Il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha annunciato due massicce forniture di sistemi d’arma ad Israele e Arabia Saudita, del valore di 1,9 Mld di $ ciascuna.
Gli accordi comprendono la vendita di migliaia di kit per trasformare comuni bombe d’aereo in bombe direzionali a guida laser, ordigni ad alta penetrazione anti-bunker, migliaia di missili Hellfire; insomma, quanto serve ad una prolungata campagna d’attacco aereo.
Non è affatto un caso: come noto, l’Arabia Saudita scarica ordigni sullo Yemen dal 26 marzo scorso, in un attacco terroristico indiscriminato che ha mietuto migliaia di vittime civili ed arrecato immense distruzioni al Paese; dal canto suo Israele, che la scorsa estate ha martoriato la Striscia di Gaza per cinquanta giorni, intende prepararsi a un prossimo massiccio coinvolgimento nella resa dei conti che si sta profilando nell’intero Medio Oriente, fra la Resistenza da un canto e il Golfo con i suoi fantocci e le sue bande di tagliagole prezzolati dall’altro.
Il Pentagono ha giustificato le forniture dichiarando che “contribuiranno alla politica estera e di sicurezza nazionale degli Stati Uniti”; come dire che l’aggressione saudita allo Yemen e il suo strenuo appoggio alle bande terroriste in Siria e Iraq, come pure il massacro di palestinesi da parte israeliana rientrano ufficialmente nella politica di sicurezza a Stelle e Strisce.
Per adesso, a godere sono Boeing, General Dynamics, Lockheed Martin, Raytheon Missile System, le più importanti industrie di armamenti Usa, alla guida della potente lobby degli armamenti che condiziona a piacimento il Congresso americano a maggioranza repubblicana. Saranno loro a fornire il grosso di quei sistemi d’arma destinati ad alimentare altre sanguinose aggressioni.
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