Klodan Elezi aveva 21 anni, era un operaio albanese, e anche lui stava dando il suo contributo all’Expo. Anzi, forse lo stava dando più di molti, nel concreto: lo stava fisicamente costruendo. Klodan Elezi lavorava in un cantiere della Teem, la tangenziale est esterna milanese, ovvero una delle tre opere infrastrutturali dell’Expo, che avrebbe permesso così di raggiungere con più facilità l’esposizione universale ai visitatori.
Ma, a poche settimane dall’inaugurazione dell’Expo (l’11 aprile) Klodian Elezi cade da un ponteggio, da un’altezza di più di 10 metri, cadendo di testa: muore sul colpo. Sono diversi i testimoni che riferiscono che l’Iron Master, l’azienda per cui Klodian Elezi lavorava, non gli aveva fornito né imbracatura né casco di sicurezza. Gli accessori-base, per dare un significato a un concetto troppo spesso bistrattato: la sicurezza sul lavoro.
Un’inviata di Servizio Pubblico è andata ad ascoltare le testimonianze dei colleghi di Klodian, che da tempo risiedeva a Chiari, in provincia di Brescia, ma era di origini albanesi: “Poteva capitare anche a me, è ora di tornare nel mio Paese, perché lì si sta meglio“. Klodian ha condiviso questo tragico destino con suo zio Sherbet, morto anche lui nel 2012 nello stesso modo.
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