Di Denis Saurat *
La scienza sta creando oggigiorno una nuova mitologia. L’universo astronomico è misurato in miliardi di anni luce.
Il numero di galassie calcolato nel cielo raggiunge il miliardo. Nell’infinitamente piccolo l’atomo è divenuto un mondo incomprensibile, quasi totalmente vuoto e, ciò nonostante, carico di inconcepibili forze esplosive che possono essere scatenate. Nel regno dell’uomo, per noi inevitabilmente posto tra l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo, la cronologia ha spinto indietro le date delle origini. L’uomo esisteva sulla terra cinquecentomila anni or sono e, forse, anche un milione di anni. La residenza dell’uomo, il pianeta Terra, è ai nostri occhi più misteriosa di quanto non fosse in passato. Noi non sappiamo quasi più nulla di come sia nell’interno. L’antico fuoco centrale, terrore della nostra infanzia, che somigliava stranamente all’inferno, è sparito e oggi si dice che probabilmente il centro della Terra non sia più caldo di un confortevole fuoco di legna.
Le teorie dell’evoluzione della superficie terrestre, della deriva dei continenti, degli sprofondamenti sensazionali, passano al livello dei miti, senza tuttavia cessare di presentare aspetti possibili.
Le teorie dell’evoluzione della superficie terrestre, della deriva dei continenti, degli sprofondamenti sensazionali, passano al livello dei miti, senza tuttavia cessare di presentare aspetti possibili.
Non si sa più nulla con certezza: tutto torna ad essere possibile. Allora l’immaginazione umana che un secolo o due di scienza razionale avevano resa un poco ottusa riprende forza e comincia a utilizzare taluni elementi della nuova scienza. Ma l’immaginazione sembra essere una costante: essa è disposta, non tanto a creare nuove immagini, quanto a dare nuovo valore ad antichissime tradizioni alle quali l’uomo è legato da quando ha cominciato a conoscere se stesso.
Così, una delle più antiche leggende della nostra civiltà, la storia dell’Atlantide raccontata da Platone, ai giorni nostri, ha cambiato aspetto ed è tornata ad essere credibile.
Prima di tutto, una nuova teoria cosmogonica soggetta, è vero, a violente controversie, dà una spiegazione accettabile, non solo di ciò che narra Platone, ma, cosa più importante, di certi passi della Genesi finora considerati pure fantasie.
Inoltre, l’etnografia più recente contribuisce a dare a questa teoria e alla Bibbia conferme del tutto inaspettate. Infine, la psicologia attuale e forse la stessa biologia vegetale, animale e umana rivelano elementi che sono stranamente in armonia con quanto disse Platone e con le narrazioni della Genesi.
L’insieme di questi vari elementi dà un quadro avvincente e nuovo e, tuttavia, così intimamente concordante con le più antiche leggende che sembra preferibile cominciare con il presentare sinteticamente questo quadro per passare successivamente alle conferme e ai riscontri. Eviteremo, così, all’inizio di falsare la prospettiva e di mettere troppo in evidenza aspetti che dovrebbero essere solidamente appurati, e che, per la natura stessa delle testimonianze accessibili, non possono restare che ipotesi. Ed ecco la sorprendente storia che si presenterà, per grandi linee, quando l’immaginazione avrà colmato le lacune della conoscenza.
In seguito, vedremo i numerosissimi frammenti delle prove che permettono il legittimo lavoro dell’immaginazione. Per primo notiamo che le megalomanie che affliggono tanto gli astronomi quanto i fisici dell’atomo non possono essere nemmeno vietate ai nuovi storici. Se le galassie raggiungono il miliardo, se l’atomo può produrre o distruggere tutto un mondo, anche l’uomo può concedere alla sua storia qualche centinaio di migliaia di anni in più o in meno. Perché l’uomo dovrebbe essere più modesto dell’universo di cui fa parte?
Circa trentamila anni or sono, una civiltà molto sviluppata e diversa dalla nostra era stabilita nelle Ande, a una altezza di 3.000 o 4.000 metri al di sopra dellattuale Oceano Pacifico.
L’oceano di allora raggiungeva questa altitudine sulle montagne, e la civiltà di Tiahuanaco viveva in riva al mare. Ciò vuol dire che in quelle regioni l’aria, allora, era respirabile senza difficoltà.
