Ormai probabilmente conoscerete Guido, che con le sue riflessioni, ha dato molti contributi a questo blog.
L’altro giorno, mi ha segnalato uno scritto di Ilan Pappé, in cui il noto israeliano antisionista esprime la propria empatia verso diverse categorie di persone che sono comunque i suoi avversari politici. Al di là dello spunto specifico, mi è sembrato un approccio che mi è congeniale; come lo è il commento che poi ha scritto Guido, e che riporto qui per intero.
Mi piacerebbe che gli eventuali commenti si concentrassero, non sulla questione israelo-palestinese da cui parte il discorso, ma su questo più ampio concetto.
Si tratta dell’empatia, cioé di quella cosa particolare che ci permette di indossare i panni degli altri, di “metterci nelle loro scarpe”. Di quella cosa che ci permette di capire che la “coscienza” di un individuo ha una storia, che è fatta di affetti e di continui slittamenti semantici e comportamentali, di aggiustamenti progressivi con quello che si crede faccia più comodo: alludo a quelle inconfessate piccole vigliaccherie che progressivamente ci portano a rinchiuderci in fantasmatiche identità, costruite pezzo dopo pezzo come una piccola fortezza.
Un modo di sentire completamente diverso da quello dell’uomo monolitico, tutto d’un pezzo, assolutamente certo della sua “presenza” nel mondo, preso da un inconsapevole delirio d’immortalità, che si autopercepisce come un’anima individuale sempre identica a sé stessa, prigioniera in un corpo, ecc. ecc.
E’ questa sensibilità che, se coltivata, mi permette di capire chi è un amico, e chi potrebbe esserlo se solo fosse possibile stabilire un contatto da cuore a cuore.
Fonte:http://kelebeklerblog.com/2013/01/13/empatia/
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