Di Massimo Scaligero
Esiste un sovrasensibile: importante è identificarlo.
Questo sovrasensibile è il pensiero stesso: esso è lo Spirito. Ma esso esige essere conquistato: i teoreti cercano in idee il sovrasensibile; vengono edificate immani cattedrali di concetti dai filosofi; tutto ciò tramite il pensiero. Tutti continuamente pensano e non si accorgono che ciò che cercano è contenuto già in ciò che usano da sempre: il pensiero.
Pensano qualcosa con il pensiero, non pensano il pensiero stesso; non pensano in modo che il pensiero riveli il suo contenuto, che è il suo proprio Essere trascendente. Ogni volta che l’uomo conosce, la forza del pensiero si accende in lui, naturalmente inavvertita, perché egli è attirato dall’oggetto del conoscere: sperimenta l’oggetto o il conosciuto, piuttosto che la forza che produce la conoscenza. La natura verace del pensiero deve manifestarsi nell’uomo, ma non gratuitamente, bensì in quanto egli liberamente lo decida e perciò lo voglia, lottando nella psiche e nel mentale che glielo impedisce. La più alta esperienza che l’uomo può ricevere è realizzare in sè come evento cosciente, la trascendenza del pensiero. In verità il conoscere dell’uomo non ha altro scopo. Non è l’insieme delle conoscenze totali che può fare innalzare l’uomo, ma l’esperienza della forza che realizza il conoscere. In genere, si sa di stare pensando, ma si ignora che pensando si nuota nell’essenza del mondo, nell’essenza che trascende il mondo. Il mondo non è quello che appare, ma attraverso quello che appare tende ad essere conoscenza. Il miracolo e il mistero del pensare è di continuo a portata di mano dell’uomo: ogni giorno in lui, dentro di lui, ma sempre discreto ed educato, mai invadente o coercitore. E’ lì che attende di essere conosciuto, incontrato, ma solo qualora l’uomo liberamente lo decida. Nel pensiero l’uomo dispone del germe dell’immortalità. E’ il segreto potere di trascendenza del pensiero, che di continuo supera il molteplice, compie sintesi di sintesi, intuisce archetipi, unisce i concetti mediante idee, e può unire le idee in un’unica categoria.Questo potere di sintesi tuttavia, non conduce l’uomo a scoprire il segreto da cui nasce il pensiero, perché comunque, il pensiero non si rivolge a sé stesso, ma sempre ad un oggetto da pensare: esso esige sempre un oggetto da pensare, con ciò non vede mai sé stesso. Così come l’occhio per far vedere il mondo deve rinunziare a poter sapere di sé e a vedersi. Il pensiero può riuscire a vedere sé stesso, ossia a conoscere il suo vero essere, solo se l’uomo apprende l’arte della concentrazione, o della meditazione: in tal modo può afferrare il suo moto. Da pura sola attività di forza diviene manifestazione di una sostanza che sa di essere. Chi lo afferra è l’Io nel pensiero: l’Io a cui raramente è dato essere l’osservatore o il suscitatore dei propri pensieri, essendo sempre al centro del moto dei propri pensieri: essendone la vita. Non vi è concatenazione di pensieri che non si svolga in quanto l’Io è il soggetto immancabile, anche se, come tale, non riconosciuto. Ma quando l’Io afferra il suo movimento nel pensiero, egli viene a sapere della sua identità con il Logos.
Fonte: www.coscienza.org
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