Di Marco Grilli
Due principi primordiali opposti ma complementari e interdipendenti, che spiegano l’origine dell’universo e tutti i fenomeni naturali e dell’animo umano. Sono lo yin e lo yang, due termini o simboli energetici originatisi dal vuoto, che con la loro interazione creano l’energia vitale (qi) e il mondo fenomenico.
Due principi primordiali opposti ma complementari e interdipendenti, che spiegano l’origine dell’universo e tutti i fenomeni naturali e dell’animo umano. Sono lo yin e lo yang, due termini o simboli energetici originatisi dal vuoto, che con la loro interazione creano l’energia vitale (qi) e il mondo fenomenico.
La dottrina di yin e yang risale all’antico pensiero naturalistico cinese e trova sviluppi sia nel taoismo, in particolare nella scuola dei Maestri celesti (Tianshi dao) e nell’ “alchimia interiore” (neidan), che nella tradizione confuciana di epoca Han (III sec. a. C- III sec. d. C) e Song (X-XIII sec.).
In sintesi, secondo questa filosofia il cosmo è stato generato dal dao (o tao), traducibile in “ordine universale” o “principio primario”, proprio in virtù dell’interazione dinamica di yin e yang, che rappresenta un’attività senza fine e il modo di essere dello stesso dao. Tutto è inteso e si manifesta secondo questa dinamica relazione, evidente e immediatamente percepibile in ogni rapporto di complementarità (terra-cielo, notte-giorno, femmina-maschio, caldo-freddo, sotto-sopra ecc.). Yin e yang, infatti, esprimono le relazioni dialettiche fra cose, processi, fenomeni, che risultano dall’unicità e al contempo dall’essenziale natura mutevole del tutto e di ogni singola entità.
L’etimo di yin e yang rivela l’immagine e il senso derivati dall’uso dei due termini: considerando una stessa collina o altura, in origine yin indicava il versante oscuro, adombrato e settentrionale, mentre yang quello luminoso, assolato e meridionale. Tutto ciò per affermare il legame necessario tra le cose, in sé distinte ma in relazione mutevole tra di loro.
La tradizione attribuirebbe quindi allo yin (rappresentato dal colore nero) il freddo, il buio, la notte, l’autunno e l’inverno, la luna, la terra, l’acqua, l’umido, l’introversione, la natura femminile, il negativo, la debolezza, la passività, il vuoto, il basso ecc., mentre allo yang (colore bianco) la luce, il giorno, il caldo, il sole, il cielo, la primavera e l’estate, la natura maschile, il secco, il movimento, l’attività, la forza ecc.
Il principio del monismo dualistico si fonda sull’intuizione che la vita è un processo e le cose, i fenomeni e gli esseri sono in una condizione di scambio dinamico. Tutto l’universo pare regolato da categorie polari: inizio e fine, vita e morte, ascensione e discesa, espansione e contrazione, vuoto e pieno, maschio e femmina ecc. Il processo non è altro che un movimento tra questi poli dell’universo, e ogni movimento oscilla continuamente dall’estremo al suo opposto, così che dal giorno si passa alla notte, dal caldo dell’estate al freddo dell’inverno e viceversa.
Queste polarità all’apparenza opposte sono però tra loro interdipendenti, poiché tutto è alternanza, complementarietà, dualità. Nulla è assoluto e immutabile, perché ogni cosa o fenomeno ha in sé il seme della propria alterità, in modo da affermare sempre e ovunque il mutamento e la continuità del tutto. Non c’è giorno senza notte, non può esserci maschio senza femmina, non potremmo conoscere la gioia senza aver mai provato la tristezza, ogni essere vive e muore.
Cose, fenomeni ed esseri sono dunque aggregati delle due tendenze, combinati in varie proporzioni: in ogni processo o entità possono coesistere le caratteristiche sia dell’una che dell’altra. Secondo il principio del monismo dualistico (o principio unico o di polarizzazione) tutti i fenomeni possono esser classificati in una delle due categorie. Se la forza centripeta yang produce calore, costrizione, pesantezza, tendenza a calare e forme pianeggianti, basse e orizzontali, la forza centrifuga yin è all’origine del freddo, della dilatazione o espansione, della tendenza a salire, della leggerezza e delle forme alte e verticali. Una classificazione che però non è assoluta, in quanto dipendente da un punto di riferimento oggetto in quel momento della nostra valutazione, dove prevale una delle due tendenze.
