I primi cristiani rifiutarono di bruciare incenso agli idoli e agli imperatori romani che pretendevano di essere chiamati dominus et deus (signore e dio). La disciplina ecclesiastica fino al terzo secolo proibì ai battezzati di farsi soldati (divieto di militare et bellare) e permise ai militari convertiti di rimanere nell'esercito a patto di non uccidere nessuno e di non commettere atti di idolatria (divieto di bellare). [Vedasi: Ippolito, Tradizione Apostolica, cap. XVI; Origene, Contra Celsum, cap. V; Tertulliano, De Corona, cap. XI; Cipriano, Ad Donatum, cap. VI]. L'obiezione di coscienza, testimoniata dal martirio di alcuni Santi della Chiesa come Massimiliano (giustiziato nel 295 d.C. per aver rifiutato di prestare servizio militare nelle armate dell'impero romano), si sviluppò come risposta non violenta (Matteo 26,52 e 2 Corinzi 10,3) al potere imperiale, gravemente idolatra e profondamente sanguinario e guerrafondaio.
Nel 313 con l'Editto di Milano promulgato dall'imperatore Costantino i cristiani divennero però uomini fidati e degni di svolgere il servizio militare. Furono esclusi invece dalle armi gli ebrei, gli eretici e i pagani. Nel 416 l'imperatore Teodosio riservò ai soli cristiani il diritto al servizio militare, sperando così di mitigare la durezza della guerra. Egli classificò invece come delinquenti politici gli eretici, gli scismatici e coloro che rifiutano il servizio militare. L'adesione alla "Pax di Costantino" determinò certamente gravi problemi, soprattutto perché iniziò allora una millenaria collusione tra l'autorità religiosa e l'autorità civile e larga parte della cristianità accettò, senza troppe riflessioni, di essere sempre più integrata dal potere costituito. Non possiamo, comunque, spiegare la crescente politicizzazione della chiesa solo con il desiderio di scendere a compromessi con l'autorità e con la sete di potere di alcuni cristiani. La cristianità del IV secolo, devastata dalle persecuzioni romane, ma esaltata dalla miracolosa fine del potere idolatrico e del culto imperiale, commise probabilmente alcuni gravi errori di valutazione:
1) la chiesa militante non si sentì più l’immagine terrena del venturo Regno di Dio ma si persuase di essere il Regno stesso;
2) la chiesa terrena non si considerò più il Corpo della Sposa di Cristo, in trepida attesa del ritorno dello Sposo, ma si convinse di essere già parte integrante del Corpo di Cristo, come se, sulla terra, le nozze messianiche fossero già state celebrate …..in tutta pienezza;
3) l’imperatore cattolico non si considerò più “dominus et divus” (cioè Signore e Dio) ma si sentì capo del nuovo impero romano-cristiano, braccio secolare della chiesa ed immagine della maestà divina.
4) i non cattolici (pagani, ebrei, eretici e scismatici) cessarono di essere pecore smarrite da ricondurre all'ovile ma diventarono elementi deviati ed intollerabili, da isolare e da perseguitare, in quanto potenzialmente nocivi per la stabilità del nuovo ordine sociale .
L'avanzata dell'Islam e la minaccia portata dagli arabi ai luoghi santi e alla cristianità orientale portarono il pensiero teologico (Tommaso, Summa Teologica, La carità: questione 40) ad ammettere i concetti di guerra giusta (cioè condotta con retta intenzione) e di guerra santa (cioè condotta per riprendere i luoghi santi o per diffondere la fede). Di fatto la cristianità si armò, almeno nelle intenzioni iniziali, per fini giusti, nobili e santi, tentando di contrastare le armate di alcuni infedeli che, non solo sbarravano il passo alla Terrasanta, ma che avevano elaborato: 1) un programma espansionista di islamizzazione del mondo, giungendo fino ai Pirenei nel VII secolo e fino alle porte di Vienna nel XVI secolo; 2) una politica sistematica di piraterie, saccheggi, ruberie e sequestri di persona sulle coste mediterranee..... Le ripetute sconfitte della cristianità nei confronti dell’Islam e degli eretici furono, comunque, probabilmente causate dalla totale mancanza di rette intenzioni da parte di molti condottieri e dalle gravi crudeltà perpetrate contro i nemici della fede (si pensi allo sterminio dei prigionieri musulmani dopo la conquista di Gerusalemme nella I Crociata, al sacco di Costantinopoli durante la IV Crociata, allo sterminio degli Albigesi nel sud della Francia e alle barbarie compiute durante le guerre di religione tra cattolici e protestanti).