Per quali ragioni l’acqua e l’aria si trovavano accumulate a simile altezza? Perché il satellite della Terra di allora, simile alla nostra Luna attuale, distava solo da 5 a 6 raggi terrestri da noi. Invece di una marea simile a quella di oggi, che sale e scende con la Luna a 60 raggi terrestri da noi, la marea di allora, attirata da una gravitazione lunare molto più forte, non aveva il tempo di ridiscendere: quella Luna, d’azione potente, girava troppo veloce attorno alla Terra. Così, tutte le acque del globo erano ammassate in una marea permanente che formava una fascia intorno al nostro pianeta. Questa fascia raggiungeva nelle Ande più di 3.000 metri di altezza. Fatto, questo, confermato da uno strato continuo di depositi marini che si può seguire, a quella altitudine, per 800 chilometri.
Di questa civiltà di Tiahuanaco, della regione del lago Titicaca in generale ci restano gigantesche rovine.
I più antichi cronisti dell’America del Sud ci tramandano che quando gli Incas si spinsero fino a quei paesi, vi trovarono rovine presso a poco nello stato in cui sono oggi, e risalivano, già allora, ad una incommensurabile antichità. Gli Incas, superstiziosi, decisero di andare a stabilirsi più oltre. Invero, le pietre tagliate presentano aspetti che fino ad ora non si riscontravano in nessun altro luogo. Prima cosa: le dimensioni. Una statua, ricavata da un solo masso, ha più di sette metri di altezza e pesa dieci tonnellate. Vi sono dozzine di statue monolitiche simili, tutte trasportate da lontano.
Anche il modo di lavorare la pietra ci rivela qualcosa di eccezionale. Parecchi porticati, o muri con porte e finestre, sono fatti con un unico blocco di pietra. Invece di sistemare le pietre in modo da lasciare l’orifizio libero, come oggi noi facciamo, quelle genti prendevano enormi pietre, di parecchi metri di altezza e di lunghezza, spesse in proporzione, ed erigevano i muri: poi intagliavano le aperture volute.
Ci troviamo di fronte a prove di mezzi di lavoro che l’umanità non ha più conosciuto in seguito. Forse soltanto ai nostri giorni, con i nostri più moderni strumenti, potremmo di nuovo seguire questo procedimento; ma, evidentemente, non lo faremmo per molte ed ovvie ragioni.
Esisteva, allora, una civiltà i cui principi erano diversi dai nostri. Di questa civiltà, anche dal punto di vista intellettuale, noi possediamo oggi elementi che ci illuminano.
Le sculture di uno di questi portici monolitici sono state decifrate nel 1937. Cosa rappresentano? Un calendario concepito molto meglio del nostro: quel calendario comincia da un solstizio ed è diviso in solstizi ed equinozi. I suoi dodici mesi e le sue settimane corrispondono alle fasi cicliche del satellite in cielo. Le figurazioni rappresentano non solo il movimento apparente, ma anche il movimento reale del satellite. Mentre il nostro calendario non ha, astronomicamente parlando, un preciso inizio; i nostri mesi e le nostre settimane non corrispondono alle fasi della Luna e, generalmente, non sappiamo che la Luna ha un movimento reale diverso dal suo movimento apparente. Dobbiamo pensare che gli uomini di Tiahuanaco fossero intellettualmente più sviluppati di noi.
Artisticamente, la levigatezza delle loro statue, l’armonia delle proporzioni, l’espressività che lo scultore ha saputo dare al volto dei suoi personaggi sono superiori a quanto noi sappiamo fare oggi. Sono al livello di Michelangelo e delle più impressionanti sculture d’Egitto.
Questo fatto ci spinge a supporre non solo uno sviluppo intellettuale, ma anche uno sviluppo spirituale superiore al nostro.
A vero dire, oggigiorno, orgogliosi come siamo delle nostre conquiste intellettuali, non pretendiamo di avere un alto sviluppo spirituale: siamo portati a negare lo spirito opponendogli l’intelletto.
Ma la cosmografia dell’austriaco Hoerbiger, il creatore di queste nuove concezioni sul sistema solare, ci prospetta un’idea ancora più sbalorditiva.
La Luna non è il primo satellite della Terra. Vi sono state molte lune: ad ogni periodo geologico un satellite ha girato intorno alla Terra.
Perché, infatti, vi sono periodi geologici così bruscamente distinti gli uni dagli altri? Ciò è dovuto al fatto che alla fine di ognuno dei periodi ed è questo che ne determinava la fine un satellite è venuto a cadere sulla Terra. La Luna non descrive intorno alla Terra una ellisse chiusa, ma una spirale che va via via restringendosi e finirà per cadere sulla Terra.
