Noam Chomsky : "L'austerità nega il futuro ai giovani"

set 20, 2012 0 comments

Intervista di Simona Regina a Noam Chomsky

Che ruolo hanno i social network per garantire la democrazia? E il movimento Occupy Wall Street ha davvero fallito? Di politica e tecnologia abbiamo chiacchierato con  Noam Chomsky, linguista, filosofo, teorico della comunicazione e politologo americano a Trieste per ricevere il PhD honoris causa in neuroscienze della Scuola internazionale superiore di studi avanzati (Sissa). Il suo merito? Aver contribuito allo sviluppo della linguistica moderna e aver influenzato le scienze cognitive e più in generale il pensiero occidentale, dalla filosofia alla politica.

Durante la lectio magistralis, dal titolo The minimalist program and language acquisition, Chomsky ha riassunto la sua teoria della grammatica generativa e ha ricordato come la ricorsività della struttura del linguaggio sia il tratto caratteristico, innato ed esclusivo, dell’essere umano, presente già nei neonati fin dai primissimi giorni di vita. “ Questa e altre strutture innate sono i mattoni  che fungono da base per l’apprendimento della lingua”, conclude.

Ma Chomsky non parla solo di linguistica. Al Teatro Rossetti di Trieste, infatti, espone anche il suo pensiero critico sul nuovo ordine mondiale - alle 1.500 persone che sono riuscite a conquistare un posto. Nel frattempo, in un incontro riservato alla stampa, Chomsky, 83 anni, considerato uno dei maggiori intellettuali viventi, ci ha parlato delle elezioni americane e della crisi, di Occupy Wall Street e dei social network.

A proposito di democrazia e social media: i cittadini oggi possono essere più consapevoli e partecipi? Insomma, la comunicazione nell’era di Internet sta cambiamento il modo di vivere le relazioni sociali e pubbliche?

"Non sono i social media a fare le rivoluzioni. Perché la tecnologia è neutra, dipende da come la si usa. In fondo è come un martello, te ne puoi servire per costruire qualcosa o per uccidere qualcuno. Non c’è dubbio che i social media stiano avendo un grosso impatto sulla cultura, sulla società, sul modo in cui comunichiamo. Ma altrettanto forte è stato l’impatto del telegrafo, che per primo ha permesso alle persone di comunicare a distanza risparmiando molto tempo. E poi c’è stato il telefono e poi la corrispondenza via email. In ogni caso non è la quantità enorme di informazioni che circolano in Rete a fare la differenza: Internet è uno strumento molto valido se sappiamo usarlo e sappiamo cosa cercare".

Un anno fa migliaia di persone hanno marciato verso Zuccotti Park, che per mesi è stato il quartier generale di Occupy Wall Street. Cosa resta oggi del movimento, contagioso, che dagli Stati Uniti è approdato poi in diverse piazze del mondo?

"Occupy Wall Street non ha fallito. Rappresenta la prima grande reazione pubblica a trent’anni di guerra di classe. Innanzitutto ha attirato enormemente l’attenzione della stampa sulle disuguaglianze sociali ed economiche della nostra società. Oggi la nostra società è composta dai super ricchi che rappresentano l’1 per cento della popolazione e il restante 99 che vive nel precariato. Inoltre, gli va riconosciuto il merito di aver creato spontaneamente spazi di discussione, di confronto e aver costruito un senso nuovo di comunità e partecipazione. Certo le strutture di potere non sono cambiate, ma i cambiamenti si registreranno nel lungo periodo, potremo vederli in futuro. Le vittorie, del resto, non arrivano mai in tempi brevi. Si pensi alla lunga strada che ha dovuto fare la battaglia per l’affermazione dei diritti e della dignità dei neri, dopo il famoso discorso di Martin Luther King, nel 1963: I have a dream".

E intanto il mondo è alle prese con una grossa crisi economica.

"Quella economica non è l’unica crisi che dobbiamo fronteggiare oggi. In ogni caso non è pensabile affrontarla con l’austerità. Così si nega il futuro ai giovani. Non sono d’accordo, dunque, con le misure prese dai governi europei. L’Europa rischia, così, di smantellare lo stato sociale che ha conquistato, con grande successo, dopo la Seconda Guerra Mondiale".

E spostiamoci negli Stati Uniti: si respira ormai l’aria delle prossime elezioni presidenziali. Obama o Romney?

"Tappandomi il naso, Obama. Non ci sono del resto molte alternative. In America, in ogni caso, le elezioni sono delle audizioni pubbliche, vince chi riesce a conquistare i maggiori finanziamenti e a fare meglio propaganda. È un sistema un po’ malato. Nell’ultima corsa alla Casa Bianca, Obama ha saputo sfruttare al meglio questo sistema, ha conquistato l’appoggio della stampa economica e, tra l’altro, si è aggiudicato anche il premio per la miglior campagna di marketing dell’anno".

Fonte:http://daily.wired.it/news/scienza/2012/09/17/intervista-noam-chomsky-trieste-93521.html

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