I misteri di Samotracia e il culto dei Cabiri

giu 14, 2015 0 comments

Di Stefano Arcella

Le origini
Stefano Arcella, I misteri del sole. Il culto di Mithra nell'Italia anticaFra le isole del mare Tracio, quella di Samotracia – famosa nell’antichità per un alto monte che la fa scorgere da ciascuna delle terre a nord dell’Egeo: Grecia, Tracia ed Ionia – fu la sede, in epoca ellenistica, di un culto misterico dedicato ad un complesso di quattro divinità, note col nome di Cabiri (dal semitico Kabirim = i Grandi) detti anche i Grandi Dei, i Forti, i Potenti.
La testimonianza fondamentale è, al riguardo, quella di Erodoto, il quale conosce il culto di Samotracia e ne attribuisce la fondazione al popolo dei Pelasgi, facendo quindi risalire questi misteri ad un’epoca antichissima e ad un popolo che ha preceduto i Greci sul suolo ellenico.
Herod., II 51 “…A fare le statue di Ermes con il membro diritto, i Greci non lo hanno appreso dagli Egiziani, ma dai Pelasgi; primi fra tutti i Greci, sono stati gli Ateniesi ad adottare quest’ uso, e gli altri da loro. Gli Ateniesi, infatti, erano già annoverati tra i Greci quando i Pelasgi vennero a coabitare nel loro territorio, e da allora anche i Pelasgi cominciarono ad essere ritenuti Greci. Chiunque sia iniziato ai misteri dei Cabiri, che gli abitanti di Samotracia celebrano e che essi hanno adottato dai Pelasgi, costui sa che cosa dico. Quei Pelasgi, che vennero a coabitare con gli Ateniesi, abitavano in precedenza Samotracia, ed è da loro che gli abitanti di Samotracia hanno appreso i misteri. Dunque gli Ateniesi, primi tra i Greci, fecero le statue di Ermes con il membro dritto per averlo appreso dai Pelasgi. I Pelasgi a questo proposito tramandarono un racconto sacro, che viene rivelato durante i Misteri di Samotracia”.
Jean-Pierre Vernant, L'universo, gli dèi, gli uominiE’ sintomatico che Erodoto menzioni questi Misteri dei Cabiri nello stesso contesto in cui parla del dio Ermes raffigurato col membro diritto, che viene fatto risalire alla medesima origine pelasgica, ossia pre-ellenica. Dionigi narra (I 61, 3) che il fondatore dell’isola di Samotracia fu Samo “figlio di Ermes e di una ninfa di Cillene chiamata Rene”.
Secondo una teoria storico-religiosa alquanto consolidata, i Pelasgi andrebbero identificati con le genti di Tracia che hanno diffuso nelle isole dell’Egeo e nella penisola ellenica i loro culti entusiastici: il dio Sabazio con la corte dei suoi seguaci, coribanti, satiri e menadi; il culto di Bendis (Ecate), dalle molteplici attribuzioni, che hanno avuto il loro spazio d’elaborazione sia nelle speculazioni degli Orfici, sia nelle pratiche della magia (le discese agli Inferi quale passaggio iniziatico).
I sacerdoti Cabirici sono detti Saboi, nome che designa pure una tribù tracia nonché un gruppo di Coribanti localizzati in Tracia e che si avvicina molto ai Saboi, gli iniziati al culto traco-frigio di Sabazio.
La teologia cabirica.
Le religioni dei misteri. 1.Eleusi, dionisismo, orfismoDelle quattro divinità di Samotracia, tre sono maggiori ed una ha una posizione secondaria. Delle tre maggiori, due stanno in un rapporto di padre a figlio, la terza è una figura femminile che è letta come personificazione della terra feconda, in conformità ad un archetipo dominante nell’Egeo e nella vicina Anatolia.
Queste divinità, nella liturgia, erano onorate con una lingua straniera, secondo Diodoro (5, 47), a dimostrazione della loro origine pre-ellenica (e quindi pre-indoeuropea), in concordanza con la testimonianza di Erodoto.