Vi è stata una Luna dell’era Primaria che è caduta sulla Terra, poi una dell’era Secondaria e una di quella Terziaria. Prima di cadere, quando la sua spirale era troppo vicina alla Terra, ciascuna di queste lune si dissolveva, i solidi, i liquidi, i gas si separavano in ragione della loro differente resistenza alla forza di gravitazione; così il satellite, girando troppo velocemente, acchiappava quelle parti che si erano staccate e si muovevano più lentamente, il tutto si trasformava in un anello, simile a quelli che vediamo intorno a Saturno, i quali sono in questo stato attualmente.
Infine, restringendosi la spirale, l’anello toccava la Terra e il satellite si schiacciava, più o meno attorno al nostro pianeta. Tutto ciò che rimaneva preso sotto, piante o animali, era sotterrato e si fossilizzava, per la mancanza d’aria e per la pressione. Infatti si trovano fossili solo in questi periodi. L’organismo sotterrato nei nostri tempi non si fossilizza, imputridisce. Così abbiamo per mezzo dei fossili testimonianze frammentarie sulla storia della vita.
Molto prima di questo urto, durante periodi di centinaia di migliaia di anni, la Luna girava intorno alla Terra a una distanza da 4 a 6 raggi terrestri abbastanza regolarmente, perché il mese lunare era allora uguale al giorno terrestre. I due astri giravano insieme fin quando la caduta della Luna si accelerava e la Luna cominciava, allora, a girare più velocemente della Terra. Durante questo periodo fisso in cui il satellite era ravvicinato, il peso di tutti gli oggetti e di tutti gli esseri terrestri era diminuito, poiché la forza di gravitazione lunare li attirava verso l’alto e compensava gran parte della gravitazione terrestre. Ora, è la gravitazione che determina la nostra statura: noi cresciamo fino all’altezza e al peso del corpo che possiamo portare. Quindi, in questi periodi di forza di gravità alleggerita, gli organismi crescevano di più. Così si sono formati i giganti.
Quali prove?
Alla fine dell’era Primaria, noi troviamo i vegetali giganti che, sepolti per la caduta del satellite, daranno il carbon fossile. Alla fine dell’era Secondaria, noi troviamo animali di trenta metri di lunghezza, diplodochi e altri, divenuti fossili, essendo stati sepolti durante la caduta del satellite dell’era secondaria. Allo stesso modo possono essere esistiti i mammiferi giganti e i primi uomini giganti. Poiché, in quei periodi, gli esseri viventi alleggeriti del loro peso hanno potuto rizzarsi sulle gambe e sui piedi, e la loro scatola cranica allargatasi ha permesso l’espansione del cervello. Altre bestie hanno cominciato a volare: gli insetti giganti del Primario, gli uccelli del Secondario. Poi, nei periodi senza Luna, sopravvissero soltanto esemplari di queste brusche mutazioni: ha avuto modo di sopravvivere chi poté adattarsi alla nuova gravitazione; indubbiamente con conseguente diminuzione delle proporzioni troppo grandi.
Gli uomini normali sono stati formati durante l’era Terziaria prima dell’avvicinarsi della nuova Luna, uomini più piccoli, più pesanti, meno intelligenti: i nostri antenati. Ma alcune razze giganti e intelligenti dell’era Secondaria, forse quindici milioni di anni fa, hanno continuato a esistere, e sono questi giganti che hanno civilizzato gli uomini.
Tutte le antiche mitologie, dall’Egitto e dalla Grecia alla Scandinavia, dalla Polinesia al Messico, riferiscono unanimi che gli uomini sono stati civilizzati dai giganti e dagli Dei.
È il Titano Prometeo che ha tratto gli uomini dal loro stato selvaggio. La Bibbia ci dà testimonianza di giganti, re dei popoli combattuti dai primi Ebrei.
Così, le rovine gigantesche, e tuttavia sovente fatte per esseri di proporzioni umane, diTiahuanaco si spiegano: maestri giganti hanno aiutato e diretto i loro sudditi umani in questi lavori.
I grandi circhi del Titicaca non sono coperti, ma solo circondati di mura. I Re giganti potevano sedere lì al cospetto degli uomini sudditi.
Il carattere pacifico e benevolo di questo primo regno dei giganti sugli uomini trova conferma ovunque. D’altronde, è sufficiente leggere sul viso dei giganti di pietra di Tiahuanaco lespressione di suprema bontà e di saggezza, che è sorprendente. È l’età d’oro degli Antichi.
