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Con l’emerita menzogna del rischio emulazione, è calato il silenzio sui suicidi di Stato. Cioè su quelle persone che si tolgono la vita a causa della crisi. A un certo punto era diventata una moda parlarne, poi il silenzio. Un silenzio insopportabile.
Anche
perché di crisi si continua a morire. Solo nel mese di luglio altri tre
casi. Il 14 si è suicidato Checco Fontanella, imprenditore del
padovano, aveva 37 anni. Il 20 luglio si è tolto la vita un commerciante
di 54 anni, viveva a Catona di Reggio Calabria, si è sparato alla testa
con un fucile. Il 25 ha compiuto il gesto disperato un altro
commerciante di Tavullia, provincia di Bologna, aveva 38 anni. Dal 2008 a
oggi si contano 3200 suicidi per lo stesso motivo.
“Come
si vede – denuncia Simona Pedrazzini che ha creato la pagina e il gruppo
facebook Piccoli imprenditori e suicidi di Stato – la crisi colpisce
tutta l’Italia. I nomi non sempre si conoscono anche perché non sempre
le famiglie ne vogliono parlare perché il suicidio è considerato ancora
un problema”. Simona, e con lei tante altre coraggiose, invece hanno
deciso di parlarne e di fare una battaglia. Sono donne come Giorgia
Frasacco, il padre Mario, si è suicidato ai primi di Aprile, la sua
azienda era in crisi, i lavoratori in cassa integrazione: “Mio padre
amava la vita”. Stessa cosa che ti dice Tiziana Marrone. Il marito si è
dato fuoco a Bologna, davanti all’agenzia delle entrate, a fine marzo.
“Mio marito non era depresso, era disperato, che è cosa ben diversa.Un
gran lavoratore, una persona onesta che a un certo punto non sapeva più
come andare avanti”.
Oggi queste donne rischiano di essere
più sole di qualche tempo fa. Proprio a causa di questo silenzio. Come
mai? Non si tratta però di un caso. E’ una scelta. Si vuole tacere.
Hanno detto per non creare emulazione. Ma la gente non si suicida per
imitazione, si suidica per disperazione, perché non sa come andare
avanti. A volte, si suidica per vergogna, perché pensa che il fallimento
della propria attività sia colpa sua.
C’è una volontà
precisa di tacere per non far sapere agli italiani che, oltre i proclami
di Monti, non c’è niente. La crisi continua perché si continua a non
fare niente di concreto per nessuno, e neanche per le piccole e medie
aziende. Ogni giorno ne chiudono cento e a settembre il dato sarà ancora
più devastante.
Ma vi ricodate che cosa ha detto Monti
davanti al dramma ti tanti uomini che si sono tolti la vita? Li ha fatti
diventare un numero, una statistica e ha detto che comunque i suidici
in Italia sono meno della Grecia. Un po’ di polverone, poi nulla. Solo i
bollettini di regime che parlano di una uscita dal tunnel.
Oscar
Giannino che su Radio24 dava spazio al racconto di questo problema ha
dovuto chiudere la rubrica “Disperati mai” per le “pressioni ricevute”
(parole sue). I giornali mainstream hanno fatto la stessa cosa. L’ordine
è stato eseguito. Ma la crisi, spread o non spread, avanza. E non si
tratta di percentuali, di numeri, di statistiche, ma di vite umane che
meriterrebbero più attenzione. “Non parlarne – sottolinea Simona
Pedrazzini – è come ucciderli due volte”. Come darle torto?
Fonte: Fondo magazine
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