L'amore divino nella Creazione

lug 2, 2015 0 comments

Di Simone Weil

Platone: “Timeo”
“Tutto ciò che è prodotto proviene necessariamente da un autore. E’ assolutamente impossibile che senza autore vi sia produzione. Quando l’artista guarda a ciò che è eternamente identico a se stesso e, applicandosi a quello come a un modello, ne riproduce l’essenza e la virtù, una misura della bellezza perfetta è così necessariamente compiuta. Se guarda a ciò che passa, se il suo modello passa, ciò che fa non è bello”
Queste poche righe racchiudono una teoria della creazione artistica. Non c’è vera bellezza se l’opera d’arte non procede da un’ispirazione trascendente (il modello trascendente significa semplicemente la fonte della vera  ispirazione). Un’opera d’arte che si ispiri ai fenomeni sensibili o psicologici può essere di primissimo ordine. Questo si verifica sperimentalmente. Non possiamo rappresentare la creazione se non mediante la trasposizione di un’attività umana; ma mentre oggi si prende quale punto di partenza un’attività come quella di un fabbricante di orologi, il che trascina in mille assurdità non appena si tenta una trasposizione, Platone sceglie un’attività che, per quanta umana, ha già qualcosa di soprannaturale. Inoltre, la legittimità di questa analogia è verificabile. Non si riuscirà mai a trovare abbastanza finalità visibile nel mondo per provare che esso è analogo a un oggetto fabbricato in vista di un fine… E’ addirittura manifesto il contrario. Ma l’analogia tra il mondo e un‘opera d’arte ha la sua verifica sperimentale nel sentimento stesso della bellezza del mondo., perché il bello è la sola fonte del sentimento del bello. La verifica non vale se non per quelli che hanno provato questo sentimento, ma quelli che non l’hanno mai provato, e sono senza dubbio rarissimi, non possono forse essere condotti a Dio per nessuna via. Paragonando il mondo ad un’opera d’arte, non soltanto l’atto della creazione ma la provvidenza stessa si trova assimilata all’ispirazione artistica.  Vale a dire che nel mondo, come nell’opera d’arte, c’è finalità senza alcun fine rappresentabile. Tutte le fabbricazioni umane sono adeguamenti di mezzi in vista di fini determinati, salvo l’opera d’arte ove vi sia adeguamento di mezzi, nella quale c’è evidentemente, finalità, ma non si può concepire nessun fine. In un certo senso il fine non è altro che l’insieme stesso dei mezzi impiegati; in un certo senso il fine è assolutamente trascendente. Accade esattamente lo stesso per l’universo e per il corso dell’universo, il cui fine è eminentemente trascendente e non rappresentabile, perché è Dio stesso. L’arte è dunque l’unico termine di paragone legittimo. Di più: solo questo paragone conduce all’amore. Ci si serve di un orologio senza amare l’orologiaio, ma non si può ascoltare con attenzione un canto perfettamente bello senza amare l’autore del canto ed il cantore. Reciprocamente, l’orologiaio non ha bisogno di amare per fare un orologio, mentre la creazione artistica (quella che non è demoniaca né semplicemente umana) non è altro che amore.
