(Prima parte:http://informazioneconsapevole.blogspot.it/2015/08/rene-guenon-il-demiurgo1-parte.html)
III
Da quanto detto in precedenza risulta che l’uomo, nella sua esistenza terrestre, può liberarsi dal dominio del Demiurgo o del Mondo ilico e che questa liberazione si opera mediante la Gnosi, cioè mediante la Conoscenza integrale. Tale Conoscenza non ha niente in comune con la scienza analitica e non la presuppone per nulla.
È un’illusione troppo diffusa ai giorni nostri credere che si possa arrivare alla sintesi totale attraverso l’analisi; al contrario, la scienza è del tutto relativa e, limitata com’è al solo Mondo ilico, non esiste più di quanto esista quest’ultimo, dal punto di vista universale. D’altra parte dobbiamo anche notare che i differenti Mondi, o secondo l’espressione generalmente ammessa, i diversi piani dell’Universo, non sono affatto luoghi o regioni, ma modalità dell’esistenza o stati dell’essere. Il che permette di comprendere come un uomo vivente sulla terra possa, in realtà, appartenere non soltanto al Mondo ilico, ma al Mondo psichico o anche al Mondo pneumatico. Ed è questo che costituisce la «seconda nascita»; tuttavia, essa corrisponde propriamente parlando solo alla nascita al Mondo psichico, mediante la quale l’uomo diventa cosciente in entrambi questi due piani, ma senza accedere ancora al Mondo pneumatico, cioè senza identificarsi allo Spirito universale. Quest’ultimo viene raggiunto unicamente da chi possiede integralmente la triplice Conoscenza, mediante la quale è per sempre Liberato dalle nascite mortali: è ciò che si intende con l’espressione «solo i Pneumatici sono salvati». Lo stato degli Psichici non è insomma che uno stato transitorio: è lo stato dell’esser già preparato a ricevere la Luce, pur non percependola ancora, che non ha ancora preso coscienza della Verità una ed immutabile.
Parlando di nascite mortali, intendiamo le modificazioni dell’essere, il suo passaggio attraverso forme molteplici e variabili; in ciò non vi è nulla che rassomigli alla dottrina della reincarnazione quale la concepiscono gli spiritisti ed i teosofisti, dottrina della quale un giorno avremo l’occasione di dare maggiori spiegazioni. Il Pneumatico è liberato dalle nascite mortali, è cioè liberato dalla forma, dunque dal mondo demiurgico; egli non è più soggetto al cambiamento e, di conseguenza, egli è non agente; su questo punto ritorneremo più avanti. Lo Psichico, invece, non va oltre il Mondo della Formazione, quello che è designato simbolicamente come il Primo Cielo o la sfera della Luna, donde egli ritorna al mondo terrestre; ciò, in realtà, non significa che assumerà un corpo sulla Terra, ma semplicemente ch’egli dovrà rivestire nuove forme prima di ottenere la Liberazione.
Quanto abbiamo sin qui esposto dimostra l’accordo, anzi, l’identità reale, nonostante certe differenze nell’espressione, tra la dottrina gnostica e le dottrine orientali, e più particolarmente con il Vêdânta; il più ortodosso di tutti i sistemi metafisici fondati sul Brahmanesimo. Possiamo quindi completare le nostre considerazioni riguardanti i diversi stati dell’essere con alcune citazioni tratte dal Trattato della Conoscenza dello Spirito di Shankarâchârya.
«Non vi è altro mezzo se non la Conoscenza per ottenere la liberazione completa e finale; essa è il solo strumento che scioglie i legami delle passioni; senza la Conoscenza, la Beatitudine non può esser ottenuta.
«L’azione, non opponendosi all’ignoranza, non può rimuoverla; ma la Conoscenza dissolve l’ignoranza così come la Luce dissipa le tenebre».
L’ignoranza è qui lo stato dell’essere avvolto nelle tenebre del Mondo ilico, legato all’apparenza illusoria della Materia e alle distinzioni individuali; come abbiamo già visto, tutte queste illusioni scompaiono per mezzo della Conoscenza, la quale non appartiene affatto al dominio dell’azione e le è superiore.
