William Blake, The Complete Illuminated Book, tempera su carta, 1790-95, Londra, Tate Gallery
Emanuel Swedenborg (Stoccolma 1688-1772) non avrebbe avuto bisogno della Teosofia per passare alla storia. Infatti nella prima metà abbondante della sua vita, fino all’età di 56 anni, fu scienziato e inventore, si occupò di chimica, anatomia, matematica, ingegneria mineraria, astronomia, filosofia, e pare che parlasse correttamente undici lingue. Poi abbandonò completamente quest’aspetto materiale della sua vita, ispirato dalle sue visioni interiori, che lo mettevano in contatto con angeli, spiriti e con un al di là estremamente complesso. Queste visioni non trattano solo di tematiche religiose, ma coprono vasti campi dello scibile umano, tanto che con esse Swedenborg ha riempito circa trenta volumi, tutti in latino, e in gran parte anonimi, di cui solo una minima parte è tradotta in italiano. D’altra parte, le sue posizioni erano incompatibili se non in aperto contrasto con Chiesa Cristiana Luterana cui egli apparteneva, e dalla quale fu perciò dichiaratamente osteggiato. Anche per questa ragione fece lunghi viaggi all’estero e pubblicò le sue opere in terra straniera, essendo nell’impossibilità di poterlo fare a casa propria. Swedenborg fu un mistico e un veggente, un individuo cioè che fa esperienza diretta diretta del divino, senza avere bisogno di intermediari, e senza dovere rendere conto delle sue scoperte ai custodi della verità nel dogma, pertanto egli si tenne sempre lontano dalle possibili dispute che le sue dottrine potevano suscitare; tuttavia, secondo Katz (2005), la sua filosofia è una dottrina molto complessa, più adatta a una scuola intellettuale che a una setta radicale.
Il motivo delle visioni, e del viaggio celeste dell’anima, non nasce certo con Swedenborg, e vi sono una serie di antecedenti non dichiarati di cui bisogna tener conto. Si tende a vedere una rottura netta tra la vita dello scienziato e quella del veggente, ma potrebbe anche non essere così. Nella prima parte della sua vita, egli ha percorso tutti i campi noti del sapere, e non è arrivato a una verità definitiva; forse è proprio questo che lo porta ad aprirsi a un campo ulteriore di esperienza, quello della visione interiore, che richiede un approccio “altro” da quello comune: l’intuizione versus il raziocinio, il cervello destro versus il cervello sinistro, l’intelligenza del cuore versus il sapere logico. Pur essendo un pensatore così difforme, Swedenborg ha influenzato ed è stato influenzato dalla cultura prima e dopo di lui. Tra gli antecedenti, i più banali sono il Vangelo di Giovanni, l’Apocalisse e Dante, ma anche il Neoplatonismo, la Qabbalàh e Jacob Boehme, anche se queste ultime influenze non sono apertamente dichiarate; tra gli autori che ne furono apertamente influenzati Goethe, Balzac, Strindberg, Jung.
L’opera più imponente di Swedenborg è Arcana Celestia, che contiene una vasta visione dell’universo, che viene descritto come un tutto armonico, “il grande uomo”. Questo a sua volta è costituito di diverse parti, le “società”, ognuna data da angeli raggruppati tra loro secondo il criterio dell’affinità, che collaborano per garantire il funzionamento integrato del tutto. Anche in Cielo e Inferno (a cura di Giovetti, 1988) il Cielo consiste di innumerevoli società di angeli, ognuna delle quali è il Cielo in forma più piccola, e infine ogni angelo lo è in forma minima: ogni più piccola parte reca in sé il principio organizzativo del tutto, tanto che in qualsiasi parte è possibile risalire a un immagine completa di esso (qualcosa di simile è stato descritto dalla scienza moderna nell’ologramma). Perciò il Cielo nel suo complesso rappresenta un unico uomo, l’Uomo Immenso o Uomo Divino. Come l’uomo è composto di organi e apparati, che però funzionano come un tutto unico, così il Regno Celeste è distinto in società, che operano come un insieme integrato e armonico. Questa idea è molto cabalista: Adam Kadmon è allo stesso tempo specchio del divino e archetipo della Creazione, uomo primordiale che reca l’impronta dell’Unico ma dal quale inizia la formazione del molteplice. Vi è un testo cabalistico, il Si’ur Qomah, La misura della statura (in Busi e Loewenthal, a cura di, 1985), che descrive la figura di Dio in termini giganteschi e incommensurabili a mente umana, atti a esprimere al meraviglia e la limitatezza del devoto di fronte all’Essere infinito, e Swedenborg riprende queste espressioni di estatica ammirazione di fronte alle società celesti.