E le statue gigantesche sono le statue dei giganti Re, perché gli uomini si sarebbero affaticati a trasportarle e a scolpirle? Per solo uomini, sarebbero bastate proporzioni umane. Furono gli stessi giganti che scolpirono le loro immagini. Più tardi, in Egitto e un po ovunque, quando i giganti erano già scomparsi, gli uomini tentarono di evocare e far rivivere il tempo e le immagini degli Dei. Noi troviamo ai nostri giorni, nelle isole vicine alla Nuova Guinea, poveri selvaggi che erigono ancora dolmen e menir senza sapere il perché, proprio come i nostri antenati fecero un tempo in Bretagna, in Inghilterra e altrove. Letà doro dei giganti bonaccioni e civilizzatori non durò che una sola volta. La Luna terziaria, che i giganti e gli uomini di Tiahuanaco conobbero, finì anch’essa per venire a schiacciarsi sulla Terra. Allora, la gravitazione lunare cessò. Le acque degli oceani si abbassarono poiché nulla più tratteneva la fascia marina dei tropici. I mari rifluirono senza dubbio fino ai poli, lasciando scoperti solo i più alti massicci montagnosi.
La enorme massa d’acqua in movimento distrusse uomini e civiltà un po’ ovunque sulla Terra e, infine, il livello dei mari si stabili presso a poco a quello attuale. Chi sopravvisse? Coloro che si erano rifugiati, o già vivevano isolati, sulle alte montagne, come Platone stesso dice.
Nelle Ande l’aria era divenuta irrespirabile: poiché, adesso, si era a 4.000 metri sul livello del mare. Una civiltà quasi completamente marittima ormai non era più possibile: il mare era scomparso. I sopravvissuti non poterono fare altro che scendere verso le paludi che il mare, ritirandosi, aveva create: la loro civiltà era perduta e, con essa, la loro terra, le loro navi, i loro arnesi, la maggior parte dei loro sapienti certamente: i sopravvissuti dovettero essere ben pochi. I grandi spostamenti del mare avevano repentinamente distrutto le città: intorno al Titicaca si trovano cantieri che rivelano essere stati abbandonati d’improvviso. Si doveva ricominciare quasi dal nulla.
Le antiche mitologie acquistano ora un significato e ci aiutano a capire. Alcune razze di giganti degenerarono a tal punto che divennero cannibali e si nutrirono di carne umana. I giganti-orchi si trovano in tutte le tradizioni. Altri giganti rimasero più civili e lottarono contro le barbarie della decadenza. Tutti i popoli ricordano orrende lotte tra giganti e Dei: gli uomini considerarono Dei coloro che li proteggevano. Ercole è uno degli Dei più antichi, sia in Grecia che in Egitto: è il gigante buono che distrugge i giganti cattivi. Giove stesso non può vincere i Titani senza l’aiuto di Ercole. Poi, naturalmente, i giganti s’indebolirono: fisiologicamente, nei periodi di Luna lontana, non potevano più sopportare il loro peso e anche il loro cervello degenerò. E, allora, gli uomini sterminarono i mostri. Davide uccise Golia. L’arma da getto, la fionda, dei piccoli uomini fece scomparire i giganti divenuti più o meno ebeti.
Anche Victor Hugo, nei racconti delle fate, si meraviglia:
Di vedere orribili, instupiditi giganti Vinti da nani intelligenti e coraggiosi. Così giungiamo all’alba della nostra Storia, quella che comincia circa sei o settemila anni fa. I giganti sono sterminati. Restano narrazioni alle quali a stento si può credere: come Urano e Giove divorarono i loro figli; come gli Ebrei, entrando nella terra promessa, trovarono il letto di ferro di un re gigante alto quattro o cinque metri; come antiche civiltà erano scomparse a causa di cataclismi; e la storia dell’Atlantide non è che un episodio di queste distruzioni. E restano inspiegabili testimonianze. Le statue gigantesche, lisola di Pasqua, Karnak e Stonehenge, gli ultimi selvaggi del Pacifico.
Di vedere orribili, instupiditi giganti Vinti da nani intelligenti e coraggiosi. Così giungiamo all’alba della nostra Storia, quella che comincia circa sei o settemila anni fa. I giganti sono sterminati. Restano narrazioni alle quali a stento si può credere: come Urano e Giove divorarono i loro figli; come gli Ebrei, entrando nella terra promessa, trovarono il letto di ferro di un re gigante alto quattro o cinque metri; come antiche civiltà erano scomparse a causa di cataclismi; e la storia dell’Atlantide non è che un episodio di queste distruzioni. E restano inspiegabili testimonianze. Le statue gigantesche, lisola di Pasqua, Karnak e Stonehenge, gli ultimi selvaggi del Pacifico.
