Di Frankpro
Nella nostra società gli addetti alla cura della malattia mentale sono gli psichiatri. Questi professionisti, sebbene abbiano seguito un percorso di studi ed una formazione in tutto e per tutto equivalente a quella degli altri medici (addetti alla cura del corpo), vengono da questi ultimi considerati medici di seconda categoria. E' notorio ma non è un aspetto casuale, bensì la proiezione del c.d. “dogma biomedico” nelle relazioni fra tipi di addetti alla cura.
Nel dogma infatti si professa che i meccanismi biologici siano la base della vita, gli “eventi mentali” invece sono solo successivi rispetto a questi e dunque vanno posti in subordine. Fa d'uopo che i medici che si occupano di eventi mentali siano soltanto professionisti di “serie b”?! Mettiamola così.
Come hanno reagito gli psichiatri dinanzi a questa situazione frutto di un fondamento apparentemente ineludibile della suprema scienza medica? Semplice: cercando di aderirvi il più possibile! Per lo meno: la maggior parte degli psichiatri - pena il fatto, meschino ai loro occhi, di doversi sentire non più dei “veri scienziati” che si sarebbero occupati di fatti, ma solo di inafferrabili eventi - ha deciso di andare nella direzione suggeritagli dai colleghi. Alcune fazioni minoritarie invece hanno preferito rimanere in disparte, qualcuno col punto interrogativo stampato sulla fronte, altri invece semplicemente smarriti.
Così, la maggioranza degli psichiatri si son rimboccati le maniche per ridefinire la malattia mentale come il risultato dell'ennesima forma di disorganizzazione di certi meccanismi fisiologici, biochimici, che alla fine incidono sull'organo cervello, anziché sull'organo cuore, o milza o fegato che sia.
In questo senso dunque, la malattia mentale è uguale a quella fisica, soltanto che agisce sul cervello, anziché su un altro organo. I sintomi cardiaci e quelli mentali sono solo sintomi di due tipi di malattie diverse che comunque originano da un disordine nelle nostre cellule e molecole. Il microscopio, secondo loro, accorrerebbe lesto ad attestarlo.
Questo, che in realtà è un mero svilimento concettuale, ha prodotto una situazione curiosa. Infatti, quelli che la notabile scienza medica definisce “guaritori” operano con tecniche diciamo psicologiche persino su malattie fisiche. Gli psichiatri invece si son messi ad utilizzare gli stessi sistemi di cura dei colleghi del corpo, per guarire le turbe mentali!
Il cd “orientamento organico” della psichiatria ha cioè trapiantato i concetti prima, ed i metodi poi, della medicina che cura il corpo. Non solo, ma ci si è sforzati di creare un forte sistema di classificazione (riduzionista) nell'ambito dei mali della mente, per correlare in maniera inequivocabile specifici disturbi biochimici / fisiologici a determinati sintomi mentali, dunque malattie e relative diagnosi.
Ma la cosa bella è che questo approccio non ha dato affatto i risultati sperati, anzi, si può dire con certezza, senza timore di essere smentiti, che ha fallito quasi completamente. E, paradosso dei paradossi, continua però imperterrito ad essere largamente applicato?!
Cosa fanno in soldoni oggi gli psichiatri, per curare la malattia mentale? Lo stesso degli urologi, gli internisti, gli pneumologi, ecc: prescrivono farmaci. Questi farmaci però hanno come bersaglio i sintomi. Cioè cancellano o alleggeriscono i sintomi dei mali psicologici dei pazienti. Niente di più.
Il che è esattamente, dannatamente contro-terapeutico!
Se infatti si guarda alla salute della persona in un'ottica olistica, si sa bene che la malattia deriva da una cattiva o mancata valutazione di una esperienza / informazione, che la vita ci chiede di integrare. Il manifestarsi dei sintomi indica un tentativo, da parte dell'organismo, di indicarci un problema e una strada, un modo per superarlo ed acquisirlo nella nostra coscienza.
E la psichiatria, nel suo acquisito orientamento bio-medico, distrugge quei sintomi!
La vera terapia sarebbe quella di costituire in primo luogo un ambiente protetto ed armonioso per il paziente, in cui i suoi sintomi si possano manifestare in modo chiaro, persino in tutta la loro intensità. In quell'ambito un professionista potrebbe aiutarlo a realizzare quella integrazione di coscienza. Quel professionista dovrebbe essere un esperto delle manifestazioni dell'intero spettro umano della personalità. Ciò che accade invece è che nelle istituzioni in cui i pazienti vengono condotti, ci si ritrova dinanzi gli psichiatri che prescrivono i farmaci, mentre gli psicologi, che al limite avrebbero una preparazione ed un approccio chiaramente più adatto al problema, restano subordinati ai primi, avendo in quest'ambito una mera funzione ancillare.
In buona sostanza, l'estensione del modello biomedico ai problemi mentali è un mostruoso insuccesso, di cui non si vuole prendere atto. Se pure gli sforzi per creare un sistema diagnostico organico dei mali mentali giungesse ad un punto, esso sarebbe ugualmente inutile.
Perché, come detto, il problema mentale va affrontato con modelli psicologici.
La nozione di malattia senza un rapporto con la personalità del paziente, la sua famiglia, la società in cui vive, le sue convinzioni, l'ambiente, ecc è soltanto un mito, afferma il Prof Thomas Szasz, tra i più radicali contestatori del modello biochimico. Ed in questo senso, in quest'ottica, la malattia fisica e mentale sono la stessa cosa.
Solo che la ristretta cornice dell'attuale scienza medica lo trascende, per restare sul conveniente territorio degli alambicchi e delle provette. Territorio in cui l'uomo è giusto un insieme di cellule ed organi da bombardare con la chimica.
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