«Quando l’ignoranza che nasce dagli attaccamenti terrestri viene allontanata, lo Spirito brilla di splendore suo proprio in uno stato indiviso, così come il sole risplende nel cielo allorquando le nubi si sono disperse».
Ma, prima di pervenire a questo grado, l’essere passa attraverso uno stato intermedio, quello corrispondente al Mondo psichico, ove egli non crede più di essere il corpo materiale bensì l’anima individuale; nondimeno la distinzione continua per lui a sussistere, poiché non è ancora uscito dal dominio del Demiurgo.
«Immaginando d’essere l’anima individuale, l’uomo è colto dalla paura, come chi per errore scambia un pezzo di corda per un serpente; tuttavia il suo timore viene allontanato dalla percezione che egli non è l’anima, ma lo Spirito universale».
Colui che ha preso coscienza dei due Mondi manifestati, cioè del Mondo ilico, ossia l’insieme delle manifestazioni grossolane a materiali, e del Mondo psichico, ossia l’insieme delle manifestazioni sottili, è un «nato due volte», Dwija; ma colui che è cosciente dell’Universo non-manifestato o del Mondo senza forma, cioè del Mondo pneumatico, e che è arrivato alla identificazione di se stesso con lo Spirito universale, Âtmâ: quegli solo può esser chiamato Yogi, cioè «unito» allo Spirito universale.
«Lo Yogi, il cui intelletto è perfetto, contempla tutte le cose in quanto facenti parte di se stesso, e così, con l’occhio della Conoscenza, percepisce che ogni cosa è Spirito».
Notiamo per inciso che il Mondo ilico viene paragonato allo stato di veglia, il Mondo psichico allo stato di sogno, ed il Mondo pneumatico allo stato di sonno profondo. Al di sopra dell’Universo pneumatico, secondo la dottrina gnostica, vi è il Pleroma, il quale può esser inteso come costituito dall’insieme degli attributi della Divinità. Esso non è un quarto Mondo, ma lo Spirito universale stesso, Principio supremo dei Tre Mondi, né manifestato, né non-manifestato, indefinibile, inconcepibile e incomprensibile.
Lo Yogi, o il Pneumatico, che sono in fondo la stessa cosa, si percepisce, non più come una forma grossolana, né come una forma sottile, ma come un essere senza forma; egli si identifica allora allo Spirito universale, stato che è così descritto da Shankarâchârya:
«Egli è Brahma, dopo il cui possesso non vi è più nulla da possedere; dopo il godimento della cui felicità non v’è altra felicità che possa esser desiderata; e dopo l’ottenimento della cui conoscenza non v’è altra conoscenza che possa esser ottenuta.
«Egli è Brahma, la cui vista elimina quella di ogni altro oggetto, l’identificazione con il quale impedisce ogni ulteriore nascita, dopo la cui percezione, non v’è più nulla da percepire.
«Egli è Brahma, che è dovunque: nello spazio mediano, in ciò che gli è superiore ed in ciò che gli è inferiore. Egli è il Vero, il Vivente, il Beato, senza dualità, indivisibile, eterno ed unico.
«Egli è Brahma, senza dimensioni, increato, incorruttibile, senza forma, senza qualità o caratteristiche.
«Egli è Brahma, dal quale tutte le cose sono illuminate, la cui luce fa brillare il sole e gli altri corpi luminosi, ma che non è punto reso manifesto dalla loro luce.
«Egli stesso penetra la sua propria essenza eterna e contempla il Mondo intero apparendo come Brahma.
«Brahma non rassomiglia affatto al Mondo, e al di fuori di Brahma non vi è nulla; tutto ciò che sembra esistere al di fuori di Lui è un’illusione.
«Di tutto quanto viene visto, di tutto quanto viene udito, nulla esiste che non sia Brahma, e, mediante la conoscenza del Principio, Brahma viene contemplato come l’Essere vero, vivente, beato, senza dualità.
«L’occhio della Conoscenza contempla l’Essere vero, vivente, beato, che tutto penetra; ma l’occhio dell’ignoranza non può scoprirlo, né percepirlo, come il cieco non può vedere la luce.
