Di Lorenzo Pennachi
Così, si esprimeva Henry David Thoreau nel suo ultimo libro, “Camminare”, scritto poco prima di morire, nel 1862. In questo testo sono raccolti i pensieri dell’autore riguardo quest’intensa attività, fisica nonché spirituale, alla quale si dedicò durante tutto il corso della propria vita. I suoi ultimi anni, in particolare, furono caratterizzati da lunghissime passeggiate nei boschi di Concord, i quali, all’epoca, erano un perfetto esempio di natura incontaminata.
Come è noto, Thoreau fu un estremo difensore della natura incontaminata ed un acerrimo nemico dell’industrializzazione che stava incominciando a distruggere la bellezza della biodiversità. Oggi, il filosofo trascendentalista per eccellenza, sarebbe indignato nel vedere come la storia sia andata nella direzione opposta rispetto alla sua visione, elevando parole come “progresso” e “consumo”, al di sopra di quelle di “stabilità” ed “essenzialità”.
Nel mondo odierno, l’umanità sembra essere distaccata da sé e da ciò che la circonda. Dopo aver costruito enormi città, elaborato grandi teorie e varcato i confini della Terra, nel presente sembrano esserci più problemi rispetto al passato. In particolare, l’uomo moderno, figlio del capitalismo, appare come un essere infelice. La paradossalità della modernità è sconcertante: la ricchezza materiale è inversamente proporzionale al benessere delle persone.
Con il passare del tempo l’umanità ha inventato ed intrapreso migliaia di attività incredibili, ma adesso sembra aver dimenticato le azioni basilari, o per dirla alla Thoreau “i fatti essenziali della vita”. La stragrande maggioranza degli uomini, almeno in occidente, si siede male, mangia peggio e passa la sua vita tra una sedia d’ufficio o un banco scolastico, il sedile della macchina ed il divano di casa. Siamo fermi. Fermi perché troppo stanchi della giornata appena trascorsa, o perché troppo incantati dagli effetti speciali del nuovissimo film. E, se dovessimo muoverci, ovviamente preferiremmo farlo con l’auto o la moto.
Del resto, camminare è un atto intenso, dinamico, rivelatorio, poco adatto ai dogmi della società contemporanea. Per camminare si intende intraprendere quest’attività non come mezzo, ma come fine. Andare a fare la spesa a piedi, per esempio, rientra solamente in minima parte in questa azione. Scalare una montagna o passeggiare in un bosco, invece, è esattamente ciò a cui facciamo riferimento in questo caso.
Mettersi in cammino significa sfidare il proprio io, tentando di comprendersi e di ricollegarsi a ciò che ci circonda: dagli alberi, ai laghi, a delle semplici foglie. L’essenzialità è l’elemento caratterizzante: niente cellulari, pc, trucchi, ma solamente uno zaino, un paio di scarponi e la volontà di stupirsi con ciò che di veramente bello esiste nel mondo. Durante il cammino non ci sono cose da comprare, ma persone da essere. Camminare è soprattutto un’attività spirituale, che ci porta ad intraprendere un percorso teso alla riscoperta di chi siamo e di cosa vogliamo.
In oriente la ricerca di sé è ancora più essenziale. La meditazione zen consiste nello stare fermi ad attendere, tenendo cura di tutti i particolari, dal respiro, alla postura, al (non) pensiero.
Anche qui l’atto in sé è il fine e non il mezzo, ma la sfida, che è sempre contro il proprio io, è tesa a far scomparire l’ego. Da occidentali, sembra molto difficile poter comprendere questo concetto, tanto intenso quanto distante dalla nostra vita. Potremmo leggere migliaia di testimonianze e di libri a proposito, ma per scoprire veramente in che cosa consiste non ci resta che praticarlo. Lo stesso discorso vale per il camminare. Mettersi in cammino, consapevoli di quello che si sta facendo, è un’esperienza unica in grado di rigenerare la nostra mente, il nostro spirito ed il nostro corpo, costantemente assoggettati al movimento routinario che determina la nostra esistenza.
Anche qui l’atto in sé è il fine e non il mezzo, ma la sfida, che è sempre contro il proprio io, è tesa a far scomparire l’ego. Da occidentali, sembra molto difficile poter comprendere questo concetto, tanto intenso quanto distante dalla nostra vita. Potremmo leggere migliaia di testimonianze e di libri a proposito, ma per scoprire veramente in che cosa consiste non ci resta che praticarlo. Lo stesso discorso vale per il camminare. Mettersi in cammino, consapevoli di quello che si sta facendo, è un’esperienza unica in grado di rigenerare la nostra mente, il nostro spirito ed il nostro corpo, costantemente assoggettati al movimento routinario che determina la nostra esistenza.
mi trovo d'accordo con la maggior parte dell'articolo, salvo il dettaglio di cercare di far scomparire l'ego con la meditazione.
RispondiEliminaavendo iniziato a meditare con questo spirito non ho mai ottenuto grandi risultati.
questo perchè non accettare una parte di noi stessi, per quanto a volte possa essere fuorviante dalla pace interiore, non è mai salutare.
oggettivamente noi occidentali crediamo che sia possibile, con l'esercizio zen di qualsiasi tipo, spegnere la mente.
in realtà, tutto quello che è possibile fare è rendere la mente e di conseguenza l'ego, dei fedeli servitori del cuore (sede della consapevolezza e della pace interiore).
la mente può diventare meno aggressiva, i pensieri diventano uno scorrere fluido e non un continuo rimestamento disordinato.
grazie per il vostro bell'articolo, chissà che qualcuno non si avvicini alla meditazione o alla preghiera
Grazie per il commento, molto bello.
EliminaTrovo interessante e abbastanza condivisibile quando dici che non accettare una parte di noi stessi, e in questo caso l'ego, sia non salutare, anche se penso che può anche non essere sempre così, magari anche solo per alcuni individui.
Per quanto riguarda meditazione e preghiera, penso che per (ri)trovare sè stessi e la propria via e/o per diventare maggiormente consapevoli, non siano per forza di cose necessarie, ma credo che ognuno trovi ciò per cui è adatto, sia la preghiera,la meditazione o perchè no anche una semplice camminata !