In ogni situazione in cui i processi che costituiscono la coscienza come la memoria, la percezione, l'attenzione, le emozioni, non lavorano più in modo ottimale, si entra in ciò che viene definito stato alterato dell'ordinario stato di coscienza. Pur essendo difficile effettuare una netta distinzione tra uno stato alterato e uno stato ordinario, quest'ultimo lo si può considerare come quello stato in cui un soggetto si trova mentre svolge le normali attività della vita quotidiana, è perfettamente consapevole delle azioni che sta compiendo e si rende conto di ciò che gli accade intorno. Lo stato alterato è quello in cui il soggetto non è consapevole dell'ambiente circostante oppure ha un controllo parziale o nullo dei suoi sensi a tal punto da percepire in modo distorto le sue sensazioni e tutto ciò che vede o gli accade.
Essendo una fisiologica condizione dell'organismo ogni individuo nel corso della sua vita può avere l'esperienza di uno stato alterato.
Diversi sono i meccanismi in grado di indurre tale esperienza. Rimanere immobili nella stessa posizione per diverso tempo fa si che tutti i recettori del corpo si abituino e il cervello non riceve più da essi le sensazioni tattili e di movimento, in questo modo non si ha più l'esatta coscienza del corpo; questo rappresenta un esempio di stato alterato. Bombardare gli occhi con intense luci psichedeliche o impedire a tutti gli organi di senso di ricevere ogni informazione proveniente dal mondo esterno, non dà la possibilità al cervello di elaborare precisi punti di riferimento e questo determina la perdita della coscienza del tempo e dello spazio: è un altro esempio di stato alterato.
Un risultato simile si ottiene agitando il corpo ininterrottamente per lungo tempo, oppure sottoponendosi a intensi stimoli sonori, ingerendo alcuni tipi di droghe, subendo traumi cerebrali o provando un'emozione violenta. In definitiva si entra in uno stato alterato della coscienza quando si è esposti a quei meccanismi che possono alterare il normale funzionamento dell'attività di tutti i processi cognitivi e che determinano, quindi, una modificazione della consapevolezza di sé e del mondo circostante.
Sotto l'aspetto prettamente fisiologico la differenza degli stati di coscienza dipende dalla velocità con la quale il cervello elabora le informazioni. Se il cervello elabora velocemente una notevole quantità di messaggi in entrata, si determina uno stato di iperattività neurovegetativa con conseguenti sensazioni di agitazione ed esaltazione emotiva; mentre, se le informazioni in entrata sono minime e la velocità di elaborazione è ridotta, si otterrà uno stato di ipoattivazione neurovegetativa con sensazioni di rilassamento o di sedazione emotiva profonda. Questi stati viaggiano lungo un continuum e ogni soggetto può passare da uno stato all'altro in una ridottissima quantità di tempo.
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Un risultato simile si ottiene agitando il corpo ininterrottamente per lungo tempo, oppure sottoponendosi a intensi stimoli sonori, ingerendo alcuni tipi di droghe, subendo traumi cerebrali o provando un'emozione violenta. In definitiva si entra in uno stato alterato della coscienza quando si è esposti a quei meccanismi che possono alterare il normale funzionamento dell'attività di tutti i processi cognitivi e che determinano, quindi, una modificazione della consapevolezza di sé e del mondo circostante.
Sotto l'aspetto prettamente fisiologico la differenza degli stati di coscienza dipende dalla velocità con la quale il cervello elabora le informazioni. Se il cervello elabora velocemente una notevole quantità di messaggi in entrata, si determina uno stato di iperattività neurovegetativa con conseguenti sensazioni di agitazione ed esaltazione emotiva; mentre, se le informazioni in entrata sono minime e la velocità di elaborazione è ridotta, si otterrà uno stato di ipoattivazione neurovegetativa con sensazioni di rilassamento o di sedazione emotiva profonda. Questi stati viaggiano lungo un continuum e ogni soggetto può passare da uno stato all'altro in una ridottissima quantità di tempo.