William Blake, The Complete Illuminated Book, tempera su carta, 1790-95, Londra, Tate Gallery
In un altro punto Swedenborg parla dello spazio celeste diviso in quattro regioni, determinate dal Sole. Il mondo celeste è illuminato da Dio come il mondo terreno è illuminato dal Sole, e Dio, fonte di luce, di bene, di verità, illumina la volta celeste come l’anima umana, manifestandosi a quest’ultima come Sole o come Luna a seconda che essa lo percepisca con l’amore o con la fede. Le quattro direzioni dello spazio sono determinate dalla posizione del Sole Divino, e gli angeli, costitutivi delle società che a loro volta sono costitutive del Cielo, hanno lo sguardo rivolto a Oriente, perché là vi è il Signore. L’organizzazione dello spazio in senso e verticale e orizzontale, sì che l’Oriente diventa la meta del cammino ascensionale, riprende il tema dell’Oriente nella mistica sufi, laddove si leva al pellegrino il Sole spirituale, che illumina il mondo delle anime celesti a cui immagine è costituita l’anima umana.
Gli angeli e i demoni che Swedenborg vede nel suo aldilà sono assolutamente uomini: sia nel senso che hanno forma umana, sia in quello che sono stati una volta uomini sulla Terra o su un altro pianeta. Gli spiriti pertanto sono uomini disincarnati, o comunque individui che hanno rivestito la condizione umana, anche se non necessariamente sul nostro pianeta. La vita sulla terra è una preparazione alla vita nell’aldilà. L’uomo considerato in se stesso è uno spirito, poiché il corpo è solo uno strumento dello spirito, per la durata dell’esistenza materiale, e un vuoto involucro destinato a dissolversi per lasciare uscire la persona reale della vita ultraterrena. La vita spirituale è la vera vita, cui la vita materiale si conforma, in base al principio della corrispondenza. Esiste una stretta continuità tra la vita terrena e l’aldilà, dove l’individuo continua ad essere ciò che è stato in vita, coi suoi vizi e le sue virtù; ma anche con delle vesti e delle case, che sono a lui donate da Dio in conformità della sua condizione spirituale. Così, ad esempio, i palazzi con le porte di perle e le fondamenta di pietre preziose descritti nell’Apocalisse sono la dimora di spiriti di condizione estremamente elevata.
Esiste una legge che regola la relazione tra il mondo spirituale e il mondo terreno, come pure l’organizzazione del mondo spirituale, ed è il principio della corrispondenza. In base ad esso, ogni cosa ha un suo principio nel Cielo, ed ogni cosa celeste ha un suo principio in una regione più elevata del Cielo, fino ad arrivare alla mente di Dio. Questa legge spiega come i mondi superiori agiscano sugli inferiori, attraverso gli “influssi”, e come poi i vari mondi si strutturino al loro interno. Le società angeliche trovano infatti una loro ragion d’essere nell’affinità degli spiriti che le compongono, affinità che esistono tra loro e con un principio spirituale superiore. Il tempo e lo spazio sono a loro volta organizzati in base a questo principio. Lo spazio è in realtà la differenza di stato tra due entità, e quindi la loro relativa vicinanza e lontananza è data dalla loro conformità spirituale. Avvicinarsi spiritualmente può comportare superare distanze immense. Il tempo è l’intervallo tra due cambiamenti di stato: nell’aldilà non ci sono anni, giorni e mesi, ma solo cambiamenti di stato. Per eternità si intende uno stato che perdura, e non un tempo infinito. E tuttavia gli angeli non sono inoperosi, né dediti esclusivamente a musiche, cori e canti come l’iconografia tradizionale li dipinge. Essi si beano di eseguire la volontà divina, e le società celesti sono organizzate proprio in base all’adempimento dei compiti che il governo dell’universo comporta, e che Dio esegue attraverso la mediazione degli angeli. Anche la comunicazione e il pensiero degli angeli si svolgono secondo il principio della corrispondenza. Gli angeli comunicano guardandosi in volto, e trasmettendosi il pensiero. A questo modo, non possono fingere o dissimulare. Quando comunicano con l’uomo, avviene un passaggio da spirito a spirito, e poi nella mente dell’uomo il pensiero assume una forma linguistica attraverso la comunicazione con gli organi della fonazione. Anche perché in Cielo c’è una sola lingua, universale.
