"Praticate gentilezza a casaccio e atti di bellezza privi di senso". A supportare questa massima – una delle più popolari sui social network – ora c’è anche uno studio: quello realizzato da due psicologhe sociali, Jennifer L. Trew e Lynn E. Alden, e raccontato in questo articolo di Huffington Post America.
Secondo le due ricercatrici, praticare atti di generosità “random” potrebbe essere il segreto per alleviare una particolare forma di ansia, quella sociale, definita anche “fobia sociale” (la paura intensa e pervasiva di trovarsi in una particolare situazione sociale, o di eseguire un tipo di prestazione).
Nel loro studio Trew e Alden hanno diviso 115 studenti delle superiori che autodiagnosi di “fobia sociale” in tre gruppi. A un gruppo è stato chiesto di provare a combattere l’ansia facendo piccoli favori e gentilezze nei confronti di amici e familiari. A un altro gruppo è stato detto di fronteggiare l’ansia in modo diretto, lanciandosi in conversazioni e partecipando a eventi. Al terzo gruppo, invece, è stata affidata la funzione di controllo: tenere traccia dei loro sentimenti quotidiani durante il mese dell’esperimento. Al termine del periodo, le ricercatrici hanno fatto un sondaggio sui partecipanti chiedendo informazioni sul loro stato di ansia, ma anche su quante volte avessero evitato situazioni sociali.
I risultati parlano chiaro: i giovani impegnati nella pratica della gentilezza hanno riportato stati d’animo meno ansiosi, e la loro vita sociale è migliorata. Chiaramente il contrasto della fobia sociale non è che uno dei molti benefici della gentilezza. Diversi studi hanno dimostrato che essere gentili ci rende più felici (bastano solo poche parole gentili), meno stressati e addirittura più longevi.
In uno studio recente Barbara Fredrikson, psicologa dell’Università della Carolina del Nord, ha dimostrato che occuparsi degli altri influisce positivamente sulla nostra salute e longevità. Attraverso interviste, questionari e campioni di sangue, la ricerca, pubblicata sulla rivista PNAS - Proceedings of the National Academy of Sciences, dimostra come le due forme di felicità – edonica ed eudemonica - abbiano riscontri diversi a livello genetico e cellulare.
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