“E’ un’impresa trovare il creatore e padre di quest’universo, e colui che l’ha trovato non ha la possibilità di esporlo a tutti. Esaminiamo dunque ancora, a suo proposito, quale dei due modelli ha scelto il carpentiere per eseguirlo, se quello che è identico a se stesso e così com’è, o quello che passa. Se questo mondo è bello, se l’artista è buono, evidentemente egli ha guardato all’eterno; in quel caso invece che neppure è lecito dire, a quello che passa. Ora, è del tutto manifesto che egli ha guardato all’eterno. Poiché l’uno è la più bella delle opere, l’altro il più perfetto degli autori. Sicchè questo mondo generato è stato eseguito secondo l’essere identico, afferrato dall’intelligenza e dalla ragione”
“Diciamo ora per quale ragione il compositore ha composto un divenire e questo universo. Egli era buono e, in chi è buono, in nessun caso, in nessun modo, mai si produce l’invidia. Essendo senza invidia egli ha voluto che tutte le cose siano buone e che nessuna cosa sia privata del valore che le è proprio…”
“Bisogna dire che questo mondo è un essere vivente, che ha un’anima, che è un essere spirituale, e che in verità è stato generato tale dalla provvidenza di Dio
Ammesso questo, ciò che bisogna nominare in seguito è quello tra gli esseri viventi a somiglianza del quale il compositore ha composto il mondo. Non è alcuno di quelli che sono essenzialmente parziali. Sarebbe cosa indegna, perché ciò che somiglia all’imperfetto non può essere bello. Solo a colui che contiene gli esseri viventi, considerati individualmente e nelle loro specie, come parti, il mondo è del tutto simile. Questo essere contiene in sè  tutti gli spiriti viventi; allo stesso modo il mondo comprende in sé noi stessi e tutti i viventi visibili. perché Dio ha voluto che il mondo somigliasse interamente a quello tra gli esseri spirituali che è assolutamente bello e sotto ogni aspetto assolutamente perfetto; e ha composto un essere vivente visibile, unico, che ha nel suo interno tutti gli esseri viventi che gli sono affini per natura.. affinché, per unità, esso fosse simile all’essere assolutamente perfetto, per questa ragione il creatore non ha creato due mondi o innumerevoli mondima è nato, esiste, esisterà un solo cielo. questo, che è figlio unico.”
Platone, quando dice il mondo o il cielo, vuol dire essenzialmente l’Anima del Mondo; così come noi, quando chiamiamo un amico per nome, abbiamo nel pensiero la sua anima e non il suo corpo. Questo essere che Platone chiama l’Anima del mondo è il Figlio di DioPlatone dice “monogenes”, come San Giovanni. Il mondo visibile è il suo corpo. Ciò non implica alcun panteismo: egli non è nel mondo visibile, così come la nostra anima non è nel nostro corpo. Platone lo dice esplicitamente altrove. “L’Anima del mondo è infinitamente più vasta della materia, contiene la materia e la avvolge da tutte le parti.” Essa è stata generata prima del mondo visibile , prima che vi fosse un tempo, quindi dall’eternità. Comanda al mondo materiale come il padrone allo schiavo. Contiene in sé la sostanza di Dio unita al principio della materia.
Il Modello a somiglianza del quale l’Anima del Mondo è generata è un vivente spirituale, o uno spirito vivente. E’ dunque una persona. E’ lo spirito assolutamente perfetto in ogni senso. E’ dunque Dio. Vi sono dunque tre persone divine, il Padre, il Figlio unico e il Modello. Per comprendere come la terza persona possa essere chiamata  il Modello, bisogna riportarsi al paragone che è al principio del Timeo, il paragone con la creazione artistica. L’artista di primissimo ordine lavora secondo un modello trascendente, che egli non si rappresenta, che per lui è solo la fonte soprannaturale dell’ispirazione. Se si sostituisce modello con ispirazione, la giustezza di questa immagine applicata allo Spirito Santo è evidente. Anche concependo il paragone nella sua forma più grossolana, per un pittore che fa un ritratto, il modello è il legame tra l’artista e il quadro.
“L’anima (cioè l’Anima del Mondo), egli la pose al centro; la estese attraverso tutto e ancora al di fuori dell’universo corporeo e ve lo ravvolse, e arrotolando in cerchio un cielo circolare, lo stabilì uno, unico, solitario, capace per virtù propria di essere il proprio compagno, non avente bisogno di nulla che fosse altro da lui, conosciuto e amato abbastanza lui stesso da lui stesso. In tal modo generò questo Dio beato.”
“Egli ha stabilito l’Anima (del Mondo), prima in rapporto al corpo, così in anzianità come in dignità, e l’ha data al corpo come padrona e sovrana a cui obbedire.”
