Intervista di Paolo Bartolini a Padre Alberto Maggi
Padre
Maggi*, nei suoi libri e nei suoi discorsi ricorre un’immagine di
Gesù Cristo radicalmente alternativa alle logiche del potere
religioso di ogni epoca. Qual è, invece, la relazione che Gesù
instaura con la dimensione del potere politico e militare?
Invitando
i suoi discepoli a non imitare i modelli di potere esistenti nella
società, Gesù dice loro: “Voi sapete che coloro che sono
ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi
spadroneggiano…”L’opinione di Gesù nei confronti dei
potenti e del potere è negativa. Il potere è un demòne: gli uomini
sono convinti di possederlo mentre in realtà ne sono posseduti. (Mc
10,42).
Può
sorprendere nei vangeli il silenzio di Gesù verso la dominazione
romana: neanche una parola contro gli occupanti. Perché questo
silenzio? Perché ogni uomo desideroso di libertà poteva vedere
l’ingiustizia dell’occupazione, e non c’era bisogno
dell’intervento di Gesù. C’era invece un potere più subdolo, e
per questo più pericoloso, ed è su questo che Gesù concentra la
sua attenzione e i suoi sforzi: il potere religioso. Quando un uomo
esercita il potere, da questi ci si può difendere, fuggire, ma
quando a esercitare il potere è Dio stesso, l’uomo ne esce
sconfitto e non c’è alcun luogo dove possa nascondersi.
Gesù
presenta Dio come amore che si pone al servizio degli uomini, per
questo è incompatibile con ogni forma di potere. Quanti pretendono
rappresentare questo Dio devono servire e non comandare, donare e non
chiedere, proporre e mai obbligare.
Dinnanzi
alle ingiustizie profonde e alle sperequazioni che caratterizzano il
nostro tempo, che sprone può offrirci la fede senza cadere nel
disimpegno e nell’attesa passiva del regno che verrà?
Il
regno di Dio c’è già. Non deve ancora venire, ma solo espandere
il suo raggio di azione. Per regno di Dio s’intende
una società alternativa dove ai tre verbi maledetti dell’avere,
salire, comandare, che suscitano negli uomini la rivalità,
l’odio e l’inimicizia, si sceglie
il condividere, scendere, servire, comportamenti che
favoriscono la vita degli uomini creando rapporti di solidarietà, di
giustizia e di fratellanza. Questo è il regno di Dio che Gesù ha
annunziato, e per il quale si richiede, per accedervi,
la conversione, cioè un diverso modo di pensare e di
agire: anziché vivere per se stessi orientare la propria esistenza
per il bene degli altri. Dal momento che alcuni uomini accolgono
questo invito di Gesù, il regno esiste già, e deve solo allargarsi,
estendersi a ogni uomo.
È
un regno che non è condizionato da confini religiosi, razziali,
sessuali, ma una dimensione di amore nella quale ogni uomo può
sentirsi accolto, amato e rispettato. E Dio, quale re, non governa i
suoi emanando leggi che devono essere rispettate, ma infondendo negli
uomini il suo stesso Spirito, la forza divina che li rende capaci di
amare gratuitamente e incondizionatamente così come si sentono
amati. Un regno che anche al momento del suo massimo sviluppo non
attira l’attenzione per il suo splendore: Gesù infatti lo paragona
al modesto arbusto della senape, che cresce nell’orto di casa. La
senape è una pianta insignificante come apparenza, ma imbattibile
nella propagazione dei suoi minuscoli semi, che, trasportati dal
vento, giungono ovunque attecchendo e germogliando (Mc 4,30-32).
Oggi
sta prendendo campo – e penso qui ai contributi straordinari di
personalità quali Raimon Panikkar, Bernard Besret, Ernesto Balducci,
Vito Mancuso, Romano Màdera e molti altri – una spiritualità
nuova e a-dogmatica, capace di condurre credenti, atei e agnostici
verso un’evoluzione dello spirito che sia all’altezza dei
processi di globalizzazione in atto e dell’emergenza planetaria a
cui ci espone la follia del sistema economico capitalistico. Lei
pensa che il risveglio delle coscienze attraverso un nuovo modo di
vivere lo Spirito, potrà contribuire a frenare le forze distruttive
scatenate dal dio denaro e dai suoi sacerdoti?
Come
il potere, il denaro è un demòne che distrugge quanti lo adorano.
La denuncia degli evangelisti è chiara e netta: per i ricchi non c’è
posto nel regno di Dio. Il regno è composto di signori, ma non da
ricchi. Il signore è colui che dona quel che ha, il ricco è colui
che trattiene per sé quel che ha. Crede di possedere i propri beni,
ma in realtà ne è posseduto. Dall’insegnamento di Gesù si
apprende infatti che si possiede solo quel che si dona. Quel che si
trattiene per sé non si possiede, ma possiede l’uomo. Nel Nuovo
Testamento, fede ed economia vanno di pari passo. La primitiva
comunità cristiana non rendeva testimonianza della risurrezione del
Signore Gesù attraverso la dottrina o il culto, ma con la pratica
della condivisione dei beni: “Nessuno infatti tra loro era
bisognoso”(At 4,34). Laddove nessuno è bisognoso lì c’è la
presenza del Signore.
