Interrotto e aggiornato al 7 maggio prossimo. È quello che è accaduto al processo a 69 persone tra cui vertici, iscritti e quasi tutti i deputati del partito di estrema destra Chrysi Avghì (Alba Dorata) eletti nelle consultazioni del 2012 e accusati di costituzione di banda criminale.
Il processo - già definito «storico» dalla stampa greca - è cominciato fra non poche polemiche proprio per la scelta delle autorità di allestire un tribunale nel penitenziario di sicurezza di Korydallos, popolare quartiere alla periferia di Atene, ed è stato interrotto e rinviato dopo che i giudici hanno constatato che uno degli imputati - Nikos Papavisiliou - non aveva un avvocato. L'uomo ha chiesto un difensore d'ufficio. Nel frattempo si è appreso - e non è escluso che anche questo avvenimento abbia influenzato i giudici - che alcuni testimoni chiamati a deporre al procedimento sono stati aggrediti da simpatizzanti di Alba Dorata mentre stavano entrando in tribunale. Dovevano deporre sulle circostanze della morte del rapper Pavlos Fyssas, 33 anni, ucciso nel settembre 2013 da Giorgos Roupakias, simpatizzante di Alba Dorata e reo confesso, che ieri è comparso in aula in manette. Il fatto potrebbe essere usato dalla difesa per chiedere il trasferimento del processo in un'altra località.
Nell'aula speciale approntata nel penitenziario di Korydallos, alla periferia della capitale, ieri sono comparsi solo 44 degli imputati ma fra loro non c'erano Nikos Michaloliakos, fondatore e leader del partito, né diversi altri deputati di Alba Dorata. La loro assenza è stata interpretata come un tentativo di sminuire la portata politica del processo che dovrebbe concludersi entro l'anno e determinare il destino del terzo partito greco, un gruppo apertamente razzista e antisemita la cui popolarità è andata alle stelle grazie alla grave crisi economica che ha colpito la Grecia. Erano invece presenti in aula la madre di Pavlos Fyssas e il sindaco di Atene Giorgos Kaminis.
La principale accusa contro tutti gli imputati che hanno simpatie filonaziste è quella di aver costituito e diretto un'organizzazione criminale tesa a compiere pestaggi brutali e omicidi dei suoi «nemici ideologici» e immigrati stranieri. Un'accusa che, se provata, potrebbe costare loro fino a 20 anni di carcere. In base agli atti a carico dei principali imputati, il partito neo-nazista cominciò ad operare come organizzazione criminale nel 2008, con ai suoi vertici coloro che oggi sono gli imputati di spicco: Nikos Michaloliakos (fondatore e leader), Ilias Kasidiaris, Yannis Lagos, Ilias Panagiotaros, Konstantinos Barbarousis, Stathis Boukouras e Christos Pappas.
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