Una gabbia d’acciaio invisibile
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Weber parlando della società contemporanea introduce la metafora della “gabbia d’acciaio”. Egli intende esprimere con questa immagine il concetto che l’uomo contemporaneo è soggetto ad una serie di costrizioni tipiche del nostro tempo a cui non può sottrarsi, costrizioni che provengono dall’economia capitalistica e dalla burocrazia, due invenzioni della società moderna.
La sfera economica e quella amministrativa, insieme alla sfera pubblica, ci obbligano ad osservare una serie di regole, norme e convenzioni che rendono la nostra vita “ostaggio” di una prigione mentale.
Inoltre la nostra società è molto più “repressiva” delle società premoderne perchè vi è più alienazione derivata dal lavoro e malattie psicologiche derivate dal fatto che la nostra società reprime le pulsioni e gli istinti.
Un altissimo livello di strutturazione sociale oltremodo complesso ci lega tutti in modo indissolubile: ognuno ottiene il suo preciso “posto” nella società assegnatogli da questa ultima.
Il nostro posto nella società è un qualcosa che non esiste in modo concreto ma è una posizione “volatile”, un posto “mentale” che assume anche i connotati fisici in relazione al mondo del lavoro, della famiglia, delle relazioni sociali etc.
Viviamo tutti in una gabbia d’acciaio che non vediamo, volatile, senza consistenza: è come se avessimo delle coordinate precise nello spazio “fluttuante” in cui viviamo.
La razionalizzazione sociale, economica e politica alla base della nostra società super-evoluta non permette nessuna smagliatura, tutto deve essere perfetto ed efficiente come anche il “margine d’errore”, il quale rientra nella complessa razionalizzazione suddetta.
Tutto diviene razionalizzabile nella nostra società: i movimenti politici rivoluzionari, le novità culturali, le “spinte centrifughe” presenti in tanti ambiti e tanto altro ancora.
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