Oltre il Big Bang: 5 teorie alternative su com’è nato l’universo

giu 7, 2015 0 comments
CMB

Di Roberto Paura

Quando, nel 1964, due radioastronomi americani s’imbatterono per la prima volta in quella che divenne subito nota come la radiazione cosmica di fondo dell’universo, i giochi sembrarono chiusi.

Predetta almeno vent’anni prima dal fisico George Gamow, la cosiddetta “eco” del Big Bang metteva la parola fine a decenni di accese dispute sull’origine dell’universo, confermando quello che oggi è noto come il modello standard cosmologico secondo cui il nostro universo è nato circa 13,7 miliardi di anni fa da un minuscolo “atomo primordiale” che, attraverso una rapidissima espansione, ancora oggi in corso, ha fatto sì che ci fosse qualcosa anziché il nulla.
Ma l’idea di una creazione dal nulla continua a non piacere a molti scienziati.
C’era forse qualcosa prima del Big Bang?
Questa domanda, una volta risolta con semplici ragionamenti riguardo l’inesistenza di un “prima”, che rispecchiava la risposta di Sant’Agostino alla domanda su cosa facesse Dio prima di creare il mondo, ha dato vita a nuove eccitanti ipotesi cosmologiche che potrebbero presto uscire dal ristretto ambito della pura teoria per essere sottoposte alla verifica sperimentale. Ecco i cinque paradigmi più “quotati”...
1. L’universo che rimbalza
Il modello standard della cosmologia: dopo il Big Bang, 13,7 miliardi di anni fa, un'era di inflazione e poi un rallentamento dell'espansione seguito dall'attuale accelerazione. Secondo Martin Bojowald della Pennsylvania University il Big Bang potrebbe essere stato piuttosto un “Big Bounce”, un grande rimbalzo. Secondo la teoria della relatività, applicata da Stephen Hawking e Roger Penrose allo studio dell’origine dell’universo, quel punto di dimensioni infinitesimali da cui ha avuto inizio tutto quanto è identico al punto al centro di un buco nero: una “singolarità”, un punto cioè in cui le leggi della fisica classica cessano di essere applicabili. Ma applicando la meccanica quantistica allo studio della relatività, si potrebbe riuscire a dimostrare che la singolarità all’inizio dell’universo non è realmente tale. La teoria detta della gravità quantistica a loop, una delle tante proposte per conciliare relatività e meccanica quantistica, suggerisce che prima del nostro universo un precedente universo in contrazione si è ridotto fino alle dimensioni di un punto minuscolo. Ma prima che si giunga alla singolarità, gli effetti quantistici della gravitazione impediscono il collasso dell’universo dando un vero e proprio calcio, che porta il cosmo a rimbalzare e ad espandersi nuovamente. Presentata per la prima volta nel 2007 su Nature Physics, questa tesi è stata proprio in questi giorni ampliata in un articolo su Physical Review Letter dimostrando che ben si concilia con le prove dell’inflazione cosmica, quel momento cioè che seguì il Big Bang di poche frazioni di secondo e che comportò un’espansione dello spaziotempo a un tasso accelerato. Se fino a oggi la teoria dell’inflazione è stata considerata un’ottima prova del modello standard cosmologico, ora potrebbe dimostrarsi non necessariamente collegata all’idea dell’origine dell’universo con il Big Bang, ma conciliarsi piuttosto con l’idea di un Big Bounce.
2. Effetto tunnel
A differenza della fisica classica, nella fisica quantistica una particella può superare una barriera spontaneamente senza bisogno di un apporto di energia.
Una delle cose più curiose che la fisica quantistica permette è il cosiddetto “effetto tunnel”: abbiamo imparato a scuola che un elettrone non può passare nell’orbitale superiore se non acquista energia, ma per la meccanica quantistica ciò può avvenire senza problemi. Detta altrimenti, una particella può superare una barriera apparentemente insormontabile senza alcun apporto di energia. E ciò perché, nel mondo probabilistico dei quanti, c’è una possibilità, per quanto minima, ma esistente, che un simile fenomeno possa avvenire.
E di fatto avviene: gli scienziati lo hanno osservato e hanno applicato questo effetto tunnel a diversi ritrovati informatici come le memorie flash. Ora, se estendiamo l’effetto tunnel all’universo, nulla ci impedisce di credere che l’universo possa essere nato da un effetto tunnel spontaneo dal nulla, ossia senza bisogno di un input di energia. Esattamente quanto sembra avvenuto con il Big Bang. Quando ci chiediamo “da dove ha avuto origine” il Big Bang, un fisico come Alexander Vilenkin risponderebbe “dal nulla” senza problemi, perché a differenza della teoria della relatività, che prevede una singolarità, una sospensione delle leggi della fisica, l’effetto tunnel rende possibile questa sorta di “pasto gratis”.
3. Inflazione caotica eterna
