Di Roberta Montanaro
Fin dai tempi più antichi l’uomo è stato incuriosito dalla natura e dalle cose che lo circondano, principalmente quando queste sono “diverse” o sembrano “strane” ai suoi occhi; probabilmente è per questa ragione che la figura del serpente, come vedremo, è stata oggetto, sia nel bene che nel male, di ogni genere di leggenda, entrando a far parte del patrimonio culturale della maggior parte delle grandi civiltà del mondo antico, divenendo oggetto di culto, di studio e di mito.
Graficamente il serpente è una linea. Ma è una linea vivente che può prendere la forma di tutti gli ambienti che lo circondano, la cui flessibilità consente gli atteggiamenti più inaspettati. Ciò spiega come il simbolismo del serpente sia naturalmente doppio: esso rappresenta la carezza e la sorpresa. Sono questi i significati con i quali entra a far parte del linguaggio iconografico di tutti i popoli del mondo: esso esprime da un lato l’idea della sessualità e dell’incantamento, dall’altra della sottigliezza, dell’astuzia. Dunque un duplice significato (sensualità creatrice e malvagità diabolica) che ritroviamo in tutte le culture, dalle più antiche a quelle più sviluppate. [1]
Il serpente ha avuto un ruolo nella cultura umana molto tempo prima del Medioevo o dell’epoca dei Romani. Troviamo tracce di culti ofitici in tutto il mondo, in tutte le epoche.
Simbolicamente il serpente passa attraverso la parte negativa del mondo e, si rigenera nel massimo grado della positività, divenendo il sole, donatore di vita. Questa rigenerazione, comune anche ad altre religioni, è probabilmente la trasposizione mitologica di un evento biologico tipico di tutti i rettili: l’esuviazione (o muta), durante la quale il serpente, crescendo, perde completamente la pelle vecchia, lasciandola appesa a un ramo o a una roccia, mostrando una nuova pelle, più lucida e bella.
Questo evento naturale, che ha luogo regolarmente durante la vita di ogni rettile, ha spesso portato a credere le antiche civiltà nell’immortalità del serpente e nella sua continua rigenerazione.
Nella simbologia della religione egizia questo rettile ha un significato di grande importanza. L’ureo rappresenta un simbolo di magnificenza e di rispetto: esso era infatti una parte del copricapo indossato dai grandi sovrani egizi ed era costituito da una statuetta che raffigurava un cobra eretto, spesso d’oro, che era posato sulla fronte di chi lo indossava, conferendogli supremazia e rispetto agli altri.
La leggenda del serpente piumato non fu proprio degli antichi egizi, anche le popolazioni precolombiane veneravano una divinità a metà fra l’uccello e il serpente. Si tratta del dio Quetzalcóatl, e la civiltà è in particolare quella degli Aztechi. Biologicamente parlando questa divinità altro non era che l’unione di due specie animali a quel tempo piuttosto comuni nel territorio occupato dagli Aztechi e ora in via di estinzione: il quetzal, uccello dotato di lunghe piume verdi sulla coda, venerato dagli Aztechi come incarnazione temporanea del loro dio, era stato “fuso insieme” con il boa costrittore, grosso serpente sudamericano.
Simbolicamente, invece, Quetzalcóatl rappresenta il connubio indissolubile tra terra e cielo, tra naturale e divino, tra bene e male. Esso è infatti allo stesso tempo un dio sanguinario, al quale molte vittime umane vennero sacrificate, e donatore di vita. Il serpente piumato, per gli Egizi come per gli Aztechi, rappresenta inoltre il contatto con il mondo dei morti e anche per questo rappresenta un simbolo da rispettare e venerare.
Spostandoci dalle Americhe all’Asia, patria di un’infinita varietà di religioni, notiamo che il serpente ha avuto anche qui il suo posto nella mitologia e nella simbologia religiosa.
In India, nonostante da sempre nelle risaie muoiano ogni anno decine di persone a causa del morso dei serpenti, la divinità creatrice Vishnù, nell’iconografia classica è rappresentato seduto su un enorme serpente e con il capo attorniato da diversi cobra col cappuccio aperto.
Questo animale per gli indiani è sempre stato in stretta connessione con le divinità (nel buddismo infatti, secondo la tradizione, un cobra si pose sulla testa del Buddha in meditazione per coprirlo dai raggi del sole roventi) e soprattutto è in parte custode della conoscenza, ed è perciò un’entità da rispettare e onorare.
