L'importanza dell'educazione e dell'informazione libera
Informare non significa indottrinare qualcuno, non significa mostrare solo il lato della medaglia che più ci piace. Educare non significa imporre delle idee, ma piuttosto stimolare la mente ad una crescita flessibile, variegata, elastica. Significa aiutare nel cammino, invogliare, diversificare le proposte e le tematiche, rendendo la mente come una pianta con continui germogli e frutti, non un vaso da riempire con nozioni senz'anima.
L'informazione, anche quella indipendente, è sovente farcita da errori, articoli "copia e incolla" spesso non verificati né da chi li scrive ne da chi li riporta sui vari siti, spacciati come verità assoluta. Internet è una fonte pressoché inesauribile di notizie, articoli, statistiche, interviste, dati, sondaggi, ci si può trovare tutto ma anche il contrario di tutto. Chi scrive su questo blog ama l'informazione nella sua autenticità, senza spennellate di ideologia tra le righe, senza compromessi, almeno qui.
Se l'auto che usiamo da anni continua a rompersi, a perdere pezzi, a lasciarci a piedi, a costarci conti salati dal meccanico, dobbiamo considerare l'idea di cambiarla. Questo non vuol dire che siamo contro ogni auto, ma vuol dire fare un ragionamento logico che va a nostro vantaggio.Analogamente il sistema economico, politico e sociale è come una macchina che decenni fa aveva promesso mirabolanti progressi, l'eliminazione della povertà, la riduzione dei divari tra paesi ricchi e poveri, il successo del libero mercato, della globalizzazione sul protezionismo, della catena di montaggio sull'artigiano locale, della crescita senza limiti sulla conservazione delle risorse, di un benessere a pioggia, nessuno escluso. Questo sistema, questa macchina, sta dimostrando i limiti delle sue promesse, perde pezzi, viene quotidianamente riparata per fare ancora qualche km, perchè i suoi sostenitori continuano a farci soldi a palate. Non vogliono il cambiamento, non vogliono il benessere di tutti, ma solo della loro Elite, e di quelli legati a quell'élite, un esercito di adepti, in una spirale di potere e privilegi.
Sul concetto di educazione troviamo John Dewey (1859-1952), autorevole rappresentate nel ramo della pedagogia e filosofia Statunitense, secondo cui le esperienze non vengono imposte dall'insegnante, ma nascono dagli interessi naturali degli alunni ed il compito dell'educatore è quello di assecondare tali interessi per sviluppare attraverso essi il senso della socialità.
L'insegnamento, secondo Dewey, deve essere dettato da un processo di continua evoluzione, ogni nozione dovrebbe condurre alla successiva, in una crescita costante, un movimento libero. Esiste un'intrinseca continuità nell'educare, o vi è piuttosto una serie di atti aggregati gli uni con gli altri? Sovente ci troviamo a studiare delle scatole chiuse, dei traguardi finiti. Non è una crescita reale, un passo che spinge al seguente passo, ma una serie di nozioni fini a se stesse, qualcosa di imposto dagli insegnanti. Un sistema di pensiero che ci porteremo nella società. Chi insegna dovrebbe comprendere questo: bisogna sviluppare un processo mentale qualitativo, non la risposta giusta. Ogni grande progresso nelle scienze è arrivato da pensieri alternativi, fuori dai canoni classici delle teorie prestabilite. Un contadino pianifica le sue attività in accordo con la natura circostante, ogni stagione può essere diversa a seconda delle variabili esterne: sole, vento, pioggia, parassiti, terreno. Deve comprendere e prevedere, e così dovrebbe fare un maestro, ogni giorno, ogni passo, ogni alunno è diverso e questo richiede un adattarsi alle sue esigenze.
Quello che l'insegnante propone non è frutto delle sue scelte, ma di un sistema superiore che decide quali testi adottare, quale metodo sviluppare per gli studenti, anche se è quello meno opportuno. Si viene a creare un conflitto. Come se delle autorità esterne imponessero al contadino di piantare patate in un terreno più adatto per i pomodori, o seminare in quel periodo anche se fosse il meno adatto per la semina.
Per questo, sottolinea Dewey, una buona Democrazia è quella che stimola e promuove pensieri indipendenti, attivi. Altrimenti si rischia una deriva nel pensiero unico, un monocolore che sà molto di indottrinamento. Una dittatura della maggioranza che non discute ma deve imporre il suo sistema. L'individualità viene annichilità per far posto alla massa, ad un gruppo che deve far numero, senza troppe domande. L'Aristocrazia è una forma di governo nelle mani di pochi, considerati "migliori", che controllano lo Stato nell'interesse della comunità.L'oligarchia è una sua forma degenerata, dove quei "migliori" impongono il potere ma per i loro interessi privati. Secondo Aristotele:" quei pochi esercitano il potere indebitamente, o in quanto non ne hanno il diritto o in quanto lo fanno violando le leggi o, infine, in quanto lo esercitano favorendo gli interessi particolaristici a scapito di quelli della comunità". Ritornando ai giorni nostri, e considerando, per esempio, il potere "democratico" di un referendum, spesso non rispettato. Oppure a una politica sempre più invischiata nella corruzione, o che investe negli armamenti e non nell'educazione, possiamo riferirci alla realtà che ci circonda come ancora democratica?
Fonte:http://maremmacinghiala.blogspot.sg/2014/07/la-storia-insegna-neoliberismo.html
Ottima analisi, da condividere come buona informazione :)
RispondiEliminaGrazie :)
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