Più inspiegabili, infine, di tutte le narrazioni tramandate e di tutte le testimonianze, sono i sogni incoercibili. Tutte le generazioni degli uomini che conosciamo hanno sognato e sognano ancora la grande civiltà scomparsa, origine di tutte le civiltà successive dell’Atlantide e dei buoni giganti; e in tutte le generazioni continuano anche gli incubi di catastrofi, di sfaceli e di decadenze. E la psicanalisi e lanalisi psicologica più recenti si sono progressivamente ridotte all’ultima ipotesi, così difficile d’accettare, ma divenuta sempre più inevitabile: che dietro tutto questo ci sia qualcosa di irrimediabilmente vero. Il mondo e la sua storia sono pieni di catastrofi e meraviglie molto più di quanto fino ad ora abbiamo creduto.
Se noi cerchiamo un Atlantide che sia la fonte di tutte le civiltà e sintetizzi tutte le tradizioni, possiamo credere che questa società delle Ande, trentamila anni fa, sia stata l’Atlantide. Invece di scomparire sotto il mare, essa è stata abbandonata dal mare ed è comunque perita. Quando le acque si furono calmate, gli uomini decaduti, che vivevano in Europa e si ricordavano dell’antica madre dei popoli dalla quale erano stati colonizzati e civilizzati, dovettero avventurarsi verso l’Ovest per ritrovarla.
Ma fino a Cristoforo Colombo, nessuno aveva più ritrovato quella terra: i navigli erano troppo piccoli, gli equipaggiamenti troppo scarsi, la capacità di navigare insufficiente. E così la tradizione stabili che quel continente si era inabissato: poiché per quanto lontano si andasse verso l’occidente non si trovava più nulla. L’oceano era vuoto. I Greci finirono per dire che da quella parte si giungeva ad isole felicissime, alle quali approdavano solo i morti.
Ma è una tradizione più breve e succinta che Platone narra. Egli pone la catastrofe solo circa diecimila anni fa, provocata da una inondazione. La teoria di Hoerbiger ci permette anche di collocare, in quel tempo e in quello spazio del Nord Atlantico, un’altra Atlantide più modesta, che tuttavia ci colpisce in modo particolare. La catastrofe delle Ande può essersi verificata duecentomila anni fa. Dopo questa data la Terra si è trovata senza satellite fino all’avvento della nostra Luna attuale. Questa Luna era un piccolo pianeta che, come tutti i pianeti, girava intorno al Sole in una spirale che si restringeva.
I piccoli pianeti ruotano in spirale più rapidamente di quelli grandi perché la loro forza d’inerzia è minore: essi portano in sé una carica minore della primitiva potenza esplosiva che li ha lanciati lontano dal Sole. Dunque, nella loro spirale che si avvolge più rapidamente, i piccoli pianeti raggiungono quelli grandi.
Accade fatalmente che un piccolo pianeta passi troppo vicino a uno grande e allora la gravitazione del grande pianeta, a questa distanza, è più forte della gravitazione del Sole. Il piccolo pianeta si mette a ruotare attorno all’altro: diventa un satellite.
Così la nostra Luna fu captata dalla Terra, forse dodicimila anni fa. E nuova catastrofe sulla Terra a quell’epoca: il globo terrestre prese la sua forma rigonfia ai tropici, l’aria, le acque e il suolo stesso attratti dalla gravitazione lunare, come ancora oggigiorno. I mari del Nord e del Sud rifluirono verso la parte mediana della terra.
Concepiamo che una civiltà si era stabilita in un’epoca compresa fra trentamila e dodicimila anni or sono su altopiani fra il 40° e il 60° grado di latitudine Nord; ed ecco questa civiltà di nuovo distrutta, questa volta per sommersione: le acque del Nord, come racconta Platone, la ricoprono in una sola notte, e più a Nord hanno di nuovo inizio le ere glaciali su terre prive di aria e di acqua per l’attrazione della nuova Luna.
Così si presentano a noi due Atlantide: ambedue possibili; l’una di gran lunga posteriore all’altra e derivata da essa. D’altronde, ambedue ci saranno necessarie se vorremo integrare tutte le tradizioni delle quali ancora possediamo, fin da tempo antichissimo, frammenti disseminati in ogni parte della Terra.
* Denis Saurat- L'Atlantide e il regno dei giganti
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