Il pensiero politico di Camillo Berneri
Di Nico Berti *
Sintetizzando al massimo, possiamo dire che il punto
fondamentale è questo: per Berneri la rivoluzione anarchica è
un’utopia, mentre è possibile una rivoluzione sociale che sia fin
dall’inizio integralmente orientata in senso libertario.
Ciò che conta
non è la radicalità della trasformazione, ma la direzione assunta dalla
marcia rivoluzionaria. E possibile fin dall’inizio una rivoluzione
sociale orientata libertariamente perché la società esistente contiene
molti elementi della società futura quali il sindacato, la corporazione, il
comune. Si tratta di valorizzarli con una strategia che sappia «additare
mete immediate, interpretando reali e generali bisogni, rispondendo a
sentimenti vivi e comuni». Ciò che Berneri propone è insomma non
una rottura con l’ immaginario sociale vigente, ma un mutamento
fondato su una diversa combinazione degli elementi già esistenti. Il
rivoluzionario odierno deve essere allo stesso tempo il «guerriero e il
produttore, l’insorto e il cittadino», la sua azione deve essere un
momento di rottura, ma anche di continuità.
In tal modo la sintesi berneriana di sovietismo, comunalismo e
sindacalismo sfocia nell’eclettismo. La sua logica porta ad una
propositività moderata perché Berneri, nel tentativo di conciliare le
istanze di un programma concreto con i princìpi ideologici della
pluralità, è costretto a dare ad ogni tendenza il proprio spazio. Ne
discende che ogni estremismo dottrinario è escluso a priori. Per Berneri
bisogna adattare (e a volte anche piegare) il programma anarchico alle
condizioni storiche date, modellandolo secondo le tradizioni eie
caratteristiche di ogni Paese, come ben precisa durante il dibattito
intemazionale sui compiti dell’anarchismo. Occorre partire dalla
elementare constatazione che «i problemi sono quelli che sono,
risolvibili nel quadro di una data maturità politica e morale, di un dato
complesso di fattori economici obiettivi», che insomma il calcolo di
ogni strategia è «un calcolo di forze».
Lo scopo fondamentale di questa ampia integrazione deve essere
l’identificazione della società politica con la società civile, fino ad
un unico indirizzo economico. Devono pertanto coesistere un’economia
socialista e un’economia liberale, senza nulla concedere a forme
demagogiche di assistenzialismo parassitario, visto che il socialismo
non è riuscito comunque ad elaborare una reale e credibile teoria della
socializzazione.
Il risultato è il mantenimento della piccola proprietà, il conseguente
rifiuto delle requisizioni forzate a favore della città e a scapito
della campagna, e l’apertura a dispetto del mito industrialista di un
indirizzo ruralistico ' (non in contrasto però con lo sviluppo indu -
striale). Inoltre, il programma della transizione deve contemplare la
ragionevole conciliazione tra una concezione ludica del lavoro e la
disciplina imposta dalle esigenze razionalizzanti, opponendosi, con la
rivendicazione di una nuova etica intesa a dare dignità alla figura del
lavoratore, sia alla massificazione taylorista, sia all’utopia di
un’abolizione totale del lavoro e della fatica. L’avvicinamento alla
società libertaria dovrebbe infine essere completato dal sostegno
anarchico ad una minima legislazione penale, senza la quale non
sarebbe possibile la ripresa immediata della vita civile all’ indomani
della vittoria rivoluzionaria.
Come si vede, Berneri è attento alla formulazione di un programma
aperto e possibilista, alla delineazione di un criterio metodologico più
che alla individuazione di obiettivi precisi. E soprattutto è ancora più
attento a che l’anarchismo non rimanga tagliato fuori dal gioco politico
a causa del suo estremismo ideologico.
* Nico Berti-Un'idea esagerata di libertà pg 166-167
Commenti
Posta un commento
Partecipa alla discussione