Lo scoliaste di Apollonio Rodio (I, 916-8b) ci ha conservato i nomi dei 4 Cabiri. Essi sono: Axierso (Demetra), Axiokersa (Persefone), Axiokersos (Hades) e Kasmilos (Hermes). In una fase storica più recente, quando la Grecia ellenica estese la sua influenza a tutto l’Egeo ed alle isole tracie, in Samotracia furono introdotte tre grandi divinità che i Misteri di Eleusi avevano associate: Demetra, Kore e Hades, cui si aggiunse poi Hermes; questi dèi vennero più o meno riconosciuti nelle tre divinità maggiori del culto samotracio e si ebbe così il gruppo dei quattro Grandi Dèi, che con un epiteto fenicio furono detti Cabiri (ne parla anche Varrone nel De lingua latina, 5, 58; 7, 34), nome loro attribuito dai navigatori Fenici i quali già adoravano un gruppo di divinità con quel nome. La letteratura storico-religiosa propende per limitare l’influenza fenicia nel culto di Samotracia a questa designazione delle divinità, senza ammettere l’introduzione di divinità fenicie, anzi valorizzando l’elemento ellenico e, prima ancora, quello “pelasgico”.
Le religioni dei misteri. 2.Samotracia, Andania, Iside, Cibele e Attis, mitraismo. Con testo a fronteNel corso dell’età ellenistica, tutto il fervore religioso dei territori che affacciavano sul mar Egeo, si concentrò, oltre che verso le divinità di Eleusi, anche su quelle di Samotracia. Ci è pervenuta la memoria storica di santuari cabirici nelle quattro isole tracie (Lemno, Imbro, Samotracia, Thaso), nella costa ionica (Ilio, Mileto, Teo, Efeso), nelle isole del medio e basso Egeo (fra le quali Rodi e Delo, a sua volta celebre centro oracolare dell’antichità) e nella Beozia (Anthedon e Tebe).
Il santuario Cabirico di Tebe merita un’attenzione particolare perché le sue vestigia – risalenti al VI secolo a.C. – mostrano, come a Samotracia, una fossa per le offerte ed i sacrifici (traccia di un culto alla Terra Madre e di atti rituali volti a propiziarsi le forze ctonie) nonché la presenza di due Cabiri, padre e figlio, con l’assimilazione di Cabiro padre a Dioniso, che era la divinità principale di Tebe e che – alla luce della comune origine pre-ellenica – doveva avere molti elementi di somiglianza con Cabiro.
Il culto presentava, pertanto, una spiccata valenza infero-ctonia, essendo in prevalenza centrato sull’oltretomba (Persefone e Hades) e sulla terra (Demetra). E’significativo che a questo complesso infero-ctonio sia associato Hermes, il dio dell’intelligenza sottile, il messaggero degli dèi, l’intermediario fra l’uomo e la divinità, figura connessa all’elemento “Aria” – viene raffigurato con le ali ai piedi – quindi duttile e sagace, dinamica e penetrante.
A queste divinità erano dedicati nell’isola: un santuario i cui resti risalirebbero al VI secolo a..C.; il tempio marmoreo a foggia di basilica, con navata transversa ed abside rotonda, con una fossa per uso sacrificale scavata al centro del tempio fino al vivo di una roccia (simbolismo della pietra quale allusione alla stabilità di un centro misterico, ma anche quale riferimento analogico al corpo umano quale tempio della scintilla divina nell’individuo); un edificio circolare a due piani, chiuso ermeticamente da ogni parte e probabilmente riservato alla riunioni ed alle esperienze misteriche degli iniziati, con un palese simbolismo del cerchio che rimanda al Cielo nonché al dinamismo della “potenza” – la shakti dello shivaismo dell’India – ed al suo movimento.
L’esperienza misterica
Guy G. Stroumsa, La sapienza nascostaDallo scoliaste di Euripide sappiamo che nei Misteri cabirici aveva luogo un dramma liturgico nel quale si rappresentava la ricerca di Armonia da parte dello sposo Cadmo, analoga a quella di Kore (Persefone) da parte della madre Demetra, rivissuta e riattualizzata nei Misteri di Eleusi.
Dalle testimonianze di Clemente Alessandrino (Protrettico, 2, 19, 1) e di Firmico Materno (de errore. rel. pag., 11), apprendiamo che nel santuario cabirico di Tessalonica si celebrava un dramma liturgico di morte e resurrezione, nel quale si ricordava e si riattualizzava la morte del più giovane degli dèi Cabiri ad opera degli altri due.
