Ciao Italia, la Fiat se ne va
Di Giuliano Augusto
La Fiat saluta e se ne va. Come previsto la sede legale sarà in Olanda e quella fiscale nel Regno Unito. Questo secondo particolare è stato imposto dai fondi di investimento statunitensi che a volte potranno pure essere speculatori ma sicuramente non sono fessi. A Londra la tassazione sui dividendi è infatti molto più bassa che in Italia e questo spiega la scelta di Marchionne e degli Agnelli-Elkann di sbarcare nella City. Dopo aver vissuto per oltre un secolo sulle spalle del contribuente italiano, e dopo essere stata privata di sovvenzioni pubbliche nel nostro Paese, l'ex famiglia più ricca di Italia ha cercato subito di rifarsi. I soldi di Obama sono serviti a rimettere in sesto la Chrysler e la Fiat che di fatto l'ha incamerata gratis, si è trovato servita su un piatto d'argento la possibilità di creare un gruppo globale dell'auto. Un gruppo che, per quanto riguarda le auto marchiate Fiat, non brilla certo per qualità . Una pecca antica testimoniata da modelli come le famigerate Duna e la vecchia 500 prodotta in Polonia. Due autentici bidoni che hanno contribuito a diffondere l'immagine della Fiat come produttrice di auto che è meglio fare comprare dagli altri. Una questione di punti di vista? No, una realtà sconfortante che ha contribuito a sputtanare le auto del gruppo tranne le Ferrari e le Maerati che continuano a vivere di gloria propria. Una realtà che ha contribuito anch'essa allo sfascio dell'Italia dalla quale Elkann e Marchionne si stanno poco elegantemente defilando con la scusa che qui la produttività dei dipendenti è bassa. La verità è che gli operai italiani costano il doppio dei brasiliani e dei polacchi e quattro volte più dei serbi. Gli azionisti, per la percentuale dell'80%, hanno detto sì alla fusione. E' stata l'ultima volta che l'assemblea dei soci si è svolta al Lingotto. Non che le prossime riunioni saranno avvolte nel mistero visto che si svolgeranno all'estero. I quotidiani italiani, grazie ai soldi della pubblicità che hanno regolarmente incassato, si sono infatti sempre guardati bene dal sollevare obiezioni a questa smobilitazione dall'Italia dove rimarranno le produzioni delle auto di lusso destinate agli Stati Uniti e all'Estremo Oriente e forse quelle delle utilitarie (Punto) e delle cittadine (Panda e 500) che rappresentano i modelli più venduti ma che purtroppo per i conti aziendali non assicurano grandi profitti nel differenziale ricavi-costi. Un male antico. Ora comunque Fiat-Chrysler sarà un'azienda globale posizionata in tutto il mondo e in tutti i segmenti di mercato. Grandi speranze muovono i sogni di Elkann e Marchionne che, grazie all'ingegneria finanziaria e ai soldi del Tesoro Usa, hanno fatto bingo senza fare scucire i soldi alla famiglia Agnelli che da questo punto di vista non ci ha mai sentito molto. Anzi niente. Socializzare le perdite (cioè rifilarle allo Stato) e privatizzare i profitti. Questo è stato sempre il copione. Marchionne ha parlato della necessità di fare un “salto di qualità ” aggiungendo che l'azienda può puntare in alto e divenire uno dei colossi mondiali dell'auto. Vendere 7 milioni di auto l'anno a fronte di 130 miliardi di euro di fatturato. Un traguardo proibitivo per un gruppo che è chiamato soprattutto a ricostruire la propria immagine. E questo è il compito più impegnativo, quasi insormontabile.
Fonte:http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=23550
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