Il silenzio e il bello

apr 30, 2014 0 comments

Di Giacomo Belisario
Non appena ci si accinge a riflettere sul silenzio e si tenta di darne una definizione, risulta chiara la complessità e l’importanza di questo concetto. Dall’antichità ad oggi esso è stato oggetto di speculazioni filosofiche e teologiche, nonché di richiami poetico-letterari. Questo grande interesse testimonia l’essenziale legame esistente tra il silenzio e il bello.
Il concetto di silenzio, dunque, presenta numerose affinità con l’idea di bello che traspare nel pensiero di Platone, il quale pone alcune tra le più importanti problematiche che verranno riprese nella successiva storia dell’estetica (la concezione realistico-cosmologica della bellezza, la sua lettura in connessione con il problema del bene, il suo significato ermeneutico…).Il silenzio sembra appartenere, come il bello platonico, ad una dimensione sovrasensibile, sfuggente com’è ai vincoli della materialità. La contemplazione del bello in sé è il risultato di un lungo e faticoso processo che compie il filosofo (inteso etimologicamente come chiunque ami, aspiri al sapere) a partire dall’osservazione e dall’amore graduali per ciò che di bello si presenta alla sua sensibilità, una vera e propria scalata verso il mondo delle idee.
Si può ritenere che per vivere pienamente il silenzio sia necessario all’uomo uno sforzo analogo a quello descritto da Platone a proposito della bellezza: solo chi si abitua ad un attento ascolto dei suoni, dei rumori riuscirà a riconoscere e ad amare ciò che di bello c’è in questi, arrivando infine a godere pienamente del silenzio. Il Silenzio è dotato di una immensa potenza creatrice. All’uomo non resta che affrontare una sfida ermeneutica, d’interpretazione di ciò che gli si presenta attraverso i sensi . Solamente partendo dai sensi riuscirà a prendere lo slancio verso ciò cui essi rimandano, verso la realtà extra-sensibile. Solo chi sa contemplare il bello, ascoltare il silenzio realizza al meglio le facoltà umane di percezione della realtà.
Il quadro delineato poco sopra come modello positivo, quello cioè di uomini proiettati nella ricerca del bello e del silenzio, non corrisponde affatto alla realtà dei nostri giorni. E’ evidente come gli uomini d’oggi abbiano perso la capacità e la spinta a riconoscere intorno a sé quanto c’è di bello e a crearsi autentici momenti di silenzio.
Sin dall’antichità la bellezza ha coinciso con lo stupore, la meraviglia proprio di coloro che ne entravano in contatto. E a scatenare questo stupore erano le cose più diverse: un evento causato dalla natura, un paesaggio, l’espressione di un volto, una parola…
Anche le cose apparentemente più banali, se guardate “con occhi nuovi”, erano occasione di meraviglia, non lasciavano spazio che a un sorridente silenzio. Da qui è nata la volontà dell’uomo di scoprire ciò che lo circondava. Oggi la bellezza è ridotta a banali modelli cui omologarsi per non sentirsi diversi. Forse basterebbe ritornare a ritmi più umani, alzare lo sguardo mentre si cammina per strada, ascoltare voci e suoni per capire che non è così difficile ritrovare il piacere di scoprire.

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