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LUCI E OMBRE - Amsterdam. Nella città del peccato, sembra che non ci sia spazio per tutto ciò che non sia strettamente “corretto”, che non risponda a determinati criteri di rispettabilità, che possa dare al Paese dei Balocchi un’immagine di degrado. Nella città della liberalità e della tolleranza, infatti, si è deciso di far traslocare forzatamente tutte le famiglie e gli individui responsabili di “comportamenti antisociali, non punibili penalmente”, ma dannosi per la comunità. La decisione è stata presa dal sindaco Ebarhard Van der Laan, ma è significativo che a proporla per primo sia stato Geert Wilders, leader della destra populista olandese. Fondamentale sottolineare come, di fatto, il sindaco non abbia specificato cosa intenda per “comportamenti antisociali non punibili penalmente”, lasciando tutto a una liberissima interpretazione. La maggior parte dei giornali nazionali ed esteri si sono limitati a riportare le sue affermazioni. Un fatto, questo, molto rischioso, come ha rimarcato, fra i pochi, il sito di informazione indipendente Truthout (vedi l’articolo).
Il trasferimento forzato delle famiglie, attualmente solo dieci, ha richiesto un investimento di un milione di euro. Questi “disturbatori della quiete pubblica” saranno fatti traslocare in container, locali che di solito ospitano gli studenti universitari, distribuiti per i quartieri industriali delle città. Qualcuno ha già parlato di «villaggio della feccia», e in effetti questo esperimento di isolamento sociale ricorda spaventosamente certi periodi poco felici della nostra storia, in cui la ghettizzazione dei “diversi” era una realtà di molte città. Certo, in questo caso il criterio di esclusione è ben diverso: si tratta di persone colpevoli di molestie e intimidazioni ricorrenti, spesso contro omosessuali (il che è praticamente impensabile in un Paese come l’Olanda). Non esattamente i vicini ideali. Il sindaco si difende dalle critiche parlando di «difesa dei valori liberali» e sottolineando che i container sono solo una soluzione provvisoria, dopodiché le famiglie avranno una nuova abitazione nel giro di massimo sei mesi.
UNDERWORLD - Le persone coinvolte nell’esperimento olandese sarebbero colpevoli, insomma, di una serie di reati minori, che vengono “normalizzati” dalla società in quanto ritenuti non così gravi da meritare una punizione formale, come l’incarcerazione. Si tratta dunque di casi di “deviazione primaria”, di individui responsabili di comportamenti contrari alle norme della società. Niente di nuovo, considerato che non esiste una comunità che non presenti una certa percentuale di devianza sociale.
Solitamente, si tende a reintegrare immediatamente o quasi chiunque infranga una norma, almeno finché il comportamento scorretto viene considerato marginale all’identità dell’individuo. Ovviamente non è facile reintegrare un omofobo o un molestatore in una qualsiasi società, specialmente se questi comportamenti si protraggono nel tempo. Tuttavia, isolare questi “diversi” dal resto della comunità sembra una soluzione, al contrario, troppo semplice. È vero che, come ha promesso il sindaco, sarebbero affiancati da assistenti sociali, ma il processo di rieducazione dei criminali “minori” è ben più complesso e non può avvenire in un contesto di isolamento.
Come si pretende che qualcuno impari a convivere in una società civile se ne viene escluso? Cosa è probabile che accada, come conseguenza più immediata di questo esperimento dighettizzazione, è che gli “emarginati” abbiano la possibilità di avere contatti solo l’uno con l’altro, arrivando a formare una comunità nella comunità, un cosiddetto underworld. Il contesto ideale, com’è prevedibile, per la creazione di organizzazioni criminali; o se non altro, per far sì che questi emarginati finiscano per assumere una vera e propria identità da deviante, che siano insomma identificati come criminali. E che dunque, come in un circolo vizioso, comincino a comportarsi abitualmente come tali.
RIEDUCAZIONE - Quante possibilità ci sono che una persona che vive in un “quartiere-ghetto” come quello che si verrebbe a formare ad Amsterdam venga assunta da qualche parte? Che possa veramente avere una seconda possibilità? Sicuramente meno di quanto sia auspicabile in una condizione di rieducazione più classica. Un trasloco forzato, inoltre, è un avvenimento traumatico che può incentivare l’emarginazione. Il fatto che a essere trasferite siano intere famiglie, elemento che il sindaco ha usato a difesa dell’iniziativa, implica un rischio enorme specialmente per giovani e bambini, che rischiano di rimanere “stigmatizzati” dalle colpe dei propri genitori, venendo riconosciuti come figli di deviati ed essendo costretti a crescere in un contesto di degrado generale.
Il problema di fondo, evidentemente, è che il sindaco di Amsterdam Van der Laan e i suoi non riescono ad accettare che una società non possa essere perfetta, completamente “pulita”, tantomeno “depurata” da tutti gli elementi scomodi come se fossero dei parassiti. Nemmeno la polvere si può semplicemente nascondere sotto il tappeto. Isolare i cosiddetti colpevoli e non prendersene la responsabilità significa semplicemente aggravare la loro condizione e, quindi, la situazione dell’intera comunità. Educarli alla convivenza, al contrario, vuol dire consentire a dei membri della società di dare il loro contributo a protrarne e rinnovarne i valori.
Fonte:http://dailystorm.it/2013/01/08/amsterdam-comportamenti-antisociali-e-ghettizzazione/
http://systemfailureb.altervista.org/comportamenti-antisociali-ghetti-ad-amsterdam/
http://www.informarexresistere.fr/2013/01/12/comportamenti-antisociali-ghetti-ad-amsterdam/#axzz2HkxzeRxr
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