Gli angeli e i demoni che Swedenborg vede nel suo aldilà sono assolutamente uomini: sia nel senso che hanno forma umana, sia in quello che sono stati una volta uomini sulla Terra o su un altro pianeta. Gli spiriti pertanto sono uomini disincarnati, o comunque individui che hanno rivestito la condizione umana, anche se non necessariamente sul nostro pianeta. La vita sulla terra è una preparazione alla vita nell’aldilà. L’uomo considerato in se stesso è uno spirito, poiché il corpo è solo uno strumento dello spirito, per la durata dell’esistenza materiale, e un vuoto involucro destinato a dissolversi per lasciare uscire la persona reale della vita ultraterrena. La vita spirituale è la vera vita, cui la vita materiale si conforma, in base al principio della corrispondenza. Esiste una stretta continuità tra la vita terrena e l’aldilà, dove l’individuo continua ad essere ciò che è stato in vita, coi suoi vizi e le sue virtù; ma anche con delle vesti e delle case, che sono a lui donate da Dio in conformità della sua condizione spirituale. Così, ad esempio, i palazzi con le porte di perle e le fondamenta di pietre preziose descritti nell’Apocalisse sono la dimora di spiriti di condizione estremamente elevata.
Esiste una legge che regola la relazione tra il mondo spirituale e il mondo terreno, come pure l’organizzazione del mondo spirituale, ed è il principio della corrispondenza. In base ad esso, ogni cosa ha un suo principio nel Cielo, ed ogni cosa celeste ha un suo principio in una regione più elevata del Cielo, fino ad arrivare alla mente di Dio. Questa legge spiega come i mondi superiori agiscano sugli inferiori, attraverso gli “influssi”, e come poi i vari mondi si strutturino al loro interno. Le società angeliche trovano infatti una loro ragion d’essere nell’affinità degli spiriti che le compongono, affinità che esistono tra loro e con un principio spirituale superiore. Il tempo e lo spazio sono a loro volta organizzati in base a questo principio. Lo spazio è in realtà la differenza di stato tra due entità, e quindi la loro relativa vicinanza e lontananza è data dalla loro conformità spirituale. Avvicinarsi spiritualmente può comportare superare distanze immense. Il tempo è l’intervallo tra due cambiamenti di stato: nell’aldilà non ci sono anni, giorni e mesi, ma solo cambiamenti di stato. Per eternità si intende uno stato che perdura, e non un tempo infinito. E tuttavia gli angeli non sono inoperosi, né dediti esclusivamente a musiche, cori e canti come l’iconografia tradizionale li dipinge. Essi si beano di eseguire la volontà divina, e le società celesti sono organizzate proprio in base all’adempimento dei compiti che il governo dell’universo comporta, e che Dio esegue attraverso la mediazione degli angeli. Anche la comunicazione e il pensiero degli angeli si svolgono secondo il principio della corrispondenza. Gli angeli comunicano guardandosi in volto, e trasmettendosi il pensiero. A questo modo, non possono fingere o dissimulare. Quando comunicano con l’uomo, avviene un passaggio da spirito a spirito, e poi nella mente dell’uomo il pensiero assume una forma linguistica attraverso la comunicazione con gli organi della fonazione. Anche perché in Cielo c’è una sola lingua, universale.
William Blake, The Complete Illuminated Book, tempera su carta, 1790-95, Londra, Tate Gallery
L’Inferno ha una organizzazione simmetrica a quella del Cielo. Come nel Cielo esistono tre livelli, corrispondenti a tre livelli di perfezione e di vicinanza a Dio, così anche nell’Inferno esistono tre gradi, che Swedenborg chiama, a partire dal basso, Diavolo, Satana e Lucifero. Per il visionario svedese infatti con questi nomi ci si riferisce non ad una entità negativa, ma ad una condizione spirituale. L’Inferno non è assegnato da Dio come punizione, perché un Dio infinitamente buono non potrebbe infliggere una dannazione, per di più eterna, ad un suo figlio, ma è liberamente scelta dallo spirito sulla base ancora una volta del principio della corrispondenza o dell’affinità. Quando infatti avviene il trapasso, lo spirito va in una condizione intermedia che costituisce uno dei tre Regni del mondo ultraterreno, assieme al Cielo e all’Inferno: il Mondo degli Spiriti. Qui, in qualche modo, esso si riorienta, si abitua alla nuova condizione, in primo luogo constatando che è ancora vivo dopo il passaggio della morte; poi a poco a poco si accinge a scegliere la sua condizione futura. Il Mondo degli Spiriti infatti è una immensa vallata, in cui si aprono sia delle alture e dei passaggi verso l’alto, verso il mondo ascensionale del Cielo, sia delle conche, delle feritoie, dei precipizi che portano verso il basso nel mondo di perdizione dell’Inferno. Lo spirito liberamente sceglie la condizione che sente a lui più affine perché è inequivocabilmente attratto solo da quella. Egli