La riscoperta della non violenza avvenne dapprima grazie alle posizioni radicali assunte da alcune congregazioni cristiane non cattoliche (quaccheri, mennonniti e testimoni di Geova) e, nel XX° secolo, ad opera di grandi pensatori come Tolstoj, Gandhi, Martin Luther King e Lanza del Vasto. In campo cattolico degni di nota sono gli interventi di Benedetto XV contro la guerra (Enciclica Ad Beatissimi Apostoli del 1 novembre 1914), di Pio XI contro il nazismo (Enciclica Mit Brennender Sorge del 14 marzo 1937) di Pio XII contro l'invasione nazista della Polonia (Enciclica Summi Pontificatus del 20 ottobre 1939) e contro la guerra (discorso del 30 settembre 1954 e radiomessaggio del 24 dicembre 1954), di Giovanni XXIII (Enciclica Pacem in Terris dell'11 aprile 1963), di Paolo VI (Discorso all'ONU del 4 ottobre 1965) e di Giovanni Paolo II (Discorsi di Coventry del 30 maggio 1982 e di Buenos Aires dell'11 giugno 1982).
I valori della non violenza trovarono poi pieno accoglimento nel Concilio Ecumenico Vaticano II. Nella Gaudium e Spes venne ribadito il dovere di mitigare l'inumanità della guerra (79), fu riconosciuta la legittima difesa (79), fu accolto il diritto all'obiezione di coscienza (79), venne condannata la guerra totale (80), fu criticata la corsa agli armamenti (81) e venne auspicata la creazione di un governo mondiale legittimato ad usare la forza (82).
Oggi, per giustificare il ricorso alle armi nelle controversie tra le nazioni, dovrebbero essere rispettati alcuni importanti requisiti, come:
1) la legittima difesa;
2) la totale impossibilità di seguire strategie diplomatiche e vie pacifiche;
3) l’impiego di misure difensive proporzionate all'offesa;
4) un onesto e leale svolgimento delle azioni militari;
5) il rifiuto di crudeltà, stragi, ed azioni immorali verso i nemici;
6) un potere legittimo che autorizzi un uso minimo, ragionevole e graduato della forza;
7) il non coinvolgimento delle popolazioni civili;
8) la reale possibilità di discernere la moralità delle azioni da parte dei militari;
9) la reale possibilità di disobbedire a strategie criminali, sanguinarie ed immorali.
AUTOREVOLI TESTIMONIANZE ANTICHE
Il soldato subordinato non deve uccidere nessuno. Se riceve un ordine del genere non deve eseguirlo e non deve prestare giuramento. Se non accetta tali condizioni, sia respinto…Il catecumeno o il fedele che vogliono arruolarsi per fare il soldato vengano respinti perché hanno disprezzato Dio [Ippolito, Tradizione Apostolica, XVI]
Innanzi tutto lo stesso arruolarsi nelle armate delle tenebre, abbandonando le schiere della luce è un tradimento colpevole. Ovviamente diversa è la situazione di chi era già vincolato all’esercito, quando si accostò alla fede; è appunto questo il caso di quei soldati che Giovanni ammetteva al battesimo (Luca 3,14) e di quei centurioni davvero credenti di cui uno fu lodato da Cristo (Matteo 8,10) e l’altro fu istruito nella fede da Pietro (Atti 10,28-36). Ma una condizione resta ferma: dopo aver accolto la fede e dopo averla sigillata con il battesimo o ci s’impegna a lasciare immediatamente la vita militare, come hanno fatto molti, oppure ci si dovrà districare in tutti i modi per non commettere gesti che vadano contro Dio e che non sono permessi neppure a chi non è soldato, oppure come ultima soluzione si dovrà arrivare fino all’impegno di patire per Dio quanto il dovere di fedeltà esige normalmente anche da chi non fa il soldato [Tertulliano, La Corona, XI]
Guarda le strade che i briganti ostruiscono, i mari invasi dai pirati, guerre sparse ovunque con eserciti contrapposti che si massacrano orribilmente; il mondo trasuda sangue delle avverse schiere; se sono i singoli ad ammazzare qualcuno, allora è un crimine, ma se si fa per ordine dello Stato, allora si parla di eroismo [Cipriano, A Donato, VI]
Noi non prendiamo più la spada contro nessun altro popolo e non impariamo più a fare la guerra; Gesù ci ha fatti diventare figli della pace; è Lui il fondatore delle nostre leggi [Origene, Contro Celso, V]….Celso vorrebbe che noi assumessimo cariche nell’esercito, per difendere la patria. Sappia che la patria noi la difendiamo non per essere visti dagli uomini o per averne una piccola gloria. Di nascosto, nell’intimo delle nostre anime, noi innalziamo preghiere a Dio per i nostri concittadini. I cristiani giovano alla patria più degli altri uomini perché essi istruiscono i loro compatrioti e li ammaestrano nella pietà verso il Dio di tutti i viventi [Origene, Contro Celso, VIII]
LA GUERRA NEL VECCHIO TESTAMENTO
Sicuramente comprensibile è lo sdegno per le guerre combattute tra i cristiani (e talvolta pure benedette da uomini religiosi) ma sorprende la drastica condanna di tutte le guerre combattute dai cristiani contro i barbari, i banditi eretici, i pirati saraceni, gli arabi ed i turchi ottomani... il problema semmai furono gli eccessi e le brutalità perpetrati all'ombra della croce da coloro che dicevano di voler difendere la fede e invece difendevano solo la propria avidità e la propria follia..... .
