http://www.fiori-forchette.com/products/richard-shilling/ |
Di Antoine Fratini
L'Arte Naturale può essere giustamente definita un esempio particolare di applicazione del pensiero junghiano all'arte a partire da due principi fondamentali:
il contatto ispiratore con la Natura e l'incontro casuale con le sue forme.
Durante le passeggiate capita d'incontrare forme naturali che sembrano venire incontro al proprio stato d'animo e apportare una risposta simbolica ai propri quesiti.
Questo curioso e affascinante fenomeno di coincidenza significativa tra mondo interiore e mondo esteriore è stato chiamato da Jung "sincronicità ".
Ovviamente, questa non si verifica solamente nella pratica artistica, ma anche, per esempio, in campo clinico. Addirittura l'esistenza di un principio di nessi acausali trova oggi un fecondo parallelo nella concezione non-localista e non-causalista della meccanica quantistica.
Alla base di un tale collegamento ci sarebbero, secondo Jung, gli archetipi dell'inconscio collettivo, tracce mnestiche sovraindividuali e universali che si perdono nelle origini più profonde della psiche.
L'essenza degli archetipi sarebbe quindi psicoide: oltrepasserebbe la sfera psichica (pur manifestandosi in essa) fino a confondersi (in un misterioso "punto zero inesteso") con quella materiale.
|
Benché le persone che praticano l'Arte Naturale per lo più non hanno familiarità alcuna né con il concetto junghiano di sincronicità , né con il quantismo, molte appaiono vistosamente "prese" dalla particolarità del rapporto che s'instaura tra loro e quel "più grande di sé" che è la Natura e di cui arrivano a percepirsi parte integrante.
Questa originale caratteristica legata al "sentire" è per lo più assente negli altri ambiti che predicano il contatto con la Natura, come l'ecologia o il naturalismo, dove invece si fa leva su valori razionali, come la preoccupazione per la quantità finita delle risorse terrestri, e dove il sentimento appare confinato in una sorta di oscura nostalgia delle origini.
Nel suo piccolo l'Arte Naturale propone un rimedio alla profonda frattura operata dall'uomo occidentale, fin dai tempi remoti, tra Natura e Cultura. Nell'Antico Testamento vi è un passo della Genesi dove l'uomo, unico essere creato a immagine di Dio, viene esortato a "dominare" e a "soggiogare" gli altri esseri della Terra.
Ora, secondo la critica del Ceronetti, anche se in realtà nella lingua ebraica i verbi radah e khavash avrebbero significati più soft ("premere" e "calcare")
rispetto a quelli privilegiati dai traduttori della Conferenza Episcopale Italiana, tale passo fu decisivo nell'influenzare il pensiero e l'atteggiamento da conquistatore privo di scrupolo dell'uomo occidentale.
Nel secolo scorso, il pensiero freudiano ha, a mio avviso, ulteriormente contribuito ad alimentare la spaltung tra Uomo e Natura, e quindi tra Natura e Cultura, vedendo in quest'ultima il prodotto di un conflitto inconscio, insanabile, sintetizzato nella concezione dell'Edipo, la quale implica appunto il passaggio necessario dell'uomo dalla condizione naturale, o di "immediatezza pulsionale", a quella socioculturale (registro simbolico).
In questa prospettiva, il sentimento per così dire "olistico" di essere compresi in un tutto che trascende il proprio ego, cui ci si riferiva prima, non trova intendimento se non nel senso di un fantasmatico ritorno alla originaria condizione incestuosa.
Dal nostro punto di vista le cose appaiono diversamente. Anzitutto occorre tenere presente, al fine di capire cosa succede realmente nell'Arte Naturale, che all'escursionismo corrisponde spesso, più a monte, un'esigenza introspettiva. Si potrebbe paragonare la camminata ad una specie di rite d'entrée, inconsapevole, atto ad accrescere la ricettività della persona verso l'inconscio.
Orientandoci verso se stessi, il massimo incontro cui si possa aspirare ad un certo punto del cammino, è l'archetipo del Sé, rispecchiato magari nelle forme della Natura.
E il Sé, come scrive Jung in Aion, "può a volte comportarsi come un'atmosfera che circonda l'Io senza limiti spaziali e temporali ben definiti, donde i fenomeni di sincronicità così spesso associati agli archetipi". Credo, tra l'altro, che il fascino particolare, numinoso, accordato anticamente a certi luoghi di culto come anche a certi capolavori artistici, possa derivare proprio da un simile rapporto sincronicistico con il mondo esterno. Ci si lega spiritualmente a luoghi, persone o cose che si incontrano sul proprio cammino perché marcano momenti particolari del proprio divenire.
Vorrei citare un paio di esempi atti ad illustrare la pratica dell'Arte Naturale.
Il primo è tratto dalla mia esperienza personale. All'epoca mi interessavo particolarmente al simbolo della Pietra. Leggevo gli autori alchemici e ovviamente anche Jung, accumulando così una certa dose di sapere che tuttavia non mi soddisfaceva completamente.