«Quando il Sole della Conoscenza spirituale sorge nel cielo del cuore, esso scaccia le tenebre e tutto penetra abbracciando ed illuminando ogni cosa».
Facciamo notare che il Brahma di cui si parla qui è il Brahma superiore, da non confondere con il Brahma inferiore, il quale non è altro che il Demiurgo, considerato come riflesso dell’Essere. Per lo Yogi, non vi è che il Brahma superiore, che contiene tutte le cose e al di fuori del quale non v’è nulla: per lui, il Demiurgo e la sua opera di divisone non esistono più.
«Colui che ha compiuto il pellegrinaggio del suo proprio spirito, un pellegrinaggio che nulla ha a che vedere con lo spazio e con il tempo, un pellegrinaggio che si svolge dappertutto, nel quale non si prova né il freddo, né il caldo, che procura una felicità perpetua e una liberazione da ogni pena: quegli è senza azione, conosce tutte le cose, ed ottiene l’eterna Beatitudine».
IV
Dopo aver esposto le caratteristiche dei tre Mondi e degli stati dell’Essere che vi corrispondono, ed aver indicato, per quanto possibile, che cosa sia l’essere liberato dalla dominazione demiurgica, dobbiamo nuovamente ritornare sulla questione della distinzione tra il Bene ed il Male, onde vedere quali conseguenze possano trarsi da queste ultime considerazioni.
Di primo acchito si potrebbe esser tentati di pensare così: se la distinzione tra il Bene ed il Male è illusoria, se essa in realtà non esiste, lo stesso può dirsi della morale, poiché la morale si fonda proprio su tale distinzione. Ma sarebbe andar troppo lontano. La morale esiste, ma nella stessa misura in cui esiste la distinzione tra il Bene ed il Male, cioè relativamente al dominio del Demiurgo, mentre dal punto di vista universale, essa non ha alcuna ragione d’essere. Infatti la morale può trovare applicazione solo nell’azione; l’azione presuppone il cambiamento, il quale non è possibile che nel formale o nel manifestato; per contro, il Mondo senza forma è immutabile, superiore al cambiamento, e quindi anche all’azione, perciò l’essere che non appartiene più all’Impero del Demiurgo è senza azione.
Ciò dimostra che occorre fare molta attenzione a non confondere i diversi piani dell’Universo, perché quel che si afferma a proposito di un piano può non esser vero per un altro. Ad esempio, la morale esiste necessariamente nel piano sociale, che è essenzialmente il dominio dell’azione, mentre non se ne può più parlare quando si passa a considerare il piano metafisico o universale, poiché allora non v’è più alcun genere di azione.
Chiarito questo punto, dobbiamo far rilevare che l’essere che è superiore all’azione possiede tuttavia la pienezza dell’attività; ma si tratta di un’attività potenziale, quindi di un’attività che non si esplica in azioni. Questo essere non è affatto immobile, come a torto si potrebbe dire, ma immutabile, cioè superiore al cambiamento. In effetti, egli si identifica con l’Essere, il quale è sempre identico a se stesso conformemente all’espressione biblica: «L’Essere è l’Essere». Il che ci induce ad un accostamento con la dottrina taoista, secondo la quale l’attività del Cielo è non-agente: il Saggio, in cui si riflette l’Attività del Cielo, si attiene al non-agire. Tuttavia questo Saggio, che in precedenza abbiamo chiamato Pneumatico o Yogi, può presentare le apparenze dell’azione, così come la Luna può assumere le apparenze del movimento allorquando le nubi le passano davanti, ma il vento che sospinge le nubi non ha influenza alcuna sulla Luna. Similmente, l’agitazione del Mondo demiurgico non influisce sul Pneumatico, e, a questo proposito, possiamo ancora citare alcuni passi di Shankarâchârya:
«Lo Yogi, avendo attraversato il mare delle passioni, si unisce alla Tranquillità e si allieta nello Spirito.
«Avendo rinunciato ai piaceri offerti dagli oggetti perituri e godendo delle delizie spirituali, egli è calmo e sereno come la fiamma di una lampada, e si delizia nella sua propria essenza.
«Durante la sua permanenza nel corpo, non è modificato dalle proprietà di questo, così come il firmamento non è turbato dal movimento che si svolge nel suo seno; conoscendo tutte le cose, le contingenze non lo toccano».
