Lo stridore dei freni, grida nella notte. Sono le undici di sera, il treno proveniente da Salonicco arriva nella piccola stazione di frontiera a Tabanovce, nel nord della Macedonia. La Serbia dista solo un chilometro. Una ventina di poliziotti armati si è posizionata ai due lati della ferrovia e aspetta che le ombre scendono dai vagoni.
Uomini, donne, bambini, neonati portati in braccio dai genitori.
La maggior parte di questi migranti proviene dalla Siria, dall’Iraq o dall’Afghanistan, sono in cammino da mesi. Sotto il sole caldo hanno percorso a piedi o in bicicletta l’autostrada che dalla frontiera greca conduce nel nord della Macedonia.
La scorsa settimana il governo macedone ha approvato una legge che autorizza i migranti a usare i mezzi di trasporto pubblici per lasciare il paese (prima era vietato). La legge è appena entrata in vigore.
“Da questa parte, seguiteci!”. La polizia macedone non si formalizza. A gruppi di cinquanta, i migranti sono inghiottiti dalle tenebre, dietro a uomini armati che indicano una direzione nella notte.
“Un chilometro, Serbia, Serbia!”. Tutte le sere, centinaia di persone s’incamminano attraverso i campi per eludere la sorveglianza delle guardie di frontiera serbe. A dire il vero per Belgrado imporre un blocco vero e proprio è impossibile. Di tanto in tanto alcuni migranti sono respinti oppure picchiati, ma tutti alla fine riescono ad attraversare il confine. “Camminate in quella direzione, non fate rumore”.
L’operazione è durata meno di dieci minuti, si tratta di gestire un migliaio di persone che arrivano ogni sera a Tabanovce. Oggi sono scesi 700 profughi dal treno delle 21 proveniente da Gevgelija, una città nel sud della Macedonia, e altri 150 da quello delle 23. Il prossimo treno arriverà domani mattina alle otto.
FONTE E ARTICOLO COMPLETO:http://www.internazionale.it/reportage/2015/07/04/migranti-ungheria-muro-serbia-balcani
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