Di Andrea Marchi *
Parlare di immigrazione, accoglienza dei profughi, gestione delle problematiche ad esse connesse sta divenendo uno dei temi su cui l’opinione pubblica si divide appassionatamente con modalità manichee e con l’atteggiamento spesso a noi caro, o di qua o di là.
Siamo fatti così, in occasioni dei Mondiali di Calcio diventiamo tutti esperti commissari tecnici, di fronte al naufragio di una nave (vedi caso Concordia) siamo peritissimi lupi di mare, in caso di terremoto ci trasformiamo in geologi e vulcanologi.
Anche in relazione alla tragedia ed alla complessità di un fenomeno migratorio incontrollato e in mano ai peggiori delinquenti del globo, riusciamo a dividerci e giustificare le posizioni, a favore o contro, in mille modi.
Personalmente, di fronte ai tanti, ai troppi che affrontano i perigli del mare, spesso pagando cifre impossibili a fronte del rischio concreto di morire, con la speranza ahimè troppe volte inesaudita di una vita migliore, provo sofferenza e dolore. Davanti ai morti, davanti ai più deboli che perdono vita ed affetti in mare l’umana pietà richiede di inginocchiarci e provare la pietà e la compassione che lo status di uomini ci impone.
Ritengo però fermamente che la strategia sulla gestione degli immigrati e dei profughi, così come è concepita e applicata in Italia sia totalmente sbagliata e sia giunto il momento che qualcuno, avveduto, capace, dotato di possibilità decisionale dica quello che è sotto gli occhi di tutto, almeno delle persone di buon senso: non è possibile continuare a ragionare in un’ottica di emergenza quando oramai gli sbarchi, la presenza di profughi più o meno clandestini sono ordinaria amministrazione!
E’ fin troppo evidente, se non banale, che in concomitanza di condizioni di mare favorevoli, popolazioni stremate dalla fame e dall’instabilità politica si assumano i rischi della morte pur di approdare sulle spiagge italiane; ciò detto gratificante accogliere in qualche modo questi sventurati nella più totale indeterminatezza di tempi, modi e risorse? E’ credibile un’azione, una strategia, se tale si può definire, del Ministero dell’Interno, per nulla condivisa con i Sindaci e le Autonomie Locali? E’ carità far finta di accogliere persone relegandole in case o strutture, fornire loro cibo e vestiario ma di fatto inserirle in un limbo di posizione giuridica dubbia e con scarsissime prospettive di effettivo inserimento sociale e lavorativo?
Da Sindaco di un piccolo angolo di mondo mi chiedo quello che molti cittadini si chiedono, ossia se non occorra sollecitare in modo forte ed autorevole l’Unione Europea a mettere in campo strategie efficaci sul tema dell’immigrazione e della relativa gestione che veda davvero la solidarietà dei Paesi membri, altrimenti, il rischio, è che l’UE, meravigliosa idea, diventi semplicemente quella che regolamenta quanto latte vada nel formaggio o il grado di ergonomia delle sedie.
Ancora, fino a quando sarà possibile sostenere, non solo economicamente, ma anche idealmente, su basi di principio, l’impegno di risorse economiche da parte della sola Italia per l’accoglienza quando nei Comuni fatichiamo e oramai non riusciamo a garantire i servizi che fanno grande e degna una comunità e che non sono solo degli italiani ma di chi vive, bianco, rosso o nero, in quelle comunità stesse?
Immagina il Governo il dramma di chi lo rappresenta a livello locale quando si sente impotente a dare le risposte quotidiane ai cittadini a causa di tagli alle risorse continue e ad un agglomerato normativo degno della migliore burocrazia borbonica?
Immagino già le risposte e le considerazioni di chi conta e di chi della gestione della cosa pubblica ha tanta teoria ma poche ore di pratica: “i Sindaci si lamentano sempre”, “è sempre colpa del Governo” e giaculatorie in stile.
Io invito, e credo di poter parlare anche per molti colleghi, questi signori a passare una settimana con noi. Magari, ci saranno di aiuto.
* sindaco di Ostellato(Partito Democratico)
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