Di Vivianne Crowley
Se qualcuno vi chiedesse, “Che cosa hanno in comune Aleister Crowley, Gerald Gardner, Dion Fortune, Doreen Valiente, Kenneth Grant, e Margot Adler?”. Probabilmente rispondereste che sono tutti autori, o che sono stati tutti molto importanti nel revival del paganesimo e dell’occulto.
Un’ altra risposta potrebbe essere che tutti citano le parole di Carl Gustav Jung nelle loro opere. Perché Jung e perché sembra essere così importante per loro?
Aleister Crowley (1875–1947) nacque nello stesso anno di Jung e visse anch’egli le stesse Guerre Mondiali e gli stessi cambiamenti nella cultura e nella società occidentale. Da Thelema alla psicologia analitica il passo può sembrare molto lungo, ma Crowley fu uno dei primi lettori di Jung. Nel 1919, vi furono due libri che lo aiutarono a scrivere “un trattato formidabile di quarantacinquemila parole”. Questi furono Il Ramo d’Oro di Sir James Frazer e La Psicologia dell’Inconscio di Carl Jung. (Crowley, 1979 ed., p. 809).
Cosa attirava il grande mago verso il lavoro di Jung ? Crowley non era un grande sostenitore della psicanalisi, ma alla fine del 1916 scriveva nell’edizione americana di Vanity Fair:
Non c’è da sorprendersi nel sapere che il dottor Jung di Zurigo abbia rifiutato alcune delle conclusioni di Freud. Al posto di associare la volontà al sesso, ha associato il sesso alla volontà . Così, del tutto inconsciamente, ha spianato la strada per un ritorno della vecchia idea magica secondo cui la volontà è un aspetto dinamico del sé. Ogni individuo, a seconda degli iniziati, ha un proprio scopo definito, e assume forme umane, con i suoi privilegi e penalità , in modo da perseguire quello scopo. Questa verità è espressa in linguaggio magico dalla frase “ogni uomo e ogni donna è una stella”… (Crowley, 1916)
Cercando il centro
Per Crowley, il lavoro di Jung porta alle sue stesse conclusioni – che ognuno di noi ha uno scopo in questa incarnazione. Crowley si espresse nei termini di cercare il proprio Vero sé, o Vera Volontà . Nel linguaggio di Jung, questo obiettivo interiore è “l’individuazione” e il risultato finale è quello di trovare il “sè”.
Ho chiamato questa totalità che trascende la coscienza: il “sè”. L’obiettivo del processo di individuazione è la sintesi del sé. (Jung, 1940, pp. 164, para. 278)
Per Jung il sé è il sé più profondo:
… una coscienza che non è più imprigionata nel piccolo mondo ultrasensibile dell’ego, ma che partecipa liberamente di interessi obiettivi nel vasto mondo. …portando l’individuo in un’assoluta, indissolubile e vincolante comunione con il mondo in senso largo.
(Jung, 1916/1928/1934, pp. 178, para. 275)
Questo non è l ‘Io’ quotidiano che vediamo nello specchio tutte le mattine. Non è il prodotto di questa incarnazione, sebbene questa incarnazione contribuisca. Piuttosto è il ‘sé’ che l’insegnamento induista chiama ‘atman’, il nostro nucleo più profondo e duraturo.
Il processo di realizzazione del sé implica uno spostamento del centro di coscienza da quello dell’ego a quello del sé. Questo si ottiene aprendo se stessi verso quelle parti della psiche che sono nascoste e sconosciute. Incominciamo a sentire questa coscienza più vasta nel mondo del sonno e del sogno. Possiamo accedervi anche attraverso la meditazione, la visualizzazione, il lavoro sui sentieri e il rituale.
FONTE E ARTICOLO COMPLETO:http://www.athame.it/le-stelle-di-aleister-crowley/
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