I recenti sviluppi della situazione conflittuale in Iraq, e l’approccio secondo noi errato con cui viene trattata, ci hanno fatto riscontrare che, al di fuori di quegli ambienti che seguono scientificamente l’argomento, esista (purtroppo) un mare magno di disinformazione e di pressapochismo, che poco o nulla aiutano a comprendere i fatti come si stanno svolgendo, gli attori partecipanti, e le dinamiche che ne stanno alla base.
Sentire l’isteria mediatica riguardante la “minaccia” islamica contro l’Occidente, e veder perorati tali argomenti da dei pesci bolliti istituzionali, che non hanno nemmeno la preparazione culturale per comprendere che l’Islam non è un monoblocco granitico, o che non tutto quel che sta avvenendo è frutto di una sorta di grande finalità religiosa, argomentazione al quanto strana in una civilizzazione laica come la nostra, ci fa sentire la necessità di offrire un contributo che possa, nel limite della platea che ci segue, dare spunti di maggior comprensione dell’argomento, e una visuale che abbia solide motivazione per distaccarsi dalla canea dominante.
Arabia Saudita contro Iran; ovvero Islam contro Islam
Partiamo da quello che, a nostro giudizio, è il perno intorno a cui si muovono numerose crisi attualmente in corso in Medio Oriente e nella penisola araba: la rivalità geopolitica tra Arabia Saudita e Iran.
Queste due realtà, esclusa la Turchia che è un elemento ulteriormente differenziato, rappresentano oggi i poli opposti di uno scontro tutto interno all’Islam, sia da un punto di vista religioso e culturale, ma soprattutto di sistema/modello che possa coagulare concretamente una forza regionale stabilizzante, in grado di poter essere protagonista nel quadro più ampio del multipolarismo mondiale.
Non riteniamo questa la sede per dissertare approfonditamente sulle diversità di natura religiosa tra Arabia Saudita ed Iran, semplicemente ci limitiamo col dire che da esse si sintetizza un approccio politico agli antipodi, che coinvolge anche tutto quello che concerne l’ordinamento sociale ed economico, e la modalità conseguente con cui esso si propone a realtà potenzialmente recettive, o che necessitano di una riorganizzazione e di una stabilizzazione.
Nell’ultimo decennio, con il declino dell’interventismo USA in Iraq ed Afghanistan, Teheran e Riyad hanno intrapreso la costruzione di una fitta rete di rapporti e di alleanze in tutta l’area di loro interesse, sfruttando situazioni in cui storicamente era preesistente un legame, oltre che intervenire direttamente in questioni di criticità che di volta in volta hanno coinvolto lo Yemen, la Siria, il Bahrein e tutti quegli scenari dove lo scontro fra sunniti (e sue variabili) e sciiti (e sue variabili) poteva integrarsi nel più ampio confronto tra Iran ed Arabia Saudita.
Anche l’appoggio a realtà che non rappresentano dei veri e propri Stati/nazione, ma che tuttavia hanno una valenza politica, economica e, soprattutto, militare, caratterizza questa vera e propria polarizzazione interna all’Islam. In Libano il movimento Hezbollah è de facto uno Stato nello Stato, le cui caratteristiche specifiche e le dinamiche di proiezione strategica sono riscontrabili solamente nel modello della Repubblica islamica iraniana.
Così come lo Stato Islamico (IS) o il gruppo “siriano” del Fronte al-Nusra sono direttamente identificabili con la visione del mondo saudita.
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