Di Lorenzo Berti
In questi giorni le cronache americane sono scosse dai disordini in atto nella città di Baltimora, uno dei principali distretti portuali del paese. Facciamo un veloce riepilogo dei fatti di cronaca: il 12 aprile un venticinquenne afroamericano, Freddie Gray, con precedenti per spaccio di droga cerca di sfuggire ad un controllo della polizia ma viene fermato e tratto in arresto. Gray soffre di asma e difficoltà respiratorie ed i ritardi nell’avvertire l’autoambulanza gli causano un malore che lo fa cadere in stato di coma. Dopo una settimana, il 19 aprile, Gray muore in ospedale, dove gli vengono riscontrate anche gravi lesioni alla spina dorsale. Il 25 aprile la comunità afroamericana organizza una grande marcia di protesta contro quello che definiscono “il comportamento razzista e violento delle forze di polizia che ha causato la morte del giovane Freddie”. La manifestazione però degenera subito in guerriglia urbana e saccheggi. Stesse scene anche nei giorni successivi, in particolare dopo il funerale svolto il 27 aprile. Le autorità americane rispondono proclamando il coprifuoco in città dalle 22 di sera alle 5 di mattina e schierando in strada 5mila soldati della Guardia Nazionale. Il 1 maggio il procuratore generale dello Stato annuncia di voler incriminare un poliziotto autore dell’arresto di Gray per il reato di omicidio preterintenzionale ed altri cinque agenti per omicidio colposo.
Il copione è molto simile a quello di altre rivolte che si sono verificate negli Stati Uniti a causa delle tensioni tra polizia e comunità afroamericana: dalla più grave a Watts nel 1965 (terminata con 34 morti ed oltre mille feriti), alla più famosa a Los Angeles nel 1992 (con il video del pestaggio subito da Rodney King che ha fatto il giro del mondo), fino alla più recente a Ferguson dello scorso anno.
Il dato di fatto che emerge in maniera più chiara da tutto ciò è il totale fallimento della società multirazziale, anche nella patria di origine di questo modello ovvero gli Stati Uniti. A tutt’oggi infatti non esiste alcun equilibrio o pacifica integrazione tra le varie comunità etniche presenti nel paese (afroamericani, ispanici, asiatici, bianchi etc.) che tendono a vivere separate dando vita nelle periferie a dei veri e propri ghetti etnici. Le tensioni razziali quindi sono più vive che mai, pronte ad esplodere ogni volta che c’è una scintilla. Una ulteriore conferma di ciò sono le frequenti aggressioni subite da militanti antirazzisti bianchi che hanno preso parte a manifestazioni organizzate da afroamericani (nella foto un attivista di sinistra con una maglietta ‘Police: Stop Killing Black Men’ che è stato ferito a colpi da martello durante le proteste di Ferguson).
In realtà però nel caso di Baltimora il razzismo sembra entrarci ben poco, considerato che la metà (tre su sei) degli agenti accusati dell’omicidio di Freddie Gray sono afroamericani esattamente come lui! Le statistiche inoltre dicono che i casi di afroamericani uccisi dalla polizia sono quasi la metà rispetto ai bianchi. Il problema in questo caso quindi non sembra essere tanto il presunto razzismo delle forze di polizia quanto i loro discutibili metodi di arresto che, secondo alcune statistiche, nel 2014 hanno causato oltre mille morti.
Foto:http://qz.com
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