Di Salvatore Santoru
Recentemente l'Iran è entrato a far parte della "UN Women"(1),l'ente delle Nazioni Unite per l'uguaglianza di genere e l'emancipazione femminile(2), con 36 voti favorevoli su 54(3).
Hillel Neuer, la presidente della ONG "UN Watch"( che monitora criticamente le attività dell'ONU) ha criticato questa decisione, e ha inviato una lettera al Segretario Ban Ki-moon e all’Alto rappresentante dell’Unione Europea Federica Mogherini, ricordando che l'Iran non è un paese che brilli per le questioni di genere(4).
Come risposta alla denuncia della Neur, la politica olandese Bregje Wijsenbeek, funzionario che si occupa di diritti umani presso l'ambasciata olandese di Pretoria(Sudafrica), su Twitter ha difeso la decisione della "UN Women" sostenendo che "l'Iran non è misogino" e in seguito ha scritto che in sostanza le sue strutture e precetti religiosi sono compatibili con i diritti e l'emancipazione delle donne(5).
Dagli USA la scelta di includere l'Iran è stata definita "del tutto inappropriata"(6), e c'è da dire che sicuramente la decisione dell'ONU rende perplessi, anche se bisogna ricordare che, perlomeno tra i paesi islamisti, l'Iran risulta uno dei più moderni sulla questione.
Inoltre, dando uno sguardo ai relativamente pochi paesi membri parte del Comitato Esecutivo della "UN Women"(7) si scopre che oltre a quelli considerati all'avanguardia come Islanda, USA, Norvegia,Cuba e Svezia ci sono anche quelli, che secondo le statistiche(8) risultano essere i peggiori nella questione come l'Arabia Saudita (dove le donne non possono guidare l'auto né permettersi di non indossare il burqua integrale), gli Emirati Arabia Uniti, la Somalia e la Thailandia, evidenziando un paradosso abbastanza grave, che va oltre la questione iraniana.
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