Il filo conduttore di tutta la teologia di Palamas è la distinzione tra
Questa distinzione risale a Filone Alessandrino e il monaco la fa sua ampliandola; egli infatti afferma che la sostanza divina è trascendente e non può essere concepita neanche dalle creature angeliche. Tuttavia l'esistenza trinitaria e personale di Dio può comunicare ai puri di cuore i suoi doni. L'esistenza di Dio comprende quindi una essenza incomunicabile e al tempo stesso un'energia operante nel creato: due modalità di esistenza del medesimo Dio che offre agli uomini (mediante le contemplazioni mistiche) una possibilità di conoscenza di sé non razionale ma esperienziale.
L'energia di Dio irradia amore, saggezza, vita e fa esistere le creature. Indica l'[atto]] con il quale Dio si manifesta .
Il mistico contempla la luce increata ed è reso luminoso: si dispone così alla quiete e alla pace interiore mediante la preghiera ininterrotta. Trasfiguratonell'anima raggiunge così la deificazione (in greco : Theosis) ossia prende parte diretta alla vita di Dio, diventando per Grazia ciò che Dio è per natura.
Il pensiero teologico di Gregorio Palamas è intimamente connesso con l'esperienza cristiana e, quindi, con la mistica. La sua non è teoria o semplice filosofia né, tantomeno, un pensiero di matrice "neoplatonica" come sostengono alcuni! Tra il neoplatonismo e Palamas c'è un abisso. Palamas è categorico: solo l’uomo spirituale può essere il trasmettitore di una tradizione spirituale che ha profondi legami con la tradizione dogmatica e ad essa rimanda costantemente. Un uomo che, sulla base della pura logica, presume di farlo conduce fuori strada. Costui viene definito “psichico”, ossia intellettuale. Gregorio ne ha chiara coscienza: “Chi si fida dei propri ragionamenti e delle indagini compiute attraverso di essi, perché pensa di trovare tutta la verità con distinzioni, sillogismi ed analisi, non può né conoscere le esperienze dell’uomo spirituale né credere in esse. In effetti costui è psichico: ‘ma chi è psichico’, dice ‘non riceverà le manifestazioni dello Spirito’, né può farlo: quindi chi non le conosce e non vi crede, come potrà renderle conoscibili e credibili, confrontandosi con gli altri? Per questo se uno insegna sulla sobrietà senza esichìa, senza la sobrietà dell’intelletto e senza l’esperienza dei suoi effetti spirituali ed ineffabili, ma invece conformandosi ai propri ragionamenti e cercando in tutti i modi d’indagare con la parola il bene superiore alla parola, è chiaramente caduto in un’estrema follia e, nella sua sapienza, è davvero divenuto pazzo, in quanto ha scioccamente supposto di poter esaminare con una conoscenza naturale le manifestazioni che sono superiori alla natura e le profondità di Dio conosciute solo dallo Spirito”[2].
Confrontandosi con Barlaam, Palamas si muove con questa precisa prospettiva: parte sempre dall'esperienza spirituale. Ed è perciò che egli difende la possibilità per i monaci di esperire la presenza di Dio sotto forma di luce non creata che, in realtà , è l'energia della Grazia divina. A tal proposito si rifà al famoso passo della trasfigurazione in cui i discepoli Pietro, Giacomo e Giovanni, vedendo personalmente la trasfigurazione di Gesù sul monte Tabor, hanno visto effettivamente la luce increata di Dio. Anche altri in certe condizioni possono pervenire alla visione della medesima luce increata. Questa "fotofania", sempre dono gratuito di Dio, richiede la pratica dell'ascetismo monastico nell'esichìa (tranquillità ) e nella continua preghiera del cuore. Nel loro percorso di ascesi tutti gli uomini passano attraverso tre stadi: la purificazione, l'illuminazione e la divinizzazione. Questi stadi si raggiungono nell'armoniosa collaborazione dell'uomo con la grazia, senza alcun automatismo omeccanicismo. La deificazione, ossia lo stadio supremo, comporta la comunione completa dell'uomo con Dio e la rivelazione di Dio all'uomo stesso già su questa terra, seppur in modo non permanente.
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