Ammiro le illusioni che il nostro cervello ricrea senza sosta ogni notte, mettendo abilmente in scena le paure, le speranze e le ossessioni più nascoste. Ecco, sono convinta che ogni tanto i nostri neuroni si divertano a riproporre qualche sorpresa anche quando siamo svegli, forse per addolcire una realtà monotona o forse perché il mondo intorno è tanto grigio da rendere necessaria l’esistenza dei sogni ad occhi aperti.
So che quello dell’inconscio e del sogno è ormai un tema inflazionato, visto che se ne parla da almeno un secolo e che si sono spese migliaia di parole, da Freud in poi, eppure ancora ammiro gli artisti che hanno saputo fare del sogno il loro cavallo di battaglia e il loro lessico privilegiato.
Quello di Salvador Dalì (l’opera completa) è stato uno dei primi libri d’arte formato XXL che ho posseduto, anche se è da molto che non lo sfoglio, proprio perché il fascino dei surrealisti è qualcosa di passeggero e altalenante. A volte in questi anni mi ha stufato, forse perché dimenticavo quello che c’è dietro questi quadri così bizzarri, la cultura e la storia che si racconta dietro la tela. Non esiste un movimento senza il periodo storico in cui si inserisce, quindi non avrebbero senso i surrealisti senza l’inizio del Novecento, senza le porte spalancate dalle avanguardie e senza gli orrori della guerra.
Perché alla fine io credo nel sogno ma anche nella cultura, perché la percezione di sé e del mondo reale che ci circonda, senza ricorrere a paradisi artificiali o fantastici, deve necessariamente porsi come base per la creazione.
In effetti, per cavarmela con un eufemismo posso affermare che il secolo breve non è iniziato nel migliore dei modi: le aspettative positiviste sono venute meno, le politiche di potenza hanno avuto la meglio e per coronare il tutto la prima guerra mondiale ha dato una bella bastonata a quello che rimaneva. Così l’uomo del Novecento sta come d’autunno sugli alberi le foglie, perché si rende conto che le sue certezze sono un castello di carte e che il mondo oltre a non avere un senso a volte sa anche essere crudele.
Per tutti questi motivi non deve stupire il cambio di direzione a cui si assiste nell’arte e nella letteratura, dove si abbandona il legame con la realtà esterna per rifugiarsi all’interno di se stessi ed indagare oltre l’inconscio, verso la profondità più remota e l’immaginazione, raggiungendo il sogno, per l’appunto.
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