Il nome di Valentin Weigel dice poco al pubblico moderno. Nato nel 1533 nell’area di Dresda, Weigel non ebbe infatti una vita particolarmente avventurosa, esercitando il ministero ecclesiastico nel piccolo villaggio di Zschopau, nella Sassonia occidentale. Anche le sue numerose opere di teologia non ebbero molto successo, surclassate dai lavori ben piu’ importanti di Lutero eThomas Müntzer.
Eppure Weigel ha lasciato un segno rilevante nel pensiero religioso tedesco del XVII secolo, influenzando le teorie metafisiche di Johann Arndt e Gottfried Leibniz. Soprattutto le sue idee sono alla base della teosofia, movimento spirituale fondato da Helena Petrovna Blavatsky a New York nel 1875. La dottrina teosofica mira infatti ad individuare le leggi universali che stanno alla base della vita naturale, svelando le potenzialità nascoste dell’essere umano; alcuni echi di questa concezione si trovano già negli scritti di Weigel, nettamente ispirati dalle teorie alchemiche diParacelso.
Nella sua opera piu’ famosa Sapiens dominabitur Astris, tradotta in Inglese nel 1649, il teologo sassone sostiene la centralità dell’astrologia nel processo conoscitivo umano: gli influssi delle stelle rappresentano infatti la saggezza universale della natura, capace di separare definitivamente il bene dal male. L’uomo pero’ non puo’ godere completamente di questo sapere perchè limitato dagli effetti perniciosi del peccato originale. Entra dunque in gioco la teologia come strumento finale di salvezza e conoscenza, dono della grazia divina allo scellerato genere umano. Tramite lo studio della parola di Dio, l’uomo puo’ trasformare i suoi desideri in energia positiva, mettendo in contatto se stesso con l’infinito spirito creatore.
A prima vista la posizione di Weigel non sembra granché originale, e pare risentire apertamente di classici elementi della teologia protestante come la predestinazione e il ruolo delle Sacre Scritture nella salvezza dell’uomo. E tuttavia questi impulsi “riformisti” sono ancora intaccati da un eclettismo filosofico di tipo rinascimentale, che continua a vedere nel sapere profano un veicolo fondamentale di sviluppo dell’esperienza spirituale. Per Weigel infatti l’astrologia definisce ogni campo dell’azione umana, fornendo costante nutrimento all’anima nel suo processo di avvicinamento a Dio. Inoltre c’è una costante tendenza a fondere l’elemento corporeo con quello spirituale, considerando l’essere umano in tutta la sua complessità: a differenza della maggior parte dei teloghi suoi contemporanei, Weigel non considera dannosa la carnalità della vita terrena, consigliando solo una regolare purificazione attraverso preghiere ed esercizi ginnici. Anzi, la conoscenza scientifica dei meccanismi corporei viene incoraggiata per tutto il trattato in modo da agevolare la crescita spirituale del singolo individuo.
Per lo studioso tedesco, la differenza sostanziale è tra Macrocosmo e Microcosmo: il primo è il regno di Dio, il secondo quello della natura. Entrambi pero’ sono uniti nello spirito divino, presente in ogni cosa e capace di piegare sempre la materia ai propri nobili desideri. Da qui la superiorità della teologia sull’astrologia, che è solo lo strumento concesso all’uomo per conoscere i poteri nascosti del mondo naturale. Ma la verità risiede nel messaggio del Dio delle Scritture, da decifrare attraverso l’esegesi letteraria e la meditazione personale.
Questa sintesi originale tra spiritualità protestante e metafisica rinascimentale spiega bene l’isolamento di Weigel presso i suoi contemporanei: una simile concezione era infatti inaccettabile sia per i cattolici che per i luterani, in quanto ancora debitrice del paganesimo antico e delle correnti magico-spiritualitistiche del Quattrocento. Inoltre Weigel suggeriva anche la centralità del cuore nell’azione spirituale, vedendo tale organo come sede autentica dell’interiorità umana: concetto nuovamente estraneo all’ortodossia religiosa cinquecentesca e anticipatore - sotto molti aspetti - dei movimenti pietisti settecenteschi (Metodismo, Quaccherismo, Battismo).
Da questo punto di vista, Weigel ha rappresentato un autentico ponte spirituale tra l’età rinascimentale e quella contemporanea, aprendo nuove vie allo sviluppo della metafisica e della teologia cristiane. Già Leibniz dovette molto all’oscuro pensatore sassone, coltivandone le suggestioni nella sua teoria delle monadi; ma il messaggio weigeliano sarebbe stato compiutamente esplorato solo dai teosofi del XX secolo, in aperta polemica con tradizionalisti duri e puri come Julius Evola e René Guénon. La Blavatsky e i suoi successori sono dunque gli autentici eredi dell’eretico tedesco, capaci di riannodare i nodi del suo innovativo pensiero in una sintesi sempre ricca di apertura filosofica e tolleranza spirituale, aldilà di distinzioni sociali e concettuali.
In questo aspetto Weigel ha dato un contributo decisivo alla libertà religiosa, testimoniando l’importanza del dissenso individuale nell’evoluzione religiosa del genere umano.
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