Vi sono libri che, negli assunti di fondo che li connotano, contrastano radicalmente il senso comune dell’età presente e le sue false evidenze solari. Un volume siffatto è da poco nelle librerie. Lo si deve a Maurizio Ponticello, giornalista e scrittore affermato. Si tratta de I pilastri dell’anno. Il significato occulto del calendario, pubblicato dalle Edizioni Arkeios (per ordini: ordinipv@edizionimediterranee.net06/3235433: euro 22,50). Quest’opera, ben scritta, chiara, organica ed esaustiva financo nella presentazione di conoscenze erudite, libera il lettore dai pregiudizi utilitaristici, materialistici e consumistici che attualmente gravano sul modo di esperire il tempo e la stessa idea calendario.
Da questo particolare punto di vista, è possibile asserire che l’autore porta a compimento, ampliandolo e rinnovandolo, un lavoro iniziato dal compianto Alfredo Cattabiani diversi anni fa, con la pubblicazione per i tipi della Rusconi del Calendario.
Ponticello, infatti, muove da considerazioni etimologiche, ricordando che diversi tra gli esegeti contemporanei di tali tematiche, ritengono, a torto, sotto l’influenza della pervasiva mentalità economicista, che il termine calendario derivi da un vocabolo latino usato per identificare il registro che censiva gli interessi debitori maturati al primo del mese. In realtà , il termine greco kalao, allude alla possibilità di trasferire sul piano terrestre ciò che è vigente sul piano cosmico. Pertanto, al fine di recuperare una concezione qualitativa del tempo, è bene tenere a mente che il calendario è un “breviario dell’universo” (p. 9), affermazione in sintonia con la concezione tradizionale che insegna che “Cielo e Terra sono Uno”.
Del resto, la parola “tempo” cela in sé il rinvio al sacro. Temno, nella lingua greca, rinviava all’atto con cui qualcosa veniva divisa secondo ordine e misura. Lo stesso significato è implicito in “tempio”, spazio sacralizzato in opposizione allo spazio profano. E’ così che le Kalendae in origine a Roma erano consacrate a Giano e Giunone e, solo in seguito, dettero il nome ad un almanacco nel quale si potevano leggere le notizie astronomiche e agrarie, assieme a quelle inerenti la celebrazione delle festività e la lunghezza dei giorni e delle notti.
Il calendario: “…nato come vademecum per identificare i tempi sacri dell’universo, quindi, soltanto in seguito divenne un almanacco di appunti” (p. 15). All’inizio esso mirava a far rilevare la relazione con la divinità di turno, che presiedeva a quel particolare passaggio dell’anno. Quest’idea del tempo arcaico, tendeva a individuare nel flusso, nel divenire, il ritorno del simile, a cogliere nella metamorfosi la trama dell’eterno, nella convinzione che uomo e cosmo fossero legati da un sintonico filo d’oro. Allo scopo, l’uomo arcaico costruì i santuari-osservatori megalitici ove si svolgevano riti finalizzati a riconnettere l’interiorità umana alle potestates del cosmo, cosa che poteva indurre guarigioni taumaturgiche.
Tale corrispondenza simpatetica di micro e macrocosmo è ancora presente ed esplicita in Paracelso, nell’epoca in cui iniziò il processo di matematizzazione della vita che introdusse, l’ancor oggi vigente, rapporto “apprensivo” nei confronti della temporalità .
Ma, ahimè, il tempo non si lascia imbrigliare dalla ratio calcolante! Gli antichi calendari attestano che quei popoli avevano compreso che : “…al tempo mobile corrispondeva una sua regolazione altrettanto mobile” (p. 17), e questo in quanto il trascorrere muore e poi nasce, riproducendosi dalle sue stesse ceneri. La rigenerazione temporale periodica è legata alla corrispondenza sub specie interioritatis, di ordine cosmico ed umano. In questo caso: “Le tappe cosmiche coincidono analogicamente con quelle interiori, la misura dell’uni-verso in eterno e ciclico movimento è la medesima di quella spirituale” (p. 19). Quali sono, dunque, le fondamentali tappe cosmiche e spirituali? Sono i “pilastri dell’anno”, cioè equinozi e solstizi. Essi tracciano un percorso del ciclo temporale in andata e in ritorno che produce, simbolicamente, un asse verticale. In esso fasi privilegiate sono rappresentate dai mesi di gennaio e giugno, dal semestre oscuro e da quello luminoso, posti a Roma rispettivamente sotto la tutela di Giano e Vesta. Guénon, che aveva assimilato l’universo a una montagna e ad una caverna cosmica, lega l’antro ai due punti d’accesso segnati dallo zodiaco sull’asse Nord-Sud, la porta degli dei e la porta degli uomini, solstizio d’inverno e d’estate.
In termini ermetici, ricorda l’autore, tutto ciò può essere riferito alla procedura di solve e coagula. Allo scioglimento alchemico di Brumalia, ossificazione hiemale, corrisponde la coagulazione dell’Estate, cui farà seguito un nuovo solve e così via.
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