La macrobiotica, che secondo George Ohsawa è l’arte del vivere secondo il principio unico, ha tradotto l’azione di yin e yang nelle sette leggi fondamentali che regolano l’universo, completate da 12 teoremi che definiscono il funzionamento del mondo della relatività. Vediamoli:
1) Principio della non permanenza: tutto ciò che ha inizio ha fine, tutto si trasforma nel suo contrario;
2) Principio del diritto e del rovescio: ogni diritto ha un rovescio, ogni medaglia ha un retro;
3) Principio della non identità: nell’universo non ci sono due cose, due fenomeni o due esseri identici;
4) Principio della bilancia: più grande è il diritto, più grande è il rovescio;
5) Principio della polarità: tutto cambia e ogni cambiamento è l’interprete di due forze antagoniste, yin (centrifuga) e yang (centripeta), la stabilità è un equilibrio;
6) Principio della complementarietà: tutti gli antagonisti (yin e yang) sono complementari;
7) Principio dell’unità: yin e yang sono le due braccia dell’Uno, dell’Infinito, del Costante, dell’Illimitato e dell’Onnipotente.
Il processo di contrazione yang diventa processo di espansione yin e viceversa, così che le due forze si alternano all’infinito, che è eterno. In sé relativi e tra loro antagonisti e complementari, yin e yang si prestano quindi come strumenti di analisi e sintesi per ogni fenomeno, essere o cosa. Nella filosofia macrobiotica tutto obbedisce all’eterna e universale legge della trasformazione e la spirale logaritmica rappresenta la linea che collega l’infinito con lo stato fisico finale. L’universo è quindi regolato da tre principi fondamentali:
1) la forza di espansione centrifuga yin attira la forza di contrazione centripeta yang e viceversa;
2) la forza di espansione centrifuga yin respinge le forze e tendenze analoghe yin, così come la forza di contrazione centripeta yang respinge le forze e tendenze analoghe yang;
3) la forza di espansione centrifuga yin al suo massimo si trasforma nel suo opposto yang, così come la forza di contrazione centripeta yang al suo massimo si trasforma nel suo opposto yin.
Dal III secolo a.C. la dottrina dello yin e dello yang si è mescolata con quelle delle “cinque fasi dell’energia” (wu xing) – acqua, legno, fuoco, terra, metallo – degli “otto trigrammi” (bagua) e dei 64 esagrammi del “Classico dei mutamenti” (Yijing), dando origine a un complesso sistema cosmologico di correlazioni, a cui tutto è riconducibile.
Yin e yang hanno trovato anche una rappresentazione grafica nel noto tai ch’i o (o tao o t’ai chi tu), il simbolo che rappresenta sia la teoria metafisica che quella fisica, dove l’uguaglianza delle due superfici (quella nera yin e quella bianca yan) simboleggia l’armonia degli opposti.
Le due aree sono suddivise da una curva a forma di esse in modo che i perimetri di yin e yang siano uguali al perimetro dell’intera circonferenza, mentre lo stesso tao deve esser pensato in rotazione continua, a testimonianza dell’evoluzione costante e della ciclicità della natura. Inoltre, nella parte nera yin troviamo un punto bianco, mentre in quella bianca yan uno nero, in relazione alla teoria già citata che ogni fenomeno è relativo e mutevole, portando in sé anche un po’ del suo opposto. Così, per fare un esempio legato alle funzioni del nostro organismo, la respirazione comporta sia l’inspirazione che l’espirazione, come il battito cardiaco fa seguire la diastole alle sistole, mentre in natura la luce del giorno (yang) sfuma gradualmente nel buio della notte (yin), che raggiunto il suo apice si tramuta nuovamente in luce.
La teoria dello yin e dello yang ha trovato larga applicazione anche nella medicina tradizionale orientale e nelle arti marziali. Nella prima la malattia è considerata come il risultato di uno squilibrio con la natura e una rottura dell’armonia fra le due forze (yin e yang) di cui ogni essere umano è portatore, mentre le seconde riprendono la teoria dei cinque elementi e ritengono l’uomo come un microcosmo in stretta relazione coi fenomeni del macrocosmo. Il simbolo del kung-fu, ad esempio, raffigura un tao (unione dello yin e dello yang), contornato dai cinque petali gialli del fior di prugno, che corrispondono proprio ad acqua, legno, fuoco, terra e metallo.
Yin e yang: due principi da comprendere per addentrarsi nel fascino della filosofia orientale.
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