La funzione del dramma era quella di reiterare una vicenda mitica nella sua vivezza, nella sua intensità vibrante, nella sua capacità d’impatto emotivo, quindi d’incidenza sul mondo astrale dell’individuo. Il dramma è un linguaggio che si rivolge al “cuore” dell’uomo, alla sua sensibilità ed alla sua capacità di provare intense emozioni, nel momento in cui egli s’immedesima nel dramma e lo vive come qualcosa di personale. Poiché il dramma era vissuto in modo comunitario, essendo rappresentato davanti alla comunità degli iniziati, si creava una comune vibrazione emotiva, un comune “clima psichico” che cementava la coesione della comunità e creava una “energia di gruppo”.
Le risultanze epigrafiche testimoniano di un pasto sacramentale in cui ai mysti venivano offerti cibo e bevande, aspetto, questo, comune ad altri culti misterici, come il mithraismo romano, per il quale il pasto sacro è testimoniato dai dipinti e dalle sculture nei templi ipogèi.
Infine va rilevato che la gente di mare era particolarmente devota alle divinità cabiriche, poiché l’isola di Samotracia era molto importuosa e quindi esse erano considerate protettrici contro i pericoli del mare ed assimilate ai Dioscuri, anch’essi considerati s?t??e?, salvatori. E’ questo, probabilmente, l’aspetto exoterico, pubblico, del culto misterico cabirico legato alla protezione dei marinai e dei naviganti in genere, mentre nel chiuso dell’edificio circolare si svolgevano i riti riservati agli iniziati.
Questi ultimi si dividevano nelle due classi degli iniziati semplici e degli iniziati pii; l’iniziazione semplice era preceduta da un rito di purificazione che comprendeva pure un’ammissione delle proprie impurità davanti al sacerdote purificatore.
Ai Misteri potevano essere ammessi anche le donne e i fanciulli; essi comprendevano anche una dottrina sulle origini dell’umanità – dal momento che Ippolito, scrittore cristiano del III sec. d.C., ravvicina Cabiro ad Adamo – e sul post-mortem se, come riferisce Diodoro Siculo (5,49, 5-6), questi misteri rendevano gli uomini migliori, dato peraltro confermato dalla relazione dei Cabiri con le divinità di Eleusi, i cui Misteri davano un particolare risalto alla concezione di una beata vita futura per gli iniziati.
I Misteri Cabirici e le origini di Roma Andrea Carandini, La nascita di Roma. Dèi, lari, eroi e uomini all'alba di una civiltà (2 vol.)La fortuna di questi misteri, durante l’epoca greco-romana, fu assicurata dal rapporto dei Cabiri con le origini di Roma, sul piano della narrazione mitica, per cui i Romani li associarono ai Penati di Roma (Penates Publici). Secondo la tradizione, riportata in varie fonti greche – quali Dionigi d’Alicarnasso (I, 68) e Diodoro Siculo (5, 48) – e latine (Macrobio, Saturnalia, 3, 4, 7-9), Dardano, capostipite mitico dei Troiani (e dei Romani attraverso Enea), dopo aver ucciso il fratello Iasione ed essersi rifugiato in Frigia (dove sposò Crisa figlia del re Teucro), avrebbe eretto nell’isola di Samotracia un tempio in onore dei Grandi Dèi “i cui particolari appellativi egli tenne segreti e non rivelò agli altri; inoltre istituì in loro onore i misteri che si celebrano ancora oggi da parte dei Samotraci” (Dion. Hal. I, 68), mentre avrebbe portato con sé il palladio – ossia i doni della dea Athena – e le imagines deorum a Dardania, da dove passarono a Troia e poi a Roma per il tramite del pio Enea.
Va ricordato che, secondo la tradizione, Dardano sarebbe partito dall’umbilicus Italiae, il centro sacro dell’Italia, presso il lago di Cotilia nell’Italia centrale, località di cui sarebbe stato originario, per cui lo sbarco di Enea nel Lazio e la successiva fondazione di Roma da parte dei suoi discendenti assume il senso di una re-volutio, ossia un ritorno alle origini, da cui gli antenati si erano allontanati in seguito ad un ver sacrum, una primavera sacra, ossia una migrazione scandita da ritmi cosmico-religiosi, in sintonia con l’inizio del risveglio primaverile, dall’equinozio del 21 marzo al tempo dell’apertura fra uomo e natura (il mese di aprile trae il suo nome daaperior = mi apro).
Oltre al rapporto con le origini di Roma, l’intreccio e l’assimilazione fra questi Misteri e quelli di Eleusi fu, peraltro, un altro importante motivo della loro forza e continuità nell’età imperiale romana. Non è certo un caso che, sul finire del IV secolo d.C. – quando ormai il Cristianesimo era dominante in tutto l’Occidente e gli editti di Teodosio proibivano i culti della religione tradizionale anche in forma privata – i misteri di Samotracia erano ancora vivi, perpetuando una tradizione spirituale antichissima e pre-ellenica.