Oltre ad un naturale diritto alla legittima difesa dei cristiani, pare che si ignorino volutamente le guerre, i genocidi e le stragi compiute dal popolo di Israele.....Tale popolo obbedì sicuramente a Dio quando sterminò le popolazioni idolatre e perverse della terra promessa, si difese legittimamente dai filistei per un lungo periodo di tempo e tentò di respingere il predominio assiro-babilonese. Ma fece anche uso della violenza e delle armi per perpetrare massacri e crimini non voluti da Dio: si pensi alla “soluzione finale” adottata verso la tribù di Beniamino al tempo dei Giudici (Giudici 20), ai massacri dei filistei portati avanti dal re Davide che non si limitava a sconfiggerli ma si gloriava di ammazzarne 10.000 per volta (1 Samuele 18,6) ed alle crociate di Jehu contro le case di Giuda e d’Israele (2 Re 9-10). Che la violenza di certe iniziative non venisse sempre apprezzata da Dio emerge dai rimpianti dei figli di Israele (Giudici 21), dal fatto che, tramite Natan (2 Samuele 7), Dio rifiutò a Davide la possibilità di costruirgli una casa e dal fatto che, per mezzo di Osea, l’Eterno annunciò ad Israele di non aver affatto gradito le crociate di Jehu (Osea 1,3). C’è da domandarsi perché ad Israele fu concessa tanta violenza, mentre ai cristiani viene continuamente rinfacciato (soprattutto da altri cristiani) l’uso delle armi, anche quando queste furono impiegate per legittima difesa contro aggressori sanguinari ed infedeli.
LA GUERRA NEL NUOVO TESTAMENTO
Sicuramente Cristo fu un pacifico e predicò l'amore, la concordia e la non violenza. Sul divieto categorico di militare negli eserciti non esistono però prove sicure e schiaccianti. Basti pensare che:
1) Giovanni Battista ai soldati che lo interrogavano non disse di obiettare ma «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno, contentatevi delle vostre paghe» (Luca 3,14);
2) Gesù al centurione che chiedeva la guarigione del servo non disse di obiettare ma "Và, e sia fatto secondo la tua fede" (Matteo 8,13);
3) Al centurione ai piedi di Gesù morente, i discepoli non consigliarono di obiettare ma accolsero con ammirazione la dichiarazione di fede "Davvero costui era Figlio di Dio" (Matteo 27,54);
4) In una parabola sulla guerra, ad un re con meno soldati dell'invasore non venne consigliato di obiettare ma di inviare ambasciate di pace (Luca 14,31-32);
5) Pietro fu inviato ad un centurione romano, pio e timorato di Dio, che ricevette lo Spirito Santo ed il battesimo, senza aver prima obiettato abbandonando l'esercito....(Atti 10).
Con ciò non si vuole negare che la chiesa primitiva appoggiasse l'obiezione di coscienza. Per amor del vero, va però detto che probabilmente la scelta non violenta maturò non solo dai nobili ideali di pace e fratellanza universale diffusi da Cristo, ma anche dal fatto che il potere romano si mostrava apertamente persecutore dei cristiani, brutale, violento e soprattutto idolatra. È pertanto lecito domandarsi se l'obiezione di coscienza sarebbe stata accolta dalle primitive comunità cristiane qualora i cristiani avessero continuato a vivere in un Israele redento e convertito. È anche lecito chiedersi se l'obiezione di coscienza sarebbe stata accolta dalle primitive comunità cristiane nel caso di un potere romano tollerante ed aperto al messaggio evangelico. Anche la scelta di non partecipare alla difesa di Gerusalemme nel 70 d.C. maturò probabilmente dalla convinzione che sul Vecchio Israele si stava abbattendo il giusto giudizio di Dio per il rifiuto del suo Messia, piuttosto che da profonde convinzioni radicali ed antimilitariste.
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