migranti, nel 2013 abbiamo versato 60,8 milioni (di cui 15 alla Siria). Queste donazioni, tra l' altro, sono destinate ad aumentare. Nel 2015, scrive l' Oecd, le donazioni all' Africa sub-sahariana cresceranno del 5.8%. Quelle ai Paesi mediorientali e asiatici colpiti dalle guerre del 6.6%. Eppure gli stranieri continuano ad arrivare in numero sempre maggiore. Significa che questa montagna di miliardi va sprecata.
Nonostante varie associazioni umanitarie continuino a ripetere che non facciamo abbastanza (perché dovremmo donare lo 0.7% del nostro reddito e non lo facciamo), la realtà è che gli aiuti sono dannosi. Vari intellettuali e studiosi africani lo spiegano da anni, inascoltati.
La già citata Dambisa Moyo ha scritto almeno due libri fondamentali sulla questione. In La carità che uccide ha scritto: «Il concetto secondo cui gli aiuti possono alleviare la povertà sistemica, e che ci siano riusciti, è un mito. Oggi in Africa milioni di persone sono più povere a causa degli aiuti». Ciò significa che forse dovremmo cambiare il nostro approccio verso i Paesi poveri. Evitando di foraggiare governi corrotti che affamano la popolazioni, per esempio. O valutando meglio dove dirigere i soldi.
Ma non lo facciamo. Per lavarci la coscienza, prima contribuiamo a impoverire le popolazioni, poi le invitiamo a venire qui a rischio della vita loro e nostra. E per tutto questo paghiamo profumatamente.
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