Parlavamo d’inflazione. La teoria fu proposta nel 1979 da un allora giovane ricercatore americano, Alan Guth, conquistando rapidamente il favore dei cosmologi. L’inflazione risolve molti problemi riguardo i primi istanti dell’universo e sembra prossima alla sua definitiva conferma sperimentale, come vedremo tra poco. In quegli stessi anni, il sovietico Andrej Linde approfondì l’ipotesi e giunse alla conclusione che l’inflazione potrebbe non arrestarsi mai: il nostro universo sarebbe solo una bolla in cui l’inflazione si è arrestata, ma altre bolle di un grande e apparentemente infinito multiverso sarebbero continuamente sottoposte alla crescita inflazionaria. E chi ci dice che tra un po’ anche la nostra bolla non riprenda improvvisamente a espandersi a un tasso inflazionario? Nel 2003, però, Vilenkin e Guth si resero conto che l’inflazione caotica potrebbe non essere eterna: lo spaziotempo non si estende per sempre nel passato, ma deve aver avuto un’origine. Quindi, anche se il Big Bang potrebbe essere solo il punto d’inizio del nostro universo, dev’esserci stato un altro momento d’inizio di un più ampio multiverso che però non è eterno.
4. Universi-brana
In "Universo senza fine" Turok e Steinhardt avanzano la proposta dell'universo ciclico. La teoria delle stringhe va a braccetto con l’ipotesi del multiverso, perciò si trova piuttosto a disagio con la teoria classica del Big Bang. Secondo l’ipotesi dell’universo ciclico di Neil Turok e Paul Steinhardt esposta al grande pubblico nel 2007 nel bestseller Universo senza fine. Oltre il Big Bang, il nostro universo è solo una brana a quattro dimensioni in una realtà a molte dimensioni. Una brana è un po’ come una fetta di pane che svolazza all’interno di un’ipotetica quinta dimensione.
Ce ne sono infinite, forse, o comunque una buona quantità, che ogni tanto collidono tra loro. Quando il nostro universo-brana si scontra con un altro, si libera un’energia enorme e si verifica una sorta di Big Bang che dà vita a un nuovo universo-brana. Non è escluso che questo scontro possa avere gran brutti effetti su una brana come quella in cui viviamo, ma è presto per farsi prendere dal panico. Si tratta infatti di un’ipotesi lontana dall’essere confermata.
5. Universo emergente
Quest’ultima proposta è abbastanza semplice perché rientra tutta nell’ambito della fisica “classica”, dove per classica qui intendiamo quella descritta dalla relatività generale. L’idea è che l’universo è esistito per un tempo indefinito – e forse infinito – in uno stato stazionario come per primo aveva proposto Einstein, per poi diventare instabile a un certo punto innescando il fenomeno inflativo che ha dato origine al nostro attuale universo in espansione. Secondo i proponenti di questo paradigma, Gorge Ellis dell’Università di Cape Town e Roy Maartens dell’Università di Portsmouth, questo universo stazionario era di dimensioni minuscole ma comunque superiori a quelle di Planck per cui i fenomeni quantistici non si applicano e l’universo può rimanere in questo stato per lungo tempo grazie a un’energia del vuoto di tipo negativo che controbilancia la forza di gravità, ed è identica alla cosiddetta energia oscura che oggi espande l’universo.
E le prove?
L'osservatorio spaziale Planck dell'ESA in cerca delle prove dell'inflazione e dell'origine dell'universo. La domanda a questo punto è: resteremo sempre nell’ambito delle teorie matematicamente ben costruite ma non verificabili? Non è detto. Tutti questi modelli avanzano infatti delle previsioni. E qui torna in gioco la radiazione cosmica di fondo, che risale a quando l’universo aveva appena 350mila anni o giù di lì. Questo fondo a microonde permette di ricostruire la distribuzione della materia in quel periodo in cui non esistevano ancora stelle o galassie, e i cosmologi ritengono che la radiazione cosmica sia una sorta di mappa che permetterebbe, leggendola attentamente, di capire cosa c’era all’origine dell’universo e forse addirittura prima del Big Bang. Potremmo cioè trovare degli effetti previsti dalle teorie degli universi-brane, sotto forma di onde gravitazionali prodotte dagli scontri tra universi, o prove di un universo precedente, o di un’inflazione che può essere in corso in altre bolle del multiverso. Dopo essere stata indagata dai satelliti della NASA Cobe e Wmap, la radiazione cosmica di fondo è oggi analizzata dall’osservatorio spaziale Planck dell’ESA lanciato nel 2009, in cerca di queste prove, tra cui la “pistola fumante” che confermerebbe l’inflazione e varrebbe ad Alan Guth e Andrej Linde il sospirato e meritato Nobel per la fisica. Entro la metà del 2013 avremo i primi risultati di interesse cosmologico.
Allora, chissà, scopriremo se c’è stato qualcosa prima del Big Bang.


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