Australia:lavoratori italiani trattati come schiavi per raccogliere cipolle per pochi euro

mag 6, 2015 0 comments
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Di Francesco Benedetti
C’è in Italia una retorica esterofila tutta nostrana che tende a dipingere il nostro paese come il peggiore dei mondi possibili, esaltando al contempo l’estero (di qualunque “estero” si tratti) come il paradiso dove riscattare le miserie del Belpaese. C’è da rimanere stupiti, allora, quando si scopre che in Australia vivono e lavorano in condizioni di estrema precarietà ben quindicimila giovani italiani, spesso laureati, che hanno passato l’oceano cercando fortuna e che si ritrovano a raccogliere cipolle per il minimo sindacale, sperando che il loro permesso di soggiorno annuale venga rinnovato.
La denuncia arriva da “Four Corners”, programma televisivo australiano, durante il quale ragazzi di varia provenienza hanno raccontato storie di abusi fisici, psicologici e sessuali. Un rapporto che non lascia stupita Mariangela Stagnitti, presidente del Comitato italiani all’estero di Brisbane. Intervistata, ha risposto: “In un solo anno ho raccolto 250 segnalazioni fatte da giovani italiani sulle condizioni che avevano trovato nelle “farm” australiane. Alcune erano terribili”. Solo per citare un esempio, due connazionali che lavoravano in una “farm” (una delle tipiche fattorie dell’entroterra australiano) si sono trovate a sopportare un orario di lavoro che andava dalle sette di sera alle sei del mattino, anche in condizioni metereologiche avverse.
Secondo quando riporta la Stagnitti, era loro impedito persino di assentarsi per andare in bagno. Un altro ragazzo, feritosi gravemente dopo essere caduto dalla grondaia che stava pulendo (ovviamente privo delle adeguate protezioni) è stato “disconosciuto” dal titolare dell’azienda in cui era assunto con un contratto non regolare. L’escamotage che permette al governo australiano di avere a disposizione manodopera fresca e pronta a tutto si chiama “visto vacanza – lavoro”, ed attualmente è assegnato a 145.000 ragazzi stranieri. Per ottenerne il rinnovo è richiesto di aver lavorato almeno tre mesi in una farm. E questo rende i richiedenti particolarmente vulnerabili ai ricatti. Stagnitti dice di aver visto “di tutto: alcuni datori di lavoro pagano meno di quanto era stato pattuito e, se qualcuno protesta, minacciano di non firmare il documento per il rinnovo del visto. Altri invece fanno bonifici regolari per sembrare in regola, ma poi obbligano i ragazzi a restituire i soldi in contanti. E poi ci sono i giovani che accettano, semplicemente, di pagare in cambio di una firma sul documento”.
Pochissimi denunciano gli abusi subiti: “Quando mi chiedono cosa fare, io consiglio loro di non accettare quelle condizioni e di chiamare subito il dipartimento per l’Immigrazione, ma i ragazzi non lo fanno perché hanno paura di rimetterci. Tanti mi dicono che ormai sono abituati: anche in Italia, quando riuscivano a lavorare, lo facevano spesso in nero e sottopagati”. Sulla scia della denuncia di «Four Corners», il governo dello stato di Victoria ha annunciato che darà il via a un’inchiesta sulle condizioni di lavoro nelle «farm», con l’obiettivo di stroncare gli abusi e trovare nuove forme di regolamentazione che mettano fine allo sfruttamento.

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