La religione cinese ha le stesse origini dell’Induismo e del Buddismo e, nella sua simbologia, compare da sempre il dragone, spesso anche dotato di piume. Il drago cinese è senza dubbio un’ulteriore accentuazione della figura del serpente, che in questo caso viene considerato antropicamente: esso rappresenta un simbolo propiziatore atto ad allontanare influssi maligni. È probabile che l’usanza del drago sia derivata dall’esigenza di “confortare” la popolazione cinese ai tempi delle grandi invasioni da occidente di Unni e Tartari, fornendo così un simbolo ancora più “potente” del normale serpente.
Al serpente è stato attribuito un valore mistico-religioso anche nelle civiltà europee. Moltoconosciute sono ad esempio le statuette votive cretesi della dea che stringe nelle mani due serpi. Nella tradizione minoica il serpente è un elemento positivo e propiziatore, nonché un simbolo di fertilità legato alla sfera della simbologia di tipo sessuale (il serpente rappresenta, per i cretesi come per gli indiani, un simbolo fallico).
Nell’antica Grecia questo animale è, allo stesso tempo, simbolo di positività (abbinato spesso alla medicina) e di negatività, come è testimoniato dall’affresco nella “Casa dei venti” a Pompei, dove il piccolo Ercole è ritratto mentre uccide delle vipere, davanti allo sgomento degli adulti.
Per gli antichi Romani invece il serpente era riconducibile, in particolare, a una divinità, Esculapio, considerato il custode della medicina. In più, ai Romani non era sfuggito il fatto che i serpenti sono esperti predatori di topi e ratti, e perciò erano soliti ospitare un serpente nelle loro abitazioni, ponendo così fine al problema della piaga dei roditori.
Possiamo dunque affermare che la figura del serpente nelle religioni antiche fu contraddistinta da un fortissimo aspetto di ambivalenza. Esso viene temuto per la sua velocità e per il suo veleno, molto spesso mortale. Nel contempo però vengono conferite a questi rettili capacità divine, molto spesso positive, il serpente quindi entra a far parte della religione come simbolo propiziatore e donatore di fertilità.
Così come esso è legato al mondo degli inferi, contemporaneamente fa parte del mondo solare, offre la vita ma anche la morte, conferisce autorità e ispira sicurezza in un popolo fragile ed indifeso, può uccidere con il veleno ma, proprio con questo si possono realizzare antidoti e medicine potenti.
Questa ambivalenza dei serpenti fu però rimossa dalla religione cristiana, dalla quale questi rettili ricevettero un’accezione puramente negativa, a partire dal serpente tentatore del paradiso terrestre, per continuare poi con la serpe infernale che porta sul dorso l’anticristo, rappresentando l’oscurità, il pericolo.
Questa interpretazione negativa di questi animali può essere considerata come una evoluzione o involuzione della religione cristiana. Secondo l’Antico Testamento Mosè innalza il serpente al cielo e Dio chiederà a lui di essere “innalzato” così come il serpente, dimostrando dunque che la figura di questi rettili era ben diversa da quella attuale.
Sempre tramite la Bibbia, si ha testimonianza di un culto ofidico anche nell’antica religione ebraica, all’interno della quale questi rettili, raffigurati come serpenti di bronzo, rappresentavano sia il bene che il male; l’adorazione del serpente di bronzo fu però estirpato dalla religione ebraica tramite la distruzione completa dei templi a esso dedicati.
Nella religione cristiana il serpente è divenuto il simbolo tipico di Satana. Tale attribuzione si riferisce al racconto biblico del Giardino dell’Eden, dove l’uomo e la donna infransero la legge di Dio. Nella Bibbia esso rappresenta sia l’incarnazione del nemico, come nell’episodio del paradiso, sia il Salvatore crocifisso come nel racconto del “serpente di bronzo” che Mosè pianta nel deserto.
Maria Vergine viene ritratta mentre comprime col piede la testa di un serpente, una raffigurazione che rappresenta la sconfitta del peccato.
Una serpe in un calice sta ad indicare che la bevanda è avvelenata. L’invidia, i cui pensieri sono maligni poiché si ciba di carne di serpente, ha anch’essa questo animale come simbolo. Un serpente con la testa di donna rappresenta l’inganno. Nella mitologia greca la donna che al posto dei capelli aveva dei serpenti era Medusa.
Minosse, colui che giudica le anime dell’inferno, avvolge la coda di serpente attorno al proprio corpo un numero di volte corrispondente al cerchio infernale di destinazione del dannato. Ercole, neonato, uccide due serpenti a mani nude, da adulto ucciderà l’Idra. Il serpente è anche simbolo della prudenza (Matteo, 10, 16: “siate prudenti come i serpenti”) questo significato spiegò anche la connessione del serpente con Minerva, dea della sapienza.
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