“Tutta questa composizione, egli la tagliò in due nel senso della lunghezza; poi applicò le parti l’una sull’altra per il mezzo, come nella lettera chi; le curvò in cerchio e le saldò l’una all’altra di fronte al punto d’incrocio; poi le avvolse nel movimento che gira in modo identico nel medesimo luogo”.
Questa composizione è la sostanza dell’Anima del Mondo, fatta di una sintesi della sostanza divina stessa e del principio della materia.
Or ora Platone ha detto che l’Anima del Mondo, il Figlio unico, è un Dio beato, conosciuto e amato lui stesso da lui stesso. In altri termini, egli ha in sé la vita beata della TrinitàMa qui Platone mostra questo stesso Dio lacerato. E’ il rapporto con lo spazio e il tempo a costituire questa lacerazione, che è  già una sorta di Passione. Anche San Giovanni nell’Apocalisse (13,9) parla dell’Agnello che è stato sgozzato fin dalla costituzione del mondo. Le due metà dell’Anima del Mondo sono incrociate l’una sull’altra; la croce obliqua, ma è pur sempre una croce. Ma di fronte al punto d’incrocio esse sono ricongiunte e saldate., e il tutto è avvolto dal moto circolare, moto che non cambia niente, che si richiude su se stesso; immagine perfetta dell’atto eterno e beato che è la vita della Trinità.
I due cerchi che servono qui d’immagine a Platone sono quello dell’equatore, che determina il moto diurno del cielo delle stelle fisse, e quello dell’eclittica che determina il moto annuo del sole. Il punto d’incrocio dei due cerchi è quello dell’equinozio di primavera (il fatto che l’anno presso gli antichi cominciava in molti paesi a primavera,mai, credo, in autunno, vieta di supporre che si tratti dell’equinozio d’autunno). Il punto dell’equinozio di primavera era, ai tempi di Platone, nella costellazione dell’Ariete; il sole si trova in quel punto al momento della Pasqua e la luna al punto equinoziale opposto. Se si leggesse Platone con le stesse disposizioni di spirito del Vecchio Testamento, forse si vedrebbe in queste righe una profezia. Grazie a questa prodigiosa combinazione di simboli Platone fa scorgere nel cielo stesso, e nel corso dei giorni e delle stagioni, un’immagine insieme della Trinità e della Croce.
“Quando il compositore ebbe suscitato secondo il suo pensiero tutta la composizione dell’Anima (del Mondo), stese poi all’interno tutto l’universo corporeo e li adattò l’un l’altro facendo coincidere i centri. L’Anima, egli la stese a partire dal centro, da ogni parte sino ai confini del cielo, e ne avvolse tutta la sfera del cielo dall’esterno. L’Anima, girando su se stessa, comincia il cominciamento divino di una vita inestinguibile e saggia per la totalità dei tempi. E  nacque il corpo visibile del cielo; e lei, l’anima visibile che partecipa della proporzione e dell’armonia, nata come la perfezione degli spiriti generati dalla perfezione degli spiriti eterni”
Questi due plurali non devono trarre in inganno. La loro ragion d’essere è puramente grammaticale: sono conseguenza dei superlativi. Ciò non toglie che il Padre e il Figlio sia un essere unico.
Questo passo dimostra che nel mito di Fedro, quando Zeus passa dall’altro lato del cielo per cibarsi, egli mangia proprio il suo Figlio unico, e che si tratta di una trasposizione in Dio della comunione. Anche le anime beate lo mangiano.
La partecipazione dell’Anima del Mondo alla proporzione e all’armonia non deve intendersi soltanto della funzione ordinatrice del Verbo. Va intesa in un senso ben più profondo. Proporzione e armonia sono sinonimi. La proporzione è il rapporto stabilito tra due numeri da una media proporzionale; così 3 istituisce una proporzione tra 1 e 9, cioè 1/3=3/9. L’armonia è definita dai Pitagorici come l’unità dei contrari. La prima coppia di contrari sono dio e la creatura. Il Figlio è l’unità di questi contrari, la media geometrica che istituisce tra loro una proporzione, il Mediatore.

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