Così passa la gloria in Rete
Steve Jobs, un mito rapidamente “resettato” nella memoria collettiva
Di Gianluca Nicoletti
http://www.lastampa.it
Quanti si ricordano di Steve Jobs a un anno dalla morte? Eppure sembra davvero accaduto ieri quell’esplodere all’unisono su tutti gli status di Facebook della frase: «Siate affamati, siate folli», oggi inascoltabile per l’abuso che se ne fece in quei primi giorni di lutto.
Chi si chieda oggi di Jobs avrà la risposta: «Ah sì, era un imprenditore di successo». Questo resta della sua ieratica figura, quella che i media avevano costruito sull’epopea da hippie miliardario. L’unica nuvola su cui siede Steve, il mancato santo, è quella dell’iCloud, dove volano di continuo i nostri dati, le nostre foto, la nostra musica.
Il suo testamento spirituale è già bello che dimenticato, resta la forza del simbolo attaccato a tutti i prodotti fatti in suo nome. Venerdì passato, in classe, molti erano gli studenti che mancavano all’appello. Tutti andati a fare la fila per accaparrarsi il nuovo iPhone 5, esattamente come la generazione dei loro padri, più o meno in questa stagione, disertava in blocco una mattinata destinata a Plutarco perché in città era arrivato il luna park.
Steve Jobs avrebbe avuto tutte le virtù eroiche per diventare il primo santo del nuovo mondo digitale, ma la sua memoria si è liquefatta per il principio ferreo che regola quell’universo e per cui ogni memoria è sovrascrivibile. La fama di Steve Jobs non sarebbe mai potuta restare intatta nell’agiografia dei primi giorni dopo la morte. La Rete, cui lui stesso ha contribuito a dare esistenza, non tollera valori assoluti. La Rete rimastica, condivide e diluisce ogni aspirazione all’eternità.
Nulla avrebbe impedito a Steve Jobs di restare impresso ancora nella memoria di generazioni, con il volto emaciato, scavato dalla malattia e dalla pervicacia a lasciare traccia di sé. Fin da quel discorso di auguri ai laureandi di Stanford, quando ci suggerì appunto quello che sarebbe potuto essere il suo mantra, la formula da ripetere ogni volta che il nostro indice, assieme al pollice, avrebbero compiuto il gesto rituale di allargare l’immagine sul touch screen.
Eppure così non è stato. Nel suo processo di beatificazione pare aver prevalso l’avvocato del diavolo. Oggi Jobs è tornato a essere una persona da guardare con sospetto. Con la medesima approssimazione di ogni certezza di quando lo si voleva santo subito, serpeggia in Rete la parabola delle sue spregiudicatezze verso i lavoratori, gli gnomi alla catena di produzione delle sue macchine così belle e desiderabili. Così la grande corsa per l’ultimo nato degli smartphone Apple, soprattutto per chi vive il tempo della crisi, è stata vista come uno schiaffo alla miseria. Era facile veder girare su Twitter la frase: «Se sei andato a comperare l’iPhone 5? Cancellati dai miei amici».
A peggiorare la sconsacrazione è infine riapparsa, proprio prima dell’anniversario, la dicitura crudele di «Fabbrica dei suicidi». Assieme all’annuncio del nuovo prodigio, è andata in scena la rivolta degli operai cinesi della fabbrica della Foxconn, dove nascono i componenti per il nuovo iPhone 5. Ancora una volta l’aureola del co-fondatore subisce un reset per le pessime condizioni di lavoro nelle fabbriche dei suo fantastici giocattoli.
Per Jobs sarà difficile restare sugli altari, quando le agiografie sono sovrascritte dalle liste dei suoi dipendenti che si sono buttati dalla finestra.
Fonte:http://www.lastampa.it/2012/10/03/tecnologia/cosi-passa-la-gloria-in-rete-lFjEkp212ijwebnkuGwtlJ/index.html
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