La mappa delle foreste primitive è stata tracciata grazie a minuscoli frammenti fossili di piante.
Il risultato, pubblicato su Science, si deve al gruppo coordinato da Regan Dunn, dell’Università di Washington, e potrà aiutare a vedere come le comunità animali e vegetali del pianeta hanno risposto ai cambiamenti climatici in passato e come reagiranno a quelli futuri.
“Conoscere la struttura della vegetazione di un territorio e la disposizione delle foglie sulla superficie terrestre è la chiave per comprendere gli ecosistemi” rileva Dunn. “La densità della vegetazione, infatti, influenza precipitazione, erosione, comportamento degli animali. Quindi avere questa informazione può far luce su come erano gli ecosistemi della Terra e come sono cambiati nel corso di milioni di anni”.
“Ora”, aggiunge la ricercatrice, “abbiamo uno strumento per poter vedere cosa è accaduto alla vegetazione in periodi di cui non conosciamo nulla, come subito dopo l’estinzione dei dinosauri”.
Gli scienziati si sono concentrati sui fossili di piante raccolti soprattutto in Patagonia e relativi al periodo compreso fra 49 milioni e 11 milioni di anni fa. In particolare hanno analizzato le cellule delle piante fossili conservate nelle rocce e nel suolo.
Le cellule dello strato più esterno delle piante, infatti, cambiano nella dimensione e forma a seconda di quanto la pianta è esposta alla luce. Per esempio, le cellule di una foglia che cresce all’ombra sono più grandi e curve rispetto alle cellule di foglie che si sviluppano nelle zone più assolate.
Questi modelli cellulari appaiono anche nei fossili vegetali. Queste informazioni hanno permesso di calcolare struttura e densità di alberi, arbusti e cespugli nel tempo.
“Con questo metodo”, sottolinea Caroline Strömberg, dell’Università di Washington, “possiamo finalmente comprendere come gli ecosistemi della Terra hanno risposto ai cambiamenti climatici nel corso di milioni di anni, e come cambieranno in base agli scenari climatici futuri”.
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