Di Tommaso Segantini
Nel suo libro “Not for Profit. Why Democracy Needs the Humanities”, Martha Nussbaum, filosofa americana e insegnante all’università di Chicago, analizza con lucidità l’attuale crisi delle materie umanistiche nelle istituzioni scolastiche, e le conseguenze che essa potrebbe avere sulla società. La tesi principale del libro è che questo declino delle materie umanistiche (taglio alle ore di insegnamento e poca valorizzazione delle materie) impedisce la formazione di uno spirito critico negli studenti, elemento essenziale per la costruzione e il funzionamento di una vera democrazia.
Le materie umanistiche, spiega Nussbaum, vengono sacrificate in nome di materie più “scientifiche” (le scienze, l’economia). Queste materie, seppur utili, non sono in grado di stimolare confronto e riflessione, e si limitano ad inculcare nozioni. Con questo non si vuole sminuire l’importanza delle materie scientifiche. Il punto importante da capire è che queste materie hanno senso e valore soltanto se supportate da una base umanistica, base essenziale per lo sviluppo di un certo grado di criticità.
Il declino di materie come filosofia, storia dell’arte (che in Italia è stata addirittura abolita) e molte altre non è casuale; rientra perfettamente nelle logiche di un capitalismo pienamente realizzato come quello di oggi. In un mondo che obbedisce alle leggi del mercato, anche la scuola si è dovuta “adattare”: le riforme applicate dai governi alle scuole sono necessarie al Paese per rimanere competitivi e accumulare profitti nel futuro. L’importante, secondo la concezione della scuola di oggi, non è fornire agli studenti gli strumenti necessari per riflettere e per interrogarsi sul mondo, ma è far andare avanti un sistema a un ritmo sempre più sfrenato. Oggi il sistema scolastico è diventato una sorta di fabbrica che sforna giovani ingegneri, economisti, tecnici ecc., pronti a inserirsi nell’ingranaggio infernale del sistema capitalistico odierno.
A pagarne le conseguenze saranno, inevitabilmente, gli studenti. Come spiega molto bene Sir Ken Robinson, educatore e scrittore britannico, le scuole di oggi sono improntate su un modello industriale. La campanella e i rigidi orari, le materie insegnate separatamente, la suddivisione degli studenti per età, sono alcuni degli aspetti che ricordano una fabbrica. I presidi vengono chiamati manager ed esistono debiti e crediti. Le scuole sono basate sulla standardizzazione e sull’omologazione. Le diversità degli studenti e la complessità dello sviluppo umano vengono presi troppo poco in considerazione. A causa di questo, i giovani spesso hanno una bassa autostima, e sono incapaci di trovare ciò che realmente li appassiona.
Il significato etimologico del verbo “educare” è “tirar fuori ciò che sta dentro”. La scuola deve ritornare a creare le condizioni affinché le potenzialità diverse di ogni studente possano manifestarsi pienamente. Gli studenti non sono merci da immettere sul mercato del lavoro, ma esseri umani complessi, con aspirazioni diverse. Rivoluzionare il sistema educativo oggi è il primo passo fondamentale per formare quelli che saranno, si spera, in grado di cambiare il presente e essere protagonisti del futuro.
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