Di Michael Pontrelli
Il disegno di legge di stabilità varato dal governo ha introdotto anche in Italia la Tobin tax ovvero la tassa sulle transazioni finanziarie. L’aliquota unica dell’imposta sarà pari allo 0,05 per mille e si applicherà ai titoli azionari e ai derivati. Esclusi invece i titoli di Stato italiani ed europei. La decisione dell’esecutivo è stata presa sulla scia di quanto stabilito a livello europeo da 11 paesi che hanno firmato un accordo per procedere congiuntamente all’introduzione del balzello. Tra gli 11 Stati sottoscrittori figurano anche la Francia e la Germania ma non il Regno Unito. Questo aspetto non è di secondaria importanza dato che attualmente oltre il 70% di tutte le transazioni finanziarie europee transita proprio nella borsa di Londra. Le domande che in molti in queste ore si stanno ponendo sono sostanzialmente due: ha senso varare la Tobin tax senza Londra? Non c’è il rischio che gli operatori professionali migrino le proprie attività sulla piazza britannica lasciando che a pagare l’imposta siano alla fine solamente i piccoli risparmiatori? Abbiamo rivolto queste domande a tre esperti del settore finanziario: Paolo Barrai, autore di Mercato Libero, uno dei più noti blog finanziari italiani, Angelo Baglioni, economista dell’università Cattolica esperto in mercati internazionali e Gianluca Verzelli, responsabile della comunicazione di Banca Akros, uno dei più importanti operatori italiani di Piazza Affari.
Barrai: “Aspetti tecnici ancora da chiarire ma è già chiaro che colpirà i piccoli risparmiatori” - Per Paolo Barrai “è ancora presto per capire quali effetti l’imposta produrrà sul settore finanziario italiano perché ancora non è stato deciso come l’imposta tecnicamente sarà applicata”. Il nodo più importante da sciogliere riguarda “l’oggetto di applicazione del balzello” che potrà essere “la localizzazione dell’investitore oppure le transazioni che hanno ad oggetto titoli italiani” indipendentemente da chi sia l’investitore. Su questo punto un monito al governo è stato lanciato anche da Giuseppe Vegas, presidente della Consob. Se la Tobin tax colpisse i soli operatori localizzati in Italia sarebbe inevitabile una fuga da Piazza Affati, se invece dovesse colpire i titoli italiani allora l’elusione fiscale sarebbe più difficile ma si creerebbero effetti negativi sulla liquidità dei titoli italiani. In entrambi i casi ci sarebbero quindi degli effetti negativi sull’efficienza del mercato. Barrai sottolinea poi che “qualunque sia la forma scelta per la Tobin tax il prezzo maggiore sarà pagato dai piccoli risparmiatori” perché “i grandi investitori professionali avendo la capacità di muoversi sui mercati internazionali e su quelli non regolamentati” in un modo o nell’altro riusciranno ad eludere il balzello.
Baglioni: “Riduzione delle transazioni creerà un problema di volatilità delle quotazioni” - Le affermazioni di Barrai sono sostanzialmente condivise anche dall’economista Angelo Baglioni. Per Baglioni “nel provvedimento c’è un filo di demagogia” perché gli effetti positivi potrebbero essere inferiori a quelli negativi. L’economista sottolinea in particolare le conseguenze “sull’efficienza del mercato”. La Tobin tax inevitabilmente “ridurrà il volume delle transazioni che a sua volta determinerà un aumento della volatilità dei prezzi”. Un fenomeno “analogo a quello che si osserva ad agosto”. Lo studioso dell’università Cattolica conferma anche i rischi esistenti per il settore finanziario italiano amplificati dal fatto che “Piazza Affari si è fusa con Londra e quindi tecnicamente è molto facile per gli operatori italiani trasferire le proprie transazioni nel Regno Unito e per le aziende italiane decidere di quotarsi direttamente nella City londinese”. Anche per Baglioni quindi è molto probabile che ancora una volta gli unici a non avere scampo “saranno i piccoli risparmiatori che non hanno la possibilità di eludere il balzello”. L’economista giustificherebbe la Tobin tax solamente se “i suoi proventi fossero destinati a finanziarie il salvataggio del sistema bancario, per costringere quindi anche le banche a sostenere parte dei costi”.
Verzelli: “Rischio per l’occupazione nel settore finanziario italiano” - Gianluca Verzelli, di Banca Akros, parte direttamente interessata all’imposta sulle transazioni finanziarie, conferma i timori sollevati da Barrai e Baglioni sulle conseguenze negative per il settore finanziario italiano. “Il rischio di un forte impatto economico per l’intero settore è reale. Le stime indicano una possibile contrazione degli scambi azionari del 30% e questo potrebbe avere serie conseguenze sui margini e sui livelli occupazionali”. Verzelli auspica “un ripensamento” anche perché “se davvero si vuole colpire la speculazione finanziaria le strade da percorrere sono altre”. Il responsabile della comunicazione di Banca Akros arriva alle stesse conclusioni degli altri esperti intervistati: “Alla fine i più colpiti saranno i piccoli risparmiatori che, a differenza dei grandi investitori internazionali, non hanno la possibilità di muoversi tra i vari mercati internazionali e di accedere alle piattaforme di trading non regolamentate e poco trasparenti dove davvero si annida la speculazione finanziaria”.
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