Di Alessandro della Ventura
Nell’era odierna che stiamo vivendo sta succedendo una cosa molto strana. Pensiamo di poter gestire completamente la nostra vita. Abbiamo la tecnologia per vivere comodamente, per progettare ogni nostra azione in modo da limitare gli sforzi. Ci sentiamo al sicuro dentro le nostre case. In tutta la nostra vita sembra che non ci sia nulla che non vada perchè tutto risponde al nostro apparente comando. Ci sentiamo inattaccabili e pensiamo di avere il pieno controllo sul dispiegarsi degli eventi che si susseguono. Eppure…eppure potremmo non essere veramente “vivi”, o almeno non esserne consapevoli. Quante volte avete pensato dentro di voi “sono vivo”, “sono felice e grato di essere vivo in questo momento”? Può sembrare banale ma non lo è affatto. La maggior parte di noi non è consapevole di essere vivo in questo istante. Siamo così indaffarati nelle nostre faccende quotidiane da non accorgerci della questione principale: che noi siamo qui. Ora. E già questo di per sè è un dono inestimabile niente affatto scontato.
Questo problema è tipico della società occidentale e si può risalire alla sua origine fin dalla definizione di Descartes: “cogito ergo sum”. Con questa affermazione il soggetto assume rilevanza e consistenza implicita su tutto il resto. Come sostiene Heidegger nei suoi Seminari, con Cartesio “l’uomo diviene l’upokeimenon, ilfondamentum inconcussum (la base, il fondamento incrollabile, certo)”. Si assume come certezza l’esistenza dell’uomo e ci si sposta dal piano veritativo a quello della certezza. Da quel momento in poi l’uomo non ha più bisogno di porsi domande circa la sua esistenza perchè quel problema è già superato, è una certezza incrollabile.
Al contrario per il mondo orientale è fondamentale la consapevolezza del momento presente, dell’esistenza del singolo. Una piena esemplificazione di questo punto è l’importanza conferita alla respirazione. Ci siamo mai posti il problema della respirazione nella nostra società? La diamo per scontata, così come diamo per scontato che siamo qui. Invece nelle filosofie orientali spostare l’attenzione al respiro diventa fondamentale per essere consapevoli della vita che entra dentro di noi. Perchè questo è il respiro. E’ ciò che ci tiene in vita. E come possiamo dare per scontato una cosa così importante?
Nel bushi-dō(la filosofia dei samurai), ad esempio, si evidenzia il concetto fondamentale della respirazione come momento basilare per accedere alla consapevolezza di sè: “riconoscere la vita in ogni respiro…questo è bushi-dō“. Ogni momento è importante per avere consapevolezza che la vita esiste e ci è stata donata. In Hagakure (uno dei testi più importanti in cui trova maggior espressione la filosofia dei samurai) è frequentemente affrontato questo tema: “Esiste solo il particolare scopo del momento presente [...] il samurai deve mantenere l’attenzione sul momento presente.” Di fronte a queste considerazioni si aprono due riflessioni. La prima salta subito all’occhio nel considerare l’importanza data all’attenzione ai dettagli della realtà mutevole e impermanente che ci circonda. Per questo motivo l’intera cultura giapponese è devota alla cura dei dettagli: l’arte di curare il gusto estetico nella disposizione accurata dei fiori, l’attenzione costante alla gestualità e ai movimenti in ogni momento della vita quotidiana in base ai principi della filosofia zen, la stessa calligrafia giapponese che tende a risaltare la cura e la decisione nel tracciare i caratteri kanji… Anche le arti marziali sono ovviamente incentrate sull’attenzione al momento e ai dettagli. Nel combattimento si è sempre di fronte alla vita o alla morte, alla vittoria o alla sconfitta, e un minimo momento di disattenzione equivale ad aver già perso, ad essere stati sconfitti. E’ esemplare il fatto che i maestri giapponesi di arti marziali , quando devono spiegare l’esercizio da effettuare ai loro allievi danno la dimostrazione una sola volta. Questo per far accrescere negli allievi la capacità fondamentale di carpire con gli occhi anche i più piccoli dettagli. Bisogna essere in grado di catturare quel momento unico e saperlo attualizzare subito dopo. Questo è il cuore della pratica. E allo stesso tempo spostare l’attenzione ai dettagli è fondamentale. E’ la differenza tra un ottimo e un pessimo praticante. Può sembrare strano ma anche il modo di assumere una postura, di dare un pugno può cambiare te stesso e la sua efficacia a seconda della cura che poni ai piccoli dettagli. Sono questi che fanno la differenza.
La seconda riflessione è che la maggior parte di noi tende sempre a fare differenza tra tempo in senso lato emomento presente. Pensiamo sempre che la vita quotidiana sia diversa dall’attimo decisivo ma in questo modo non ci troviamo mai pronti quando arriva il momento di agire.
Forse anche Orazio con il suo “carpe diem” aveva voluto premere su questo aspetto dello spostare l’attenzione all’attimo, ma anche in questo caso la nostra società occidentale e materialista si è appropriata di un concetto così elevato per ridurlo a mera ricerca sfrenata del piacere, dando in questo modo una visione fuorviante, diventata apologia della distrazione dalla vita piuttosto che della consapevolezza della sua esistenza.
Pensiamoci per un attimo. Siamo vivi. Ora.
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