Gli stati alterati di coscienza sono chiavi di accesso per avvicinarci alla trascendenza, per transire e passare al di là della normale realtà percepita, attraversando regni sconosciuti verso un fine sempre più lontano dalla "realtà" e dall'ordinario. Ma che cos'è "ordinario" e soprattutto, cos'è la "coscienza"?. A queste domande, l'uomo ha sempre cercato delle risposte e nemmeno gli studiosi più accaniti hanno saputo dare una spiegazione. Analizzando il problema ci accorgiamo che tutto questo ha a che fare con quello che noi chiamiamo "Anima"; la parte sottile della nostra esistenza che ci assicurerà, forse, l'eterna permanenza del nostro "Io" in qualche parte degli universi possibili. La coscienza e l'anima stanno dentro di noi, mescolate e intrise alla nostra "fisicità", bilocate tra il mondo fisico e quello sottile, al di qua e al di là della materia, dei mondi, tra i quali è possibile stabilire un contatto. Come? Passando oltre, attraversando, calandoci dentro, il più possibile, a noi stessi, per scoprire il paradosso della vita; l'universo non è fuori di noi ma dentro, ed è calandoci dentro che passeremo fuori, al di là di ogni cosa.
Ma ancora: come?
Apprendendo delle tecniche e sviluppando le normali capacità percettive.
Se il corpo ci "trattiene" ancorati a questa realtà e il limite è la coscienza dobbiamo sforzarci di evolvere la nostra consapevolezza per un trasferimento cosciente del nostro "Io" all'Anima. Dobbiamo indurre il corpo e la mente a uno stato "alterato" per accedere a un ordine diverso di percezione.
Se il corpo ci "trattiene" ancorati a questa realtà e il limite è la coscienza dobbiamo sforzarci di evolvere la nostra consapevolezza per un trasferimento cosciente del nostro "Io" all'Anima. Dobbiamo indurre il corpo e la mente a uno stato "alterato" per accedere a un ordine diverso di percezione.
In questi momenti di coscienza dilatata, conseguenza di uno stato di ripiegamento in sé stesso, l'Uomo avverte un distacco dal mondo circostante, vivendo però un sentire cosmico, dove lo spirito si inebria di energie rigenerative ed attinge in modo cosciente al sapere universale.
Come afferma il Premio Nobel Manfreid Eigen, "La natura delle informazioni è immateriale"; la realtà materiale è frutto di una "matrice" nascosta agli occhi della ragione alla quale si manifesta in maniera grossolana e approssimata.
A questo punto bisogna chiarire, però, che gli stati alterati di coscienza non sono la trascendenza: sono solo il buco della serratura da cui si può spiare le "realtà alternative". Poiché si vive per vivere e non per morire, nell'attesa si cerca di trovare, di questa trascendenza che ci attende, delle manifestazioni, delle comunicazioni mentre ancora viviamo su questa terra.
Il nostro stato di coscienza ordinario è uno strumento, un meccanismo, una struttura che ci permette di muoverci nel nostro ambiente, di decodificare la realtà sociale esterna nonché le esperienze ed i valori che ne sono alla base. La nostra società, e gli individui che la compongono, sono oggi confrontati a profonde trasformazioni culturali e tecnologiche tali da rimettere in discussione i fondamenti politici, religiosi, morali ed emotivi che costituivano un tempo dei punti di riferimento indiscutibili. Questi mutamenti rendono più fluttuanti concetti quale "normale" "patologico", "scienza" e "spiritualità" creando tutta una serie di nuovi interrogativi. Lo stato alterato di coscienza è uno stato di coscienza "nuovo" vissuto dallo sperimentatore come un cambiamento, spesso radicale, del funzionamento abituale della coscienza. Le informazioni che dal mondo esterno vengono captate attraverso i sensi ed elaborate dal cervello (sistema nervoso centrale) in questo stato potrebbero essere elaborate in altro modo assumendo nuovi significati e valori. Gli stati alterati di coscienza non sono per forza indotti o creati artificialmente, fanno parte della nostra vita quotidiana ed ognuno di noi li ha già sperimentati. Essi sono: gli stati di sogno, gli stati transitori tra sonno e veglia, gli stati ipnotici. Altri possono essere le patologie psichiche, l'ebbrezza alcolica, l'estasi, la trance e la meditazione oppure gli stati derivati dall'assunzione di droghe allucinogene. Lo stato alterato di coscienza non può essere considerato come secondario alla "coscienza lucida" perché l'io cosciente decodifica gli stimoli utili alla sopravvivenza (in senso ampio) e risulta perciò mutilato e asservito alla realtà esterna.