La
cupidigia, la brama di possedere, è collocata da Gesù tra gli
atteggiamenti che rendono l’uomo impuro, cioè lo chiudono
all’azione divina e alla comunione con il Signore. Per San Paolo la
cupidigia è una forma di idolatria che attira la disapprovazione
divina (Col 3,5-6). Gesù non è certo contrario al benessere, ma
questo non può essere un privilegio di pochi a scapito del malessere
di molti.
Il
suo attento lavoro di esegesi biblica, ed in particolare lo studio
originale del Nuovo Testamento, ha suscitato spesso nei suoi
confronti reazioni scomposte e virulente. Come se lo spiega?
Il
compito dello studioso non è quello di ripetere gli elementi della
dottrina, ma di formulare il suo contenuto in forme sempre nuove e
più comprensibili, come insegna il Concilio Vaticano II, “perché
la verità rivelata sia capita sempre più a fondo, sia meglio
compresa e possa venire presentata in forma più adatta” (GS
44). Per questo lo studioso è sempre l’uomo del nuovo, e la sua
attività si scontra a volte con una struttura ecclesiastica che
tende a essere rigida e immobile, sempre sospettosa di qualunque
novità possa incrinare il deposito dottrinale del quale è la
zelante custode. Ma custodire la fede non significa mummificarla,
bensì mantenerla sempre viva e vivificante. Da qui nasce spesso il
conflitto tra lo studioso e la gerarchia, ma c’è solo da avere
pazienza e quel che oggi viene rifiutato e condannato, poi, col
tempo, è compreso e accettato.
Quando
circa quarant’anni fa affermavo che per le azioni compiute da Gesù,
gli evangelisti evitavano la parola miracolo ma
adoperavano segno, o che Gesù non parla mai
di inferno ma di regno dei morti (il
greco Ade)… apriti cielo…! Poi nell’ultima edizione del Nuovo
Testamento della CEI non si trova miracolo ma segno, non inferno ma
regno dei morti…
Il
criterio che deve guidare lo studioso della Scrittura è il frutto
che il suo lavoro può produrre. La verità di una dottrina non
dipende dall’autorità che la emana, ma dai frutti che produce: se
questi comunicano vita, arricchiscono la vita, provengono senz’altro
da Dio, il creatore della vita.
Infine:
quale messaggio può portare la figura di Cristo a una società che –
a mio avviso giustamente – non vuole rinunciare alle conquiste
della ragione moderna, ma sente il bisogno di aprirsi alla
trascendenza per non soffocare nelle spire del materialismo e del
consumismo?
Non
c’è nulla nel messaggio di Gesù che possa essere visto in
contrapposizione alla ragione umana. Infatti il Signore non violenta
l’intelligenza degli uomini, ma la dilata, il suo messaggio non
reprime, ma libera. È un fatto che i progressi della società e
della scienza, anziché contraddire il messaggio di Gesù, ne hanno
visto la realizzazione: più la società diventa umana, più i
diritti degli uomini vengono riconosciuti, e più si realizza quel
che Gesù aveva detto e fatto duemila anni orsono.
La
massima aspirazione degli uomini coincide con la volontà di Dio: che
l’uomo sia pienamente felice. Una felicità che non è un premio
promesso in una vita futura, ma una possibilità in questa esistenza.
La felicità, infatti, può essere immediata e piena, perché come ha
insegnato Gesù, questa non consiste in quel che si ha, ma in quel
che si dona (At 20,35), e questo rientra nelle capacità di ogni
persona.
*
Frate dell’Ordine dei Servi di Maria Alberto
Maggi è
direttore del Centro Studi Biblici “G. Vannucci” di Montefano
(MC). I suoi incontri di lettura e commento del Vangelo coinvolgono
persone provenienti da tutta Italia. Molti materiali scritti e video
di Padre Maggi sono consultabili sul sito www.studibiblici.it.
Tra i suoi libri più noti e apprezzati ricordiamo “Versetti
Pericolosi” (Campo dei Fiori, 2011), “La follia di Dio”
(Cittadella, 2010), “Parabole come pietre” (Cittadella, 2007),
“Nostra signora degli eretici” (Cittadella, 2004), “Come
leggere il Vangelo e non perdere la fede” (Cittadella, 2004).
Non mi è mai piaciuto il fatto di dover portare un certo credo o orientamento agli altri. Concordo se una persona crede e lo lascia per se stesso, cercando la propria via, ma non capisco quando si cerca di imporlo agli altri.
RispondiEliminaIl discorso della religione mi ha sempre affascinato a dire il vero... soprattutto mi è sempre piaciuto leggere libri in momenti di crisi e trovavo molte cose interessanti, consolazione, miglioramenti, ecc...
Padre Maggi afferma: "Il regno di Dio c'è gia......
RispondiElimina....Dal momento che alcuni uomini accolgono questo invito di Gesù, il regno esiste già,....".
Sarebbe interessante conoscere da padre Maggi chi sono questi uomini (o comunità) che attualmente stanno accogliendo questo invito...