John Dee (Londra, 13 luglio 1527 – Mortlake, 26 marzo 1608) è stato un matematico, geografo e alchimista inglese, presso la corte della regina Elisabetta I. Figlio unico di Roland Dee (mercante in tessuti e sarto alla corte di Enrico VIII), dopo aver frequentato il St. John’s College a Cambridge, si sposta nei Paesi Bassi, dove si laurea all’università di Lovanio.
Tornato per un breve periodo in Inghilterra, si trasferì poi in Francia dove divenne docente alla Sorbona di Parigi nel 1550. Tornato nuovamente in Inghilterra, ottenne la protezione di re Edoardo affinchè si dedicasse agli studi sull’astrologia . Grazie alla sua abilità come strologo ottenne il favore dell’alta aristocrazia (Maria Tudor, Elisabetta I, Massimiliano II di Boemia) ma ciò gli creò anche molti nemici, che lo accusarono anche di negromanzia.
Dee si occupò molto anche di cristallomanzia. Si narra che un giorno ricevette da un misterioso fanciullo un cristallo convesso che gli consentiva di comunicare con un’altra dimensione. Dee si narra avesse uno specchio con cui comunicava con entità angeliche enochiane.
Fu suo amico e collega Edward Kelly, personaggio ambiguo, falsario e alcolizzato, con fama di mistico.
Nel 1583 Dee andò in Polonia ospite del principe di Lasky, poi insieme a Kelly trascorse due anni a Praga presso l’imperatore Rodolfo II.
A Praga, Rodolfo II, imperatore di Germania, teneva una brillantissima corte insieme a Kelly.
Nel 1585, andò Cracovia presso il re Stefano. Stefano accettò di partecipare a una seduta magica, ma al momento clue si spaventò moltissimo, lasciando da solo Dee, del quale poi respinse ogni ulteriore proposta.
Dee tornò allora a Praga ma fu preso di mira da un certo Francesco Pucci, spia del Sant’Uffizzio, che su richiesta del vescovo di Piacenza, nunzio del papa, aveva istruzioni di condurlo a Roma davanti all’inquisizione. Dee si salvò grazie all’imperatore, che lo sottrasse al rogo, ma lo bandì dai suoi stati.
Dopo il soggiorno a Praga Dee si divise da Kelly che rimase lì e vi mori alcuni anni dopo, nel 1595, suicidandosi per sfuggire alle torture dell’Imperatore Rodolfo II che voleva gli rivelasse i segreti dell’alchimia.
Un suo allievo, il nobile Guglielmo Ursino, signore di Rosenberg, burgravio di Boemia, dopo averlo difeso di fronte a Rodolfo II, l’ospitò nel suo castello di Tresbona dove rimase dal 1586 al 1589.
Dee, tornato in Inghilterra viene nominato dalla regina direttore del collegio di Manchester.
Dopo la morte di Elisabetta nel 1603, la vita e la salute di Dee si deteriorarono rapidamente. La sua reputazione come mago continuò ad intralciarlo e persino al College di Manchester incontrò ostilità.
Il successore della regina, Giacomo I, autore di "Demonologia", in seguito divenuto il testo dei cacciatori di streghe, lo trattò sfavorevolmente, ma gli permise di vivere in relativa pace per il resto della sua vita.
Dee, abbandonò volontariamente l’incarico a Manchester nel 1604 e fece ritorno alla sua casa di Mortlak dove morì in povertà nel 1608.
La più famosa opera di Dee fu probabilmente la “Monade Geroglifica”, pubblicata a Londra nel 1564. Monade, che significa unico, rappresenta la sostanza semplice, indivisibile, inestesa e di natura spirituale che costituisce l'elemento ultimo delle cose.
Dee riassume in ventiquattro teoremi le caratteristiche della Monade Geroglifica, che egli afferma racchiudere gli elementi fondamentali della conoscenza esoterica.
La Monade è composta dal Sole, dalla Luna, dalla Croce che simboleggia i quattro elementi e dal Fuoco che li separa. Essa incorpora i simboli dei pianeti e degli elementi e rispetta proporzioni di grande importanza matematico-esoterrca.
Dee tenta così di esprimere in un simbolo l'omogeneità dell'Universo e del Creatore, ogni elemento individuale essendo descritto come componente rapportato alla Monade, rappresentato come emblema Mercuriale combinato con il punto e il Crescente Binario.
A seguire i primi tre Teoremi della Monade:
Teorema I:
“E’ mediante la linea retta e il cerchio che i primi e più semplici esempi di rappresentazione di tutte le cose possono essere dimostrati, sia che queste cose siano esistenti o soltanto nascoste sotto il velo della Natura.
Teorema II:
“Non è possibile riprodurre artificialmente né il circolo senza la linea, né la linea senza il punto. E’ pertanto per virtù del punto e della Monade che tutte le cose cominciano ad emergere in principio. Ciò che è influenzato alla periferia, per quanto grande possa essere, non può in nessun modo fare a meno del supporto del punto centrale.”
Teorema III:
“Per questo motivo, il punto centrale che vediamo al centro della Monade geroglifica produce la Terra, attorno alla quale il Sole, la Luna e gli altri pianeti seguono i rispettivi percorsi. Il Sole ha la massima dignità e lo rappresentiamo con un cerchio che ha un centro visibile”.
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