La coscienza "alterata" non è altro che la coscienza allo stato primitivo, liberata cioè da condizionamenti sociali imposti;
una coscienza anteriore, "originaria". Siccome questa coscienza arcaica sottostà al principio di realtà essa apparirà "alterata" ogni qualvolta si tenterà di riportarla in superficie; questo anche perché non è possibile una perdita completa della realtà. La psichiatria classica considera gli stati alterati di coscienza come patologici, anticamera del manicomio, fughe dalla realtà soggettivamente frustrante. Non bisogna dimenticare che molti artisti, intellettuali e anche scienziati hanno usato ed usano tuttora sostanze psicoattive e nessuno si azzarderebbe a mettere in dubbio la loro sanità mentale. Neppure la cultura "giovanile" degli anni sessanta e settanta, che faceva delle droghe leggere un esperienza centrale nella socializzazione, può essere intesa come fenomeno psichiatrico. Se ne potrebbero criticare atteggiamenti ed ideologie, ma anche riconoscere una spinta nell'elaborazione di nuovi valori sociali e politici che non erano certo espressione di una fuga di massa autodistruttiva e psicotica. In realtà, gli stati alterati di coscienza sono mezzi per incontrare noi stessi e gli altri a livelli percettivi che ci sono abitualmente sconosciuti.
Le esperienze mistiche sono solitamente concepite quanto coincidendo con stati alterati di coscienza. Come risultato, una considerazione di stati mistici dovrebbe iniziare una discussione sulla coscienza stessa. Eppure la natura della coscienza è una delle più fondamentali e difficili di tutte le questioni filosofiche.
Le risposte a quella domanda si estendono attraverso uno spettro enorme nelle culture e nei periodi. Ad un estremo, includono l'idea che la coscienza è un mero sotto-prodotto della materia; quella è la filosofia del materialismo. All'altro estremo c'è l'idea che la coscienza è il substrato fondamentale della realtà; questa è la filosofia dell'assoluto idealismo come proposto, ad esempio dal Buddhismo Yogachara. Per Nietszche, la coscienza era una sofferenza prodotta dalla malattia della vita, mentre per la religione vedantica dell'India, è essere e felicità.
Eppure, poco importa cos'è la coscienza, il desiderio di alterarla è chiaramente comune e diffuso. Se è il caso, solleva la domanda ovvia sulla natura di uno stato "ottimale" di coscienza.
Nell'Ovest viene comunemente assunto che il nostro stato di veglia usuale è ottimale. Eppure numerose tradizioni religiose e contemplative hanno pretese sulla coscienza che corre all'incontro delle assunzioni occidentali, tra le quali:
- I nostri stati abituali di coscienza sono severamente subottimali e deficienti.
- Esistono stati molteplici di coscienza - inclusi i veri "stati superiori".
- Questi stati si possono ottenere coll'allenamento.
- La comunicazione verbale a loro proposito può dimostrarsi necessariamente limitata.
L'insegnamento delle tradizioni mistiche c'informano che il nostro stato usuale di coscienza non solo è sub-ottimale, ma persino sognaticcio ed illusorio. Asseriscono che, che lo sapessimo o meno, senza allenamento mentale, siamo prigionieri dalle nostre proprie menti, intrappolati senza saperlo da un dialogo interiore continuo che crea una divorrantissima distorsione della percezione. Queste tradizioni suggeriscono che stiamo vivendo in un sogno collettivo anche conosciuto da noi come Maya, 'illusione', o ciò che il psicologo Charles Tart chiama 'trance consensuale'.
Ovviamente, se queste varie tradizioni considerano il nostro stato abituale come subottimale, dovranno considerare certuni altri stati quanto superiori. Numerose tradizioni convergono sull'idea che l'unione mistica descritta dai mistici e santi costituisce lo stato supremo di coscienza, e difatti è il massimo compimento dell'esistenza umana.
FONTE E ARTICOLO COMPLETO:http://www.istanze.unibo.it/oscar/sentiero/cono03.htm
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