Decisi di trovare una pietra vera che potesse concretizzare l'immagine ancora oscura della pietra che si era formata a poco a poco in me. Diverse volte mi recai sui monti dell'alto Appennino parmense, senza però trovare nessuna pietra che facesse al caso mio, nonostante ci fosse l'imbarazzo della scelta.
La trovai invece casualmente appoggiata ai miei piedi, sulla collina più vicina a casa, meta delle mie passeggiate più quotidiane, e dopo aver conversato per più di un'ora con l'amico di turno. Era lì, da ore o da sempre, pronta a salvarci dal nostro sterile filosofare.
Era la res simplex, il sasso comune "calpestato nel fango dalle bestie da soma e dai greggi" degli alchimisti e dello Jung di Bollingen che tagliava la legna per il camino.
Successivamente esposi la pietra in una mostra, nel luogo più centrale della sala, attorniata, quasi nascosta, da piante ornamentali e accompagnata dal noto verso scritto dell'alchimista Arnaldo di Villanova: "Qui sta la comune pietra, il cui prezzo è assai modesto.Quanto più è disprezzata dagli stolti, tanto più è amata dai saggi" Il secondo esempio riguarda la storia di un crocifisso raccolto nella pianura padana da un anziano contadino, il quale da più di trent'anni di pratica artistica ha letteralmente riempito la sua dimora di opere naturali di straordinaria bellezza.
Mentre lavorava nei campi, il nostro amico notò una radice mezza nascosta nella terra. Non appena la disseppellì si rese conto che era un crocifisso, ma senza le braccia.
Ci volle un notevole sforzo morale, per una coppia di buoni cristiani, per decidersi ad appendere un crocifisso dal materiale non proprio nobile come la radice, e per giunta senza braccia!
Di tanto in tanto, passando accanto al crocifisso, gli capitava di invocare il Signore scusandosi per l'ardito suo spunto e pregandolo di aiutarlo affinché non lo lasciasse troppo tempo in quel menomato stato.
Finché un giorno inciampò di nuovo su un altro pezzo di radice perfettamente adatto per le braccia del suo crocifisso!
Praticando l'Arte Naturale si viene dunque a formare un rapporto molto particolare tra Uomo e Natura. Dal punto di vista della psicologia del profondo la cosa decisamente più interessante da notare è il decentramento dell'interesse della persona dal suo ego a qualcosa di trascendente in cui si sente compresa. Risulta piuttosto chiaramente come in quell'occasione la Natura venga ad assumere una valenza simbolica assimilabile all'archetipo del Sé.
L'ego dell'artista, infatti, quasi si annulla o per lo meno passa volutamente in secondo piano per lasciare il ruolo di protagonista alla Natura.
Ora, se si pensa alla situazione dell'arte contemporanea, dove basta "essere un nome" per potersi permettere di esporre qualunque cosa, e quindi a tutte le esagerazioni che la caratterizzano (il puntino nero sull'enorme parete bianca, l'ombra del lampadario, la lattina di coca-cola, le macchie di pittura sulle pecore come nel film Le vacanze intelligenti con Sordi…), siamo portati ad interpretare la comparsa dell'Arte Naturale come l'espressione, in campo artistico, di un fenomeno inconscio di compensazione rispetto all'andamento dominante nell'arte moderna, così come nell'intero spirito dell'epoca, essendo l'arte in genere una cassa di risonanza per quest'ultimo.
Lo stesso Jung, in un passo della sua autobiografia, mostra un chiaro penchant verso la pratica di cui stiamo parlando.
Nel periodo di disorientamento che seguì alla rottura con Freud e all'allontanamento dalla teoria psicoanalitica classica, Jung si mise ad ascoltare le sue fantasie per capire dove lo avrebbero portato. Queste lo spinsero a realizzare costruzioni di pietre, come fanno i bambini, raccogliendo sassi dalla riva del lago vicino a casa sua. Era diventato, col tempo, quasi un rituale, ed egli lo praticava con impegno sebbene inizialmente quasi se ne vergognasse. Ad un certo punto le cose rimasero ferme perché egli non riusciva a capire come fare l'altare da ubicare nella chiesetta che stava costruendo.
Finché casualmente s'imbatté in una pietra rossastra dalla forma piramidale: era l'altare!
Episodi di questo genere non capitano di frequente, ma non sono nemmeno rari. Con una certa disposizione d'animo, cioè dopo essere riusciti a relativizzare la distanza tra coscienza e inconscio e quindi anche tra i mondi interiore ed esteriore, la Natura sembra particolarmente disposta a toccarci nell'intimo attraverso lo spettacolo delle sue forme.
Bibliografia
C.G.Jung, Ricordi, sogni e riflessioni, Rizzoli C.G.Jung, Riflessioni teoriche sull'essenza della psiche, Boringhieri C.G.Jung, La sincronicità , Boringhieri C.G.Jung, Aion, Boringhieri G.Ceronetti, Difesa della luna T.Cantalupi, Teoria quantistica e psicologia del profondo, atti di un corso in preparazione a "la Sapienza" di Roma.
FONTE:http://www.geagea.com/37indi/37_05.htm
Commenti
Posta un commento
Partecipa alla discussione