Di Luca Romano
Decapitati e poi imbottiti di esplosivo, per rappresentare una minaccia per i soccorritori, per chi ha avuto la meglio su di loro, per i civili che cercano il ritorno alla quotidianità .
È il nuovo orrore perpetrato dallo Stato islamico (Is), questa volta a Kobane, la città siriana a maggioranza curda al confine con la Turchia che i jihadisti hanno abbandonato a gennaio in seguito all’avanzata dei combattenti delle Unità di protezione del popolo curdo (Ypg) e dei peshmerga, sostenuti dai raid aerei della coalizione internazionale a guida Usa.
Secondo quanto denuncia in un rapporto di Handicap International (HI), i corpi decapitatisono stati riempiti con 20 chilogrammi di cariche esplosive e più di 500 cuscinetti a sfera in acciaio, pronti a saltare in aria al primo contatto. E che rappresentano una sfida per gli esperti di sminamento incaricati di mettere in sicurezza la città in modo che gli abitanti possano rientrare al completo. Tra gennaio e l’inizio di maggio, 66 persone sono state uccise in 45 esplosioni a Kobane, secondo una ong che si occupa della sminamento. La stragrande maggioranza delle vittime era composta da civili. Kobane, sulla quale l’Isis a ottobre aveva issato la sua bandiera nera, è diventata un simbolo della resistenza contro l’avanzata dei jihadisti. Nei combattimenti è stato danneggiato o distrutto il 70% della città , rimasta con una "densità e una varietà di residuati bellici" che non è "quasi mai" stata vista prima, denuncia HI.
Frederick Maio, che gestisce le operazioni di sminamento di HI a Kobane, spiega all’agenzia dell’Onu Irin che è difficile stimare quanti cadaveri bomba ci siano in quanto alcuni sono stati deliberatamente sepolti tra le macerie. "Quello che dobbiamo fare e quello che la popolazione ha accettato è trattare ogni corpo come sospetto - ha detto -. Anche se non sono una trappola esplosiva, ci sono stati così tanti incidenti che ora vengono toccati molto raramente". Quello da fare quanto prima, aggiunge, è privilegiare la rimozione delle mine nelle zone residenziale, per permettere alla popolazione di riprendere le proprie attività .
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