subisce il richiamo di quelle società con cui in vita ha avuto una comunanza di pensieri e affetti, e se esse sono società infernali, volgerà la faccia verso di loro in quanto spirito che si destina al male, mentre se ne ritrarrà inorridito se aspira verso l’alto. Non ha alcuna importanza, ad esempio, che dal basso provengano fetidi miasmi e odor di cadaveri, mentre dall’alto profumi balsamici e delicate fragranze: uno spirito di bassa condizione sarà attratto dai primi e aborrirà i secondi. Anche perché esso è dominato dal desiderio, dall’avidità, dall’impulso, e sente che solo nel mondo infernale può dar libero sfogo alle sue passioni e alla sua concupiscenza. E in un certo senso a ragione: infatti il mondo del Cielo è retto dalla volontà di Dio e dall’amore del prossimo, e lì dunque il bene consiste nello spossessarsi del proprio desiderio egoistico per fare solo la volontà del padre. All’Inferno invece chi comanda è l’egoismo, la gerarchia è stabilita in base alla forza e alla prepotenza del desiderio e coloro che sono più in alto tengono assoggettati gli altri con la paura, con la prevaricazione e con l’inganno, ma comunque tutti sono uniti da un interesse comune, quello di soddisfare solo ed esclusivamente il proprio piacere. Ed essi costituiscono le loro società a questo fine, nella speranza di potere uniti placare quel desiderio nel quale trovano reciproca affinità. Il fuoco è simbolicamente il fuoco della concupiscenza che brucia dall’interno chi né è soggetto, lo stridore di denti è l’irrequieto arrabattarsi per soddisfarlo.
Come fa notare Lachman (2004), la visione di Swedenborg è improntata da una forte etica protestante. In Paradiso, nessuno è inoperoso: ogni angelo ha il suo lavoro a seconda del suo affetto, e la gioia nel Cielo consiste che ciascuno concorra, per la propria parte, all’ordine e all’armonia universale. La conoscenza degli angeli consiste in ciò che essi fanno, essi imparano solo ciò che può essere oggetto di una loro azione, e il sapere che si limita a istruire senza rinvigorire l’attività è inutile, anche perché ciò che importa non è l’apparenza esteriore, ma la realtà interiore, dove la volontà regna sovrana, anche al di sopra dell’intelligenza. Anche l’Inferno è un luogo di incessante, indefessa attività, solo che questa è volta alla soddisfazione dell’interesse e piacere personale, all’interno di comunità dove i più egoisti e corrotti attraggono via via gli altri con l’astuzia e la promessa di un bene illusorio, rispetto al quale i tormenti e le punizioni non sono che l’adeguato ricompensa alla credula stupidità della concupiscenza. Swedenborg non ha mai parlato di reincarnazione, e il suo Paradiso e il suo Inferno sono eterni, mentre temporanea è solo la permanenza nel Mondo degli Spiriti, preparatoria alla condizione futura. In questo egli condivide la morale del Cristianesimo tradizionale, che considera insieme limitata e immensamente importante la nostra presenza sulla terra, perché non c’è una possibilità ulteriore, che in questa prospettiva sarebbe antietica, in quanto diluirebbe l’onore e l’onere della responsabilità della vita attuale.
Come fa notare Lachman (2004), la visione di Swedenborg è improntata da una forte etica protestante. In Paradiso, nessuno è inoperoso: ogni angelo ha il suo lavoro a seconda del suo affetto, e la gioia nel Cielo consiste che ciascuno concorra, per la propria parte, all’ordine e all’armonia universale. La conoscenza degli angeli consiste in ciò che essi fanno, essi imparano solo ciò che può essere oggetto di una loro azione, e il sapere che si limita a istruire senza rinvigorire l’attività è inutile, anche perché ciò che importa non è l’apparenza esteriore, ma la realtà interiore, dove la volontà regna sovrana, anche al di sopra dell’intelligenza. Anche l’Inferno è un luogo di incessante, indefessa attività, solo che questa è volta alla soddisfazione dell’interesse e piacere personale, all’interno di comunità dove i più egoisti e corrotti attraggono via via gli altri con l’astuzia e la promessa di un bene illusorio, rispetto al quale i tormenti e le punizioni non sono che l’adeguato ricompensa alla credula stupidità della concupiscenza. Swedenborg non ha mai parlato di reincarnazione, e il suo Paradiso e il suo Inferno sono eterni, mentre temporanea è solo la permanenza nel Mondo degli Spiriti, preparatoria alla condizione futura. In questo egli condivide la morale del Cristianesimo tradizionale, che considera insieme limitata e immensamente importante la nostra presenza sulla terra, perché non c’è una possibilità ulteriore, che in questa prospettiva sarebbe antietica, in quanto diluirebbe l’onore e l’onere della responsabilità della vita attuale.
FONTE E ARTICOLO COMPLETO:http://www.axismundi.biz/?page_id=451
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