Considerazioni d’attualità
E’ centrale, in questi Misteri, come in quelli di Eleusi, la meditazione sul tema della morte, sul rapporto vita-morte e la conseguente scala di valori nel corso dell’esistenza terrena. Comune agli altri Misteri, è il rinnovamento interiore nel senso di un morire a se stessi e di un rinascere, esperienza che anticipa, in un certo modo, quella della morte, per cui il miste si prepara alla morte in modo sereno e gioioso, la morte essendo solo un passaggio nei termini di una liberazione e di un compimento realizzativo.
Altri aspetti comuni alla misteriosofia del mondo arcaico e di quello classico sono: il dramma liturgico, la sacralità del pasto comune (che ha la funzione di far circolare una comune “energia di gruppo”), la segretezza dei riti riservati agli iniziati.
L’aspetto certamente più originale è quello della presenza di Hermes-Mercurio quale divinità misterica, quale dio delle iniziazioni. La saggezza astuta, duttile e penetrante di Hermes è incarnata da Ulisse nel poema omerico, mentre Achille rappresenta uno spirito guerriero che, non integrato con Hermes, ha nella furia distruttiva il suo limite fondamentale, privo di uno sbocco creativo. L’associare Hermes a divinità dell’oltretomba, nei misteri cabirici, è ancora più illuminante. L’uomo non entra nelle proprie profondità, nel suo “mondo sotterraneo” – ossia nel proprio mondo astrale (a-stron = senza luce) che è la sede delle emozioni e delle sensazioni – senza una facoltà d’intelligenza penetrante e duttile, dolce e gioconda, capace di operare interiormente e flessibilmente con le circostanze della vita, assumendole come occasione e supporto di perfezionamento interiore. Non si va avanti sulla via della ricerca spirituale, senza aprirsi al soffio di Hermes-Mercurio, senza interiorizzare questa dimensione sottile ed intuitiva.
Julius Evola, La Tradizione ErmeticaSi leggano, al riguardo, La Tradizione Ermetica di J. Evola, sull’alchimia quale “Arte di Ermete” e quelle di G. Kremmerz nella Scienza dei Magi, sulla “Volontà Ermetica” e la sua profonda diversità rispetto alla volontà marziale.
E’ una lezione, questa della mistericità ermetica, che ha una sua pregnante attualità, in quest’inizio del XXI secolo, alla luce della storia del Novecento, in cui certe tendenze esoteriche spurie, come quelle presenti nel nazionalsocialismo tedesco, mostrano di contenere un furor distruttivo, privo dell’intelligenza di Hermes e sono quindi sprovviste della chiarezza, della lucidità e della saggezza necessarie per perseguire uno scopo autenticamente positivo.
Senza l’intelligenza di Hermes, non si va da nessuna parte, si gira in tondo senza mai trovare il centro della circonferenza. Il risultato, nel ’900, è stato solo un tragico cumulo di lutti e di rovine, morali e materiali.
* * *
Tratto da Hera, n°73, febbraio 2006, pp.86-89.
BIBLIOGRAFIA
Sui Misteri di Samotracia v. N. Turchi, Le religioni dei Misteri nel mondo antico, Il Basilisco, Genova, 1987(1923), pp.85- 90; V. Magnien, I Misteri di Eleusi, Edizioni di Ar, Padova, 1996, pp. 45-73 ; P. Scarpi (a cura di), Le religioni dei Misteri, Vol. II, Fondazione L.Valla-Mondadori, 2004, pp. 3 – 99, con commento alle fonti ivi, pp. 415-454. Sul mito di Dardano e la sua relazione con le origini di Roma, v. R. Del Ponte, Teofanie animali e “primavere sacre” italiche. Mito e mistica di Italia-Vitalia, in Arthos, nn-22-23-24 (numero speciale triplo su La Tradizione Italica e Romana), 1980-81, pp.82-112. Sulla saggezza ermetica v. J. EvolaLa Tradizione Ermetica, Mediterranee, Roma, 1996; G. Kremmerz, La Scienza dei Magi, Vol. II, Il Basilisco, Genova, 1987, pp. 161-162, particolarmente illuminanti sulla differenza essenziale fra volontà ermetica e volontà marziale.

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