Boschi italiani: che la nuova legge sia una sentenza di morte?
Di Gabriele Salari
Oltre
che dagli incendi che stanno distruggendo il nostro patrimonio
forestale, gli alberi del nostro Paese devono difendersi anche dal
legislatore, cioè dai nostri parlamentari. Accade, per esempio,
che una nuova definizione di bosco compaia nella conversione in legge
(4 aprile 2012 n. 35) di un recente decreto-legge sulla semplificazione.
In sostanza vengono escluse dalla definizione di bosco le radure all’interno dei boschi,
che erano invece considerate dalla legge ancora terreno boscato, nel
senso che non interrompono la continuità dell'ambiente naturale.
Le radure sono fondamentali per la vita dell'ecosistema bosco, sono anzi i punti dove si concentra maggiormente la vita degli animali, dai cervi maschi che le usano in settembre nei loro combattimenti per aggiudicarsi la femmina agli uccelli di alta montagna come il gallo forcello e il fagiano di monte che ne fanno arene per le loro parate amorose.
Di
maggiore gravità, secondo il professor Alberto Abrami dell'Accademia
Italiana di Scienze Forestali, è l'inciso della legge che consente
l’espianto dei boschi creati su terreni agricoli esodati in attuazione
delle direttive dell’Unione Europea, una volta scaduti i vincoli
previsti dalla disciplina normativa. E soprattutto appare di una
incontrollata pericolositàl a possibilità di dissodare i boschi sorti
naturalmente o artificialmente in paesaggi agrari e pastorali aventi un
quanto mai generico “interesse storico”.
foto Thinkstock
Mentre l'Unione Europea ci chiede di aumentare la superficie boschiva per assorbire le emissioni di gas serra - e il dissesto idrogeologico mette in ginocchio il nostro Paese con frane e alluvioni, contro le quali i boschi rappresentano la prima difesa - il legislatore italiano interviene con un decreto per consentire il dissodamento del territorio forestale esistente per generiche finalità di produzione agraria.
La nuova definizione di bosco evidenziata dalla legge n. 35 del 2012 si presta a varie censure di incostituzionalità.
In primo luogo non era lecito inserire le disposizioni di merito sopra
richiamate, in una legge dai contenuti procedurali, che inoltre si
manifesta inizialmente con la forma del decreto legge e quindi con i
caratteri della straordinarietà, necessità e urgenza. In secondo luogo la materia foreste appartiene alla competenza residuale delle Regioni,
ovvero competenza esclusiva, attenuata solo in relazione alla
competenza statale in materia di ambiente che peraltro non rileva nella
fattispecie in esame trattandosi di disposizioni – quelle contestate – «che
mirano a far sì che terreni con destinazione ambientalista siano
convertiti, mediante il dissodamento del terreno boscato, in
destinazione agricola per l’esercizio di funzioni produttive», spiega il professor Alberto Abrami.
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