Possiamo così comprendere il vero significato della parola Nirvâna, di cui sono state date tante e così false interpretazioni. Essa significa letteralmente «cessazione del soffio e dell’agitazione», dunque lo stato di un essere che non è più soggetto all’agitazione, che è definitivamente libero dalla forma. Un errore molto diffuso, almeno in Occidente, è quello di ritenere che non vi sia più nulla quando si sia in assenza di una forma, mentre, in realtà, la forma è nulla e l’informale è tutto; per cui il Nirvâna, lungi dall’essere l’annientamento, come hanno preteso certi filosofi, è. al contrario la pienezza dell’essere.
Da tutto quanto abbiamo sinora esposto si potrebbe concludere che non occorra affatto agire; ma ciò è ancora inesatto, se non in principio, almeno nell’applicazione che se ne vorrebbe fare. Infatti l’azione è propriamente la condizione degli esseri individuali appartenenti all’Impero del Demiurgo. Il Pneumatico, o il Saggio, è in realtà senza azione, ma, risiedendo in un corpo, è del tutto simile agli altri uomini; tuttavia sa che si tratta solo di un’apparenza illusoria, e ciò è sufficiente affinché egli sia realmente affrancato dall’azione, poiché è mediante la Conoscenza che si ottiene la Liberazione. Essendo affrancato dall’azione, non è più soggetto alla sofferenza; questa non è che un risultato dello sforzo, ed è in ciò che consiste la cosiddetta imperfezione, anche se in realtà non vi è nulla di imperfetto.
È evidente che l’azione non può esistere per colui che contempla tutte le cose in se stesso, come esistenti nello Spirito universale, senza che vi si distinguano oggetti individuali, così come è espresso dalle seguenti parole dei Vêda: «Gli oggetti differiscono solamente per i loro nomi, accidenti e designazioni, così come le suppellettili ricevono nomi differenti, sebbene siano in realtà solamente diverse forme di terra». La terra, principio di tutte queste forme, è di per se stessa senza forma, ma tutte le contiene in potenza: tale è anche lo Spirito universale.
L’azione implica il cambiamento, cioè la distruzione incessante di forme che scompaiono per essere sostituite da altre: tali sono le modificazioni che noi chiamiamo nascita e morte, cioè i molteplici cambiamenti di stato che devono essere attraversati dall’essere che non ha ancora raggiunto la liberazione o la «trasformazione» finale, parola, questa, da intendersi nel suo significato etimologico, che è quello di passaggio al di là della forma. L’attaccamento alle cose individuali, o alle forme transitorie e periture è proprio dell’ignoranza; le forme non sono niente per l’essere che è liberato dalla forma, ed è per questo motivo che egli, anche durante la permanenza nel corpo, non è modificato dalle proprietà di quest’ultimo.
«Così egli si muove, libero come il vento, poiché i suoi movimenti non sono ostacolati dalle passioni.
«Quando le forme sono distrutte, lo Yogi entra, con tutti gli esseri, nell’Essenza che tutto penetra. Egli è senza qualità e senza azione; imperituro, senza volizione; felice, immutabile, eternamente libero e puro.
«Egli è come l’etere che è diffuso dappertutto, e che penetra nel contempo l’esterno e l’interno delle cose; egli è incorruttibile, imperituro; egli è sempre lo stesso in tutte le cose, puro, impassibile, senza forma, immutabile,
«Egli è il supremo Brahma, che è eterno, puro, libero, solo, incessantemente colmo di beatitudine, senza dualità, Principio di ogni esistenza, e senza fine».
Questo è lo stato al quale perviene l’essere mediante la Conoscenza spirituale, liberato per sempre dalle condizioni dell’esistenza individuale, liberato cioè dall’Impero del Demiurgo.
È questo, crediamo, il primo scritto di René Guénon; esso fu pubblicato nel 1909 nel n. 1 di La Gnose. L’Autore, allora ventiduenne, firmava con lo pseudonimo di Palingenius. (R.S.T., n. 33)
da Rivista di Studi Tradizionali n. 33
Commenti
